L’abbazia di Northanger

Sezione dedicata alle Edizioni Italiane di L’abbazia di Northanger (Northanger Abbey – 1818), ordinate per anno di pubblicazione, complete di relativa scheda e di due esempi della traduzione, così da permettere un raffronto col testo originale che trovate di seguito.
Pagina in costante aggiornamento.


Northanger Abbey - Persuasion - 1818

Northanger Abbey: and Persuasion
By the Author of “Pride and Prejudice,”
“Mansfield Park,” &c.
With a Biohraphical Notice of the Author
In Four Volumes
(Northanger Abbey, I-II – Persuasion, I-II)
London, John Murray, 1818
(20 dicembre 1817)

Incipit
No one who had ever seen Catherine Morland in her infancy would have supposed her born to be an heroine. Her situation in life, the character of her father and mother, her own person and disposition, were all equally against her. Her father was a clergyman, without being neglected, or poor, and a very respectable man, though his name was Richard – and he had never been handsome. He had a considerable independence besides two good livings – and he was not in the least addicted to locking up his daughters. Her mother was a woman of useful plain sense, with a good temper, and, what is more remarkable, with a good constitution. She had three sons before Catherine was born; and instead of dying in bringing the latter into the world, as any body might expect, she still lived on – lived to have six children more – to see them growing up around her, and to enjoy excellent health herself.

L’eroina torna a casa (II-14)
A heroine returning, at the close of her career, to her native village, in all the triumph of recovered reputation, and all the dignity of a countess, with a long train of noble relations in their several phaetons, and three waiting-maids in a travelling chaise-and-four, behind her, is an event on which the pen of the contriver may well delight to dwell; it gives credit to every conclusion, and the author must share in the glory she so liberally bestows. – But my affair is widely different; I bring back my heroine to her home in solitude and disgrace; and no sweet elation of spirits can lead me into minuteness. A heroine in a hack post-chaise, is such a blow upon sentiment, as no attempt at grandeur or pathos can withstand. Swiftly therefore shall her post-boy drive through the village, amid the gaze of Sunday groups, and speedy shall be her descent from it.


EDIZIONI ITALIANE

edizit-adn-garzanti-1959-2007Titolo: L’abbazia di Northanger
Editore: Garzanti, Milano
Traduzione: Teresa Pintacuda
Anno di pubblicazione: 1959
(testo e copertina sono dell’edizione 2007)

Incipit
Chi l’avesse conosciuta nella prima infanzia non avrebbe certo pensato che Catherine Morland era nata per diventare un’eroina. L’ambiente in cui viveva, il carattere del padre e della madre, la sua stessa persona e le attitudini, tutto era concordemente contro di lei. Suo padre era un pastore, senza per questo essere o povero e, sebbene si chiamasse Richard e non fosse mai stato bello, era un uomo assai rispettabile. Godeva di una notevole agiatezza oltre che di due buone parrocchie e non era affatto propenso a tenere sotto chiave le sue figliole. Mrs. Morland era una donna assennata, di buon carattere e, quel che più conta, di sana costituzione. Aveva già tre figli quando nacque Catherine; e invece di morire nel mettere quest’ultima al mondo, come poteva anche accadere, continuò a vivere e visse per avere altri sei figli, vederseli crescere d’attorno, e godere essa pure di ottima salute.

L’eroina torna a casa (capitolo 29)
Un’eroina che, al termine della sua carriera, torna al paese nativo in tutto il trionfo di una reputazione conquistata e con tutta la dignità di una contessa, seguita da un lungo corteo di nobile parentado che fa mostra di sé in eleganti carrozza e con tre dame di compagnia viaggianti dietro di lei in un tiro a quattro, ecco un avvenimento del quale la penna del romanziere si compiace; dà credito a ogni conclusione e conferisce all’autore parte della gloria che da lei si diffonde. Ma il nostro compito è infinitamente diverso, noi riportiamo a casa la nostra eroina sola e in disgrazia e non troviamo nella mente alcun dolce ricordo da descrivere dettagliatamente. Un’eroina in vettura da nolo deprime a tal punto il sentimento da non consentirgli alcun tentativo di grandiosità o di pathos. Il postiglione guiderà rapidamente attraverso il villaggio tra gruppi di curiosi in ozio domenicale, e rapidamente Catherine scenderà dalla carrozza.


Titolo: Katherine Morland
Editore: Capitol, Bologna
Traduzione: Valentina Bianconcini
Anno di pubblicazione: 1961

Incipit
Chi avesse conosciuto Katherine Morland quand’era una bimbetta non avrebbe affatto immaginato che fosse nata per diventare l’eroina di un romanzo, tanto poco vi pareva predestinata, sia per le sue attitudini sia per la posizione sociale dei suoi genitori. È vero il padre, pastore anglicano, non era un uomo meschino e neanche povero; era invece un’ottima persona, benché si chiamasse Richard e fosse tutt’altro bello; oltre a godere di due ragguardevoli rendite ecclesiastiche, egli possedeva un suo patrimonio personale e non aveva affatto l’intenzione di tenere le figlie sotto chiave. La signora Morland era una donna di gran buonsenso, di buon carattere e, meglio ancora, di salute eccellente; lo prova il fatto che prima di Katherine aveva già avuti tre figli e che nel mettere al mondo quest’ultima invece di trovarsi, come ci sarebbe stato da aspettarsi, in pericolo di vita. aveva seguitato a prolificare — altri sei figli — sempre in ottima salute, e a vederseli crescere d’attorno.

L’eroina torna a casa (capitolo 29)
Un’eroina che al termine delle sue avventure rientra trionfalmente al villaggio natale dopo che è stata provata la sua innocenza, per di più fregiandosi del titolo di contessa e seguita da un corteo di nobili parenti assisi in eleganti phaeton, ecco un caso di viva soddisfazione per la penna del romanziere e anche fertile di belle conclusioni; senza contare che l’autore parteciperebbe, per così dire, dell’alone radioso da essa emanante. Invece il mio compito è assai più ingrato, costretta come sono a ricondurre la mia eroina sola e in disgrazia, senza nessun particolare prestigioso, tale da soddisfare il mio orgoglio di romanziere. Come potrei far lacrimare su di un’eroina che ritorna a casa in vettura di posta? Perciò sarà meglio che io faccia passare di volata il postiglione fra i gruppi di curiosi che si attardano per le strade ingannando gli ozi domenicali, e a lei faccia mettere il piede a terra senza alcuna solennità.


edizit-adn-giunti-1978-2008Titolo: Caterina (in edizioni successive L’abbazia di Northanger)
Editore: Giunti, Firenze
Traduzione: Anna Banti
Anno di pubblicazione: 1978
(testo e copertina sono dell’edizione 2008)

Incipit
Nessuno che avesse veduto Catherine Morland negli anni della sua infanzia, avrebbe supposto che fosse nata per divenire un’eroina. La sua situazione sociale, il carattere dei suoi genitori, le sue stesse personali attitudini vi si opponevano. Suo padre era un ecclesiastico né disagiato né povero: un uomo rispettabilissimo sebbene si chiamasse Richard, e non era mai stato bello. Provvisto di un considerevole reddito personale, oltre a due buoni benefici ecclesiastici, non era assolutamente avvezzo a tener segregate le sue figliole. Sua moglie era una donna di molto buonsenso, di ottimo carattere e, quel che più conta, di robusta costituzione. Prima di Catherine le erano nati tre figlioli e, invece di morire dando alla luce quest’ultima, come ci si potrebbe aspettare, era sopravvissuta per partorire altri sei bambini e per vederseli crescere intorno, godendo di una eccellente salute.

L’eroina torna a casa (II-14)
Un’eroina che, al termine delle sue avventure, ritorna nel villaggio nativo, nel pieno trionfo della sua riconosciuta innocenza e per di più col titolo di contessa, con un corteo di nobili parenti nelle loro diverse carrozze e tre cameriere in un tiro a quattro dietro di lei, è un evento su cui la penna di un romanziere può deliziosamente soffermarsi, partecipando a una gloria così liberamente concessa. Ma il mio caso è completamente diverso: riconduco a casa la mia eroina sola e caduta in disgrazia e nessuna dolce esultanza m’incoraggia a discendere ai particolari. Un’eroina in una consunta carrozza di posta è una tal ferita sentimentale che nessun tentativo di grandiosità e di pathos può sopportare. Rapidamente dunque il postiglione le farà attraversare il villaggio fra gli guardi dei gruppi domenicali e in fretta la farà scendere alla sua porta.


edizit-adn-ttheoria-1982-1997Titolo: L’abbazia di Northanger
Editore: Theoria, Roma
Traduzione: Linda Gaia
Anno di pubblicazione: 1982
(testo e copertina sono dell’edizione 1997)

Incipit
Nessuno, vedendo Catherine Morland da bambina, avrebbe mai immaginato che fosse destinata a diventare un’eroina. La condizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo stesso aspetto e il temperamento: tutto era contro di lei. Il padre era un ecclesiastico, né disprezzato né povero, anzi era un uomo estremamente rispettabile, benché si chiamasse Richard, e non era mai stato bello. Godeva di una rendita personale considerevole, oltre a quella procuratagli da due parrocchie, e non gli passava neppure per la mente di chiudere a chiave le figliole. La madre era una donna pratica, di buonsenso e di buon carattere, e, cosa particolarmente notevole, possedeva un’ottima salute. Prima di Catherine aveva avuto tre figli, e invece di morire nel dare alla luce quest’ultima, come logicamente ci si aspetterebbe, aveva continuato a vivere, abbastanza da avere altri sei figli e da crescerli, sempre godendo di ottima salute.

L’eroina torna a casa (II-14)
Un’eroina che ritorna, alla fine della sua carriera, al paese natio, in tutto il trionfo della sua riconquistata reputazione, e tutta la dignità di una contessa, con un lungo seguito di parenti nobili nelle loro carrozze e tre cameriere che la seguono in un tiro a quattro, è un evento si cui la penna di chi inventa può ben gioire e soffermarsi; dà credito a ogni conclusione, e l’autore non può che condividere la gloria che ella dispensa con tanta liberalità. Ma la faccenda per quanto mi riguarda è del tutto diversa; riporto a casa la mia eroina in solitudine e in disgrazia; e nessuna dolce esultanza di spirito può indurmi a soffermarmi sui particolari. Un’eroina in una diligenza postale a nolo è un colpo tale inferto al sentimentalismo, che nessun tentativo di grandiosità o di pathos può resistervi. Il postiglione quindi le farà attraversare velocemente il paese, tra gli sguardi incuriositi dei gruppetti domenicali, ed ella scenderà rapidamente dalla carrozza.


edizit-adn-mondadori-1982-2009Titolo: Northanger Abbey
Editore: Mondadori, Milano
Traduzione: Anna Luisa Zazo
Anno di pubblicazione: marzo 1982
(testo e copertina sono dell’edizione 2009)

Incipit
Nessuno, che avesse conosciuto Catherine Morland al tempo della sua infanzia, avrebbe veduto in lei una futura eroina. La sua condizione, il carattere dei genitori, il suo aspetto e la sua natura, tutto le ero avverso. Il padre era un ecclesiastico, né reietto né povero, un uomo assai rispettabile, sebbene si chiamasse Richard, che non era mai stato bello. Aveva una discreta fortuna personale, la rendita di due ottime parrocchie – e non era in alcun modo incline a chiudere a chiave le figlie. La madre era una donna di grande buon senso e di buon carattere, e, cosa ancor più singolare, di ottima salute. Aveva avuto tre figli prima della nascita di Catherine; ma, ben lontana dal morire nel darla alla luce, come pure sarebbe stato ragionevole attendersi, visse ancora – visse tanto da avere altri sei figli – che vide crescere continuando a godere di ottima salute.

L’eroina torna a casa (capitolo 29)
Un’eroina che ritorna, al conchiudersi della sua storia, al villaggio natio, adorna del trionfo di una reputazione ritrovata e della dignità di contessa, con una lunga fila di parenti nobili nei loro numerosi phaeton, e tre cameriere in un tiro a quattro, al suo seguito, è un evento sul quale la penna può indugiare con piacere; abbellisce ogni conclusione, e l’autrice condivide la gloria che tanto generosamente conferisce. – Ma la mia storia è molto diversa; riconduco a casa la mia eroina nella solitudine e la disgrazia; e nessuna dolce gaiezza può indurmi a scendere nei particolari. Un’eroina in una vettura di posta è una tale offesa ai sentimenti che nessun tentativo di solennità o di pathos può porvi rimedio. Velocemente dunque il postiglione la condurrà per il villaggio, tra gli sguardi dei passanti domenicali, e velocemente lei scenderà dalla carrozza.


edizit-adn-newton-1994Titolo: L’abbazia di Northanger
Editore: Newton Compton, Roma
Collana: Biblioteca Economica Newton, 14
Traduzione: Elena Grillo
Pagine: 186, brossura
Anno di pubblicazione: 1 settembre 1994
Prezzo: 2000 Lire

Incipit
Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua prima infanzia avrebbe mai supposto che il suo destino sarebbe stato quello di essere un’eroina. Tutto era contro di lei: la posizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo aspetto fisico e perfino le sue inclinazioni. Il padre era un pastore né disprezzato né povero, anzi era un uomo assai rispettabile, nonostante il suo nome fosse Richard, e non era mai stato bello. Aveva una considerevole fortuna personale, oltre alla rendita di due benefici ecclesiastici, e non era neppure lontanamente intenzionato a tenere le figlie segregate. La madre era una donna pratica e sensata, di buon carattere e, cosa da sottolineare, di buona salute. Aveva avuto tre figli prima di Catherine e, invece di morire dando alla luce quest’ultima, come chiunque avrebbe potuto aspettarsi, era sopravvissuta: era sopravvissuta anzi per abbastanza tempo da avere altri sei figli e vederseli crescere intorno, sempre godendo di una salute eccellente.

L’eroina torna a casa (II-14)
Un’eroina che ritorna alla fine della propria carriera, nel suo villaggio natio, in tutto il trionfo della reputazione riconquistata e con tutta la dignità di una contessa, seguita da una schiera di nobili parenti in molti phaeton e tre camerieri in un tiro a quattro, è un evento su cui la penna di uno scrittore può deliziarsi a indugiare: dà credito a ogni conclusione e l’autore deve condividere la gloria che lei tanto liberalmente concede… Ma la mia storia è assai diversa: riporto a casa la mia eroina in solitudine e disgrazia e nessuna dolce esultanza d’animo può convincermi a descrivere i particolari. Un’eroina in una carrozza a nolo è un tale colpo al sentimento che nessun tentativo di grandiosità o di pathos vi può resistere. Il cocchiere la condurrà velocemente attraverso il villaggio, attraverso gli oziosi gruppi domenicali e assai rapidamente ella scenderà dalla carrozza.


edizit-adn-barbera-2008Titolo: L’abbazia di Northanger
Editore: Barbera, Siena
Collana: Nuovi Classici
Traduzione: Silvia Fiorini
Pagine: 222, rilegato con sopraccoperta
Anno di pubblicazione: maggio 2008
Prezzo: 10 Euro

Incipit
Nessuno che avesse visto Catherine Morland da bambina avrebbe potuto immaginare che fosse destinata a diventare un’eroina. La sua posizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo stesso aspetto e temperamento, tutto era a suo svantaggio. Il padre era un pastore, senza per questo essere trasandato o povero, e nonostante si chiamasse Richard e non fosse mai stato bello, era un uomo assai rispettabile. Godeva di una certa agiatezza economica oltre che di due buone parrocchie, e non aveva certo l’intenzione di tenere sotto chiave le figliole. La madre era una donna pratica, di buonsenso e di buon carattere e, cosa ancora più importante, godeva di un’ottima salute. Aveva avuto tre figli prima della nascita di Catherine, e invece di morire nel dare alla luce quest’ultima, come ci si potrebbe aspettare, visse abbastanza a lungo da avere altri sei figli, da vederli crescere, godendo lei stessa di ottima salute.

L’eroina torna a casa (capitolo 29)
Un’eroina che ritorna, alla fine della sua carriera, al paese natio, in tutto il trionfo della sua riconquistata reputazione, e tutta la dignità di una contessa, con un lungo seguito di parenti nobili nelle loro carrozze, e tre cameriere che la seguono in un tiro a quattro, è un evento su cui la penna di chi inventa può ben gioire a soffermarsi; dà credito a ogni conclusione, e l’autore non può che condividere la gloria che ella dispensa con tanta liberalità. Ma la faccenda per quanto mi riguarda è completamente diversa; riporto a casa la mia eroina in solitudine e in disgrazia e nessuna dolce esultanza di spirito può indurmi a soffermarmi sui particolari. Un’eroina in una diligenza postale a nolo è un tale colpo inferto al sentimentalismo, che nessun tentativo di grandiosità o di pathos può resistervi. Il postiglione quindi le farà attraversare velocemente il paese, tra gli sguardi incuriositi dei gruppetti domenicali, e lei scenderà rapidamente dalla carrozza.


Titolo: L’abbazia di Northanger
Editore: jausten.it (on-line)
Traduzione: Giuseppe Ierolli
Anno di pubblicazione: 20 giugno 2011
La stessa edizione, a cura della JASIT e con
progetto grafico di Petra Zari, è disponibile
in formato cartaceo su “imiolibro” (link).

Incipit
Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland nella sua infanzia avrebbe mai immaginato che fosse nata per essere un’eroina. La sua condizione sociale, il carattere del padre e della madre, il suo aspetto e la sua indole, era tutto ugualmente contro di lei. Il padre era un ecclesiastico, né reietto né povero, e un uomo molto rispettabile – sebbene si chiamasse Richard – e non era mai stato bello. Aveva una considerevole indipendenza economica, oltre a due buoni benefici ecclesiastici, e non aveva nessuna tendenza a tenere le figlie segregate. La madre era una donna pratica e assennata, con un buon carattere, e, cosa ancora più degna di nota, con una buona costituzione. Aveva avuto tre figli maschi prima che nascesse Catherine, e invece di morire mettendo al mondo quest’ultima, come chiunque si sarebbe aspettato, continuò a vivere; a vivere tanto da avere altri sei figli, vederseli crescere intorno e godere lei stessa di ottima salute.

L’eroina torna a casa (capitolo 29)
Il ritorno di un’eroina al suo paese natio, a conclusione della sua carriera, in tutto il trionfo di una riconquistata reputazione, e in tutta la dignità di una contessa, con un lungo corteo di nobili parenti nelle loro carrozze, e tre cameriere personali che la seguono in un tiro a quattro di servizio, è un avvenimento nel quale la penna di un creatore di storie può piacevolmente indugiare; dà credito a ogni conclusione, e l’autore non può che essere partecipe della gloria che lei dispensa con tanta liberalità. Ma il mio caso è considerevolmente diverso; riporto a casa la mia eroina in solitudine e in disgrazia; e nessun tenero entusiasmo può condurmi a descrizioni dettagliate. Un’eroina in una vettura di posta è un tale colpo al sentimentalismo, che nessun tentativo di grandezza o di pathos può contrastarlo. Il postiglione le farà quindi attraversare velocemente il villaggio, tra gli sguardi curiosi dei gruppi domenicali, e la discesa dalla carrozza sarà molto rapida.


edizit-na-berti-2016Titolo: Northanger Abbey
Editore: Nuova Editrice Berti, Parma
Traduzione: Cecilia Muttii
Pagine: 266, brossura
Anno di pubblicazione: luglio 2016
Prezzo: 18 Euro

Incipit
Nessuno che avesse conosciuto Catherine Morland da bambina avrebbe mai potuto immaginare che fosse nata per diventare un’eroina da romanzo. Il suo ceto sociale, il carattere di suo padre e quello di sua madre, il suo aspetto e la sua indole: tutto, indiscutibilmente, giocava contro di lei. Il padre era un uomo di chiesa, né miserabile né povero, un uomo molto rispettabile – nonostante si chiamasse Richard – e non era mai stato bello. Aveva una notevole indipendenza economica, oltre a due buone rendite di natura ecclesiastica, e non era abituato a tenere le figlie recluse. La madre era una donna di evidente senso pratico, con un buon carattere e, cosa ancora più notevole, di buona costituzione. Aveva avuto tre figli maschi prima che nascesse Catherine, e invece di morire mettendola al mondo, come chiunque si sarebbe aspettato, continuò a vivere tanto da avere altri sei figli, vederli crescere e godere lei stessa di ottima salute.

L’eroina torna a casa (II-14)
Il ritorno di un’eroina al suo paese natio, a conclusione della sua esperienza, in tutto il trionfo di una riconquistata reputazione, e in tutta la dignità di una contessa, con un lungo corteo di nobili parenti nelle loro carrozze, e tre cameriere personali che la seguono in un tiro a quattro di servizio, è un avvenimento sul quale la penna uno scrittore può piacevolmente dilungarsi; dà credito a ogni conclusione, e l’autore non può che essere partecipe della gloria che lei dispensa con tanta generosità. Ma il mio caso è considerevolmente diverso, giacché a casa la mia eroina in solitudine e in disgrazia e nessun tenero entusiasmo può indurmi a descrizioni dettagliate. Un’eroina che viaggia su una vettura di posta è un tale colpo al sentimentalismo, che nessun tentativo di pathos può contrastarlo. Facciamola quindi attraversare veloce il villaggio, tra gli sguardi curiosi dei gruppi domenicali, e discendere rapidamente dalla carrozza.


Titolo: Northanger Abbey
in: Romanzi e altri scritti (vol. I)
Editore: Mondadori, Milano
Collana: i Meridiani
Traduzione: Susanna Basso
Pagine: 5-257
Anno di pubblicazione: 10 maggio 2022
Prezzo: 80,00 Euro

Incipit
Nessuno che avesse incontrato Catherine Morland da piccola avrebbe mai immaginato che fosse nata per essere un’eroina. La sua posizione sociale, l’indole del padre e della madre, il suo aspetto e la sua personalità, ogni cosa congiurava allo stesso modo contro di lei, Il padre era un ecclesiastico senza per questo essere né trascurato né povero, un uomo assai rispettabile, malgrado si chiamasse Richard – e non fosse mai stato bello. Disponeva di un considerevole patrimonio personale, oltre a due buone rendite parrocchiali –  e non aveva la minima inclinazione a segregare le sue figliole. La madre era una donna pratica, assennata, di buon carattere e, cosa ben più ragguardevole, di robusta costituzione. Aveva avuto tre figli prima della nascita di Catherine; e anziché morire dando alla luce quest’ultima, come tutti potrebbero aspettarsi, aveva continuato a vivere – tanto da mettere al mondo altri sei bambini – vederseli crescere attorno e continuare a godere di una salute eccellente.

L’eroina torna a casa (II-14)
Un’eroina che, giunta alla fine del proprio viaggio, ritorni al paese natio in tutto il trionfo di una reputazione riconquistata, con la dignità di una contessa, un lungo corteo di parenti altolocati a bordo dei rispettivi phaeton, e tre cameriere personali in tiro a quattro al suo seguito, è un evento sul quale la penna di chi scrive può soffermarsi con molto piacere; dà lustro a qualsiasi conclusione, e l’autore condividerà la gloria tributata con tanta generosità. – Ma la mia storia è assai diversa; io riporto a casa la mia eroina in solitudine e in disgrazia; e non l’aspetta nessun dolce tripudio che mi incoraggi a scendere in particolari. Un’eroina a bordo di una scalcinata carrozza a nolo è un tale colpo al romanticismo che nessun tentativo di grandiosità o di pathos sarà in grado di reggere. Ecco perché il postiglione la condurrà rapidamente attraverso il villaggio, sotto gli sguardi delle compagnie domenicali, e altrettanto rapidamente la farà scendere dalla vettura.


 

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