Questa quinta giornata dello Speaker’s Corner è dedicata a un contributo di Silvia Frassineti sulla versione per lo schermo forse meno nota di Pride and Prejudice.
Sei romanzi non sono abbastanza.
Lamento ricorrente per ogni Janeite che si rispetti. Ecco allora fioriture di libri, eventi e adattamenti per ogni espressione artistica conosciuta all’uomo e qualcuna in più per la donna. È però sullo schermo, grande e piccolo, che si scatenano le passioni austeniane, e le brave Janeites vanno a caccia di adattamenti come segugi pazienti.
In questa ricerca ho trovato una vecchia serie di Pride and Prejudice, firmata BBC e andata in onda solo in inglese nel 1980. Confesso che Orgoglio e pregiudizio è stato il primo romanzo di Jane Austen che ho letto e il mio preferito; forse il solo adattamento che ho ammirato è stato quello di Andrew Davis BBC 1995. La sceneggiatura di Fay Weldon nella versione del 1980 è notevole, come scrittrice ha dimostrato il suo amore per il linguaggio e ha inserito quanto più possibile della prosa di Jane Austen nella serie.
Ogni minuto una lettrice di Jane Austen può sorridere riconoscendo un’espressione speciale e godere così del piacere dell’iniziata ai misteri di un culto, non più segreto.
Peccato che nello zelo di non tralasciare nulla, le battute si susseguano talmente rapide da lasciare lo spettatore stordito, non più in grado di gustarle.
L’intento didattico è chiarissimo, non si prende nessuna libertà rimanendo aderente al testo, anche se alcune remore legate al momento in cui è stato prodotto inibiscono alquanto l’accuratezza storica.
I costumi, specialmente femminili, sono molto curati nei modelli, pieni di pizzi e di ruches, come dovevano essere allora, ma le stoffe sono visibilmente sintetiche e contraffatte.
Per mostrare la formalità di certi rapporti sociali, senza riprodurre i veri gesti, senza un inchino ed un riverenza che l’abitudine avrebbe reso naturale, è stato giocoforza irrigidire i gesti, o meglio la loro mancanza.
L’ambientazione, data da interni chiaramente ricostruiti in studio, è una scelta comune negli anni 1980, senza rischi, ma che presenta anche un altro vantaggio, quello di suggerire molto bene l’idea del controllo sociale, che invece Jane Austen non aveva bisogno di sottolineare, scrivendo per i contemporanei che erano perfettamente consapevoli. Il problema per questo tipo di ambientazione risiede nella difficoltà di mostrare la differenza, molto netta, fra i diversi luoghi del romanzo. La ricchezza di Netherfield deve spiccare rispetto all’ambiente di Longbourn, dove vive la famiglia Bennet, così come l’eleganza di Pemberley deve incantare dopo l’opulenza di Rosings.
Jane Austen disponeva solo della penna per tratteggiare i suoi personaggi, ma in mano sua uno strumento apparentemente così semplice come la parola copre ogni sfumatura con perfetta scioltezza. Priscilla Morgan interpreta Mrs Bennet in un modo delicato che toglie il ridicolo più pungente dal personaggio, lasciando trasparire la legittima preoccupazione di una madre con cinque figlie e l’eredità vincolata. Per contro Mr Bennet, interpretato da Moray Watson, risulta anche fisicamente troppo forte, per rendere la fondamentale pigrizia e noncuranza del suo personaggio, al punto da conferirgli un aspetto arrogante. Il difetto peggiore, che sono certa avrebbe fatto alzare un sopracciglio persino a Jane Austen, è che non è divertente.
Le ragazze Bennet sono tutte ben scelte; persino Mary, forse la più incolore del romanzo, è resa da Tessa Peak Jones in modo più vivo del solito, con la sua aria di modestia e supponenza. Jane Bennet, Sabina Franklyn, ha uno sguardo vivace ed un sorriso aperto, che rende sospetta la convinzione di Mr Darcy che il suo cuore non sia stato toccato dalle attenzioni di Mr Bingley. Elizabeth Gravie, graziosa senza essere una bellezza, è calata naturalmente nella parte di Lizzy Bennet: solo una maggiore vivacità nei movimenti la renderebbe perfetta. L’amicizia fra Lizzy e Charlotte, Irene Richard, è resa con dialoghi, sguardi e il linguaggio del corpo che danno la sensazione di una intesa naturale e di un’abitudine a stare insieme in confidenza – altrettanto si può dire della sorellanza con Jane Bennet.
I personaggi femminili sono resi tutti con tratto sicuro e sono interpretati con un il giusto tono. La vera nota dolente sono i personaggi maschili. Se il pomposo servilismo di Mr Collins risulta più pesante che divertente, la dabbenaggine di Bingley e la vanità senza fascino di Wickham sono talmente marcate da risultare penose.
Last and least: Mr Darcy. Forse per via di un paragone ingiusto con Colin Firth, e ancor più perché si tratta di un personaggio così complesso e misterioso, David Rintoul non rende la profondità nel contesto così ristretto di questa serie, ma quello che più gli rimprovero è la mancanza di vita nello sguardo e di qualsivoglia sorriso che sono invece i segnali che Jane Austen attribuisce a Darcy anche perché sia credibile il cambiamento finale. Cambiamento che non si vede. Sapendo che era stato molto apprezzato ai tempi mi ero sinceramente aspettata di più, anche il portamento di Mr Darcy, che nel romanzo è descritto come nobile ed elegante (addirittura il suo modo di danzare è perfetto anche se raro), non si vede in questa serie: i gesti sono rigidi e innaturali e nella scena del ballo a Netherfield l’inquadratura ravvicinata sembra fatta apposta per mascherare una certa goffaggine.
Il peggio è che nemmeno nei momenti culminanti lascia apparire una sorta di emozione sul suo viso, rendendo ridicolo il pensiero di Elizabeth, che usa le parole di Jane Austen per ricordare il calore del suo sguardo al momento della disastrosa prima proposta.
Simpaticissima la scelta, nella sigla iniziale, di usare un nastro di vignette a disegni colorati che anticipano gli eventi della puntata, dando il piacere di riconoscere episodi e personaggi a coloro che sono familiari con la storia e di incuriosire che vi si avvicini per la prima volta. Come ci ha insegnato la professoressa Meneghello durante la rassegna di Jane Austen in Cineteca, è sempre molto importante osservare i titoli di testa di un film perché danno già l’idea del taglio che avrà il prodotto finale; queste vignette rappresentano benissimo l’intento didascalico della serie.
Pride and Prejudice BBC 1980 è uno studio interessante per chi già conosce Jane Austen e può osservarne i dettagli, legati ad un modo specifico di portare la letteratura in televisione.
La Jane Austen Society of Italy (JASIT) è un’Associazione Culturale Italiana, attiva su tutto il territorio nazionale; in quanto società letteraria, promuove in Italia la conoscenza e lo studio di Jane Austen, la sua vita, la sua opera e tutto ciò che è legato ad essa, attraverso qualunque attività utile a realizzare tale scopo, nel nome dell’arricchimento culturale personale e condiviso.
4 commenti
Di questa versione ho molto amato la figura di Elizabeth, a mio parere la più centrata e fedele al ritratto che ne fece Jane Austen, di tutte le trasposizioni che ho potuto vedere. Concordo in toto su quanto scritto del protagonista maschile; troppo statico e poco espressivo, preferisco di gran lunga l’interpretazione BBC 1995 di Colin Firth (e no, checchè se ne possa pensare, non per la scena del lago..) ma per la ricerca di controllo delle emozioni sia nel volto che nel corpo. Perfettamente centrato il punto focale della fedeltà al testo pur essendo giustamente sottolineato il susseguirsi troppo incalzante delle battute, che ne fanno perdere il valore. Complimenti Silvia!
non conoscevo questa versione! la tua analisi, oltre ad incuriosirmi, mi ha praticamente fatto capire che non ho perso granché. Molto brava anche a mettere a frutto le competenze acquisite dal ciclo in cineteca della scorsa stagione. Complimenti Silvia!
ricordo la visione di questo adattamento come faticosa e poco emozionante. Certo dopo questa recensione che mette in luce punti di forza e di debolezza della versione, sarebbe da riguardare certamente!
grazie comunque per averla riportata alla luce!