Biografie, saggi e articoli in italiano
(In fondo alla pagina l’elenco cronologico delle traduzioni italiane dei sei “romanzi canonici”)
Mirella Agorni
“«I hope somebody cares for these minutiae…»: Le lettere di Jane Austen”
Quaderni di Lingue e Letterature, Università degli Studi di Verona, (18), 1993, pagg. 17-27
“Sebbene Jane Austen venga comunemente considerata una delle maggiori scrittrici inglesi, il suo epistolario non ha mai ottenuto il favore della critica, che ha generalmente convenuto di relegarlo in una posizione marginale rispetto ai romanzi. Di quest’avviso fu ad esempio E.M. Forster, che nel recensire la prima edizione critica delle lettere ne sottolineò il carattere effimero e temporaneo:
«They (the letters) were temporary and local in their appeal, and their essential meaning went down with her into the grave.»
Insistendo sulla necessità di un’interpretazione contingente ed occasionale, Forster si spinse fino ad istituire una linea di demarcazione netta tra Miss Austen, il mittente delle lettere, e Jane Austen, la famosa autrice dei romanzi. Una netta differenziazione è quindi venuta a fissarsi nel corso della storia della letteratura: da una parte i celebri romanzi, frutto di una genialità che, oltrepassando le barriere dell’individuazione storica e sociale dell’autrice in questione, si pone come universale. Dall’altra le lettere, private, «familiari», documento di un’esistenza femminile circoscritta nello spazio e nel tempo, e assolutamente prive di rilevanza artistica.”
Romina Angelici
Jane Austen. Donna e scrittrice
flower-ed, 2017
Il volume si compone di quattro sezioni con le quali si vuole ricostruire il mondo di Jane Austen come donna, nei suoi interessi, legami, affetti, e come scrittrice, esaminando le tematiche e lo stile con cui ha lasciato un segno indelebile nella letteratura inglese di primo Ottocento. Lo sguardo si allarga poi a considerare i rapporti con gli altri scrittori e le loro opere, cercando di stabilire influenze, collegamenti e commenti. Si offre, infine, una panoramica sui derivati e gli inspired usciti in italiano e una rassegna bibliografica di tutti i contributi critici esistenti, dalle monografie agli articoli, frutto di un lungo lavoro di ricerca bibliografica.
Raffaella Antinucci
Come leggere Emma
Solfanelli, Chieti, 2017
Uno dei capolavori della letteratura mondiale, Emma (1816) non si sottrae a nuove letture sia nella sua veste di classico sia perché segna un’importante svolta nella tradizione romanzesca, riscattandola dal pregiudizio morale ed estetico con cui era guardata all’inizio dell’Ottocento. Quasi privo di un intreccio che possa dirsi tale ma lodato per il suo realismo, il romanzo coraggiosamente postula una lettura ripetuta in cui l’universo semantico è svelato al lettore per gradi, in un crescendo interpretativo sempre più complesso. Nella sua attività di match-maker, Emma Woodhouse, al pari della sua creatrice, è una tessitrice di mondi e di storie che tuttavia, alla verifica dei fatti, si riveleranno illusorie e fallaci. Coinvolgendo il lettore in una sfida ermeneutica stimolata da un continuo esercizio di creativa fallibilità sottratto all’usura del tempo, l’eroina eponima prefigura un ritratto autoironico della stessa Jane Austen.
James Edward Austen-Leigh
Ricordo di Jane Austen
Cura e traduzione di Bruna Cordati
Sellerio, Palermo, 1992
Titolo originale: A Memoir of Jane Austen
Prima ediz.: 1869
Traduzione della prima edizione del “Memoir” del nipote di Jane Austen
James Edward Austen-Leigh
Ricordo di Jane Austen e altri Ricordi familiari
Cura e traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it, 2012
Contiene i seguenti ricordi familiari:
- James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen (A Memoir of Jane Austen, seconda ediz., 1871)
- Henry Austen, Nota biografica sull’autore (Biographical Notice of the Author, 1817)
- Henry Austen, Ricordo di Miss Austen (Memoir of Miss Austen, 1833 – rielaborazione della Nota del 1817)
- Anna Lefroy, Ricordi di zia Jane (Recollections of Aunt Jane, 1864)
- Caroline Austen, Mia zia Jane Austen. Ricordi (My Aunt Jane Austen. A Memoir, 1867)
James Edward Austen-Leigh
Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari
Cura e traduzione di Giuseppe Ierolli
Elliot, 2017
Contiene i seguenti ricordi familiari:
- James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen (A Memoir of Jane Austen, seconda ediz., 1871)
- Henry Austen, Nota biografica sull’autore (Biographical Notice of the Author, 1817
- Anna Lefroy, Ricordi di zia Jane (Recollections of Aunt Jane, 1864)
- Caroline Austen, Mia zia Jane Austen. Ricordi (My Aunt Jane Austen. A Memoir, 1867)
Mara Barbuni
Le case di Jane Austen
flower-ed, 2017
Le case di Jane Austen è un percorso di lettura che esplora e descrive i diversi significati del contesto domestico nella biografia e nelle storie di Jane Austen. I capitoli sono intitolati ciascuno a una delle case più rappresentative del mondo austeniano e trattano i tanti aspetti del vivere domestico: quello concreto ed esteriore, come l’architettura, i mobili, i parchi, quello sociale e politico e infine quello interiore, che mette in relazione lo spazio della casa con il carattere e l’anima dei personaggi. Osservando con attenzione la struttura, l’estetica e la storia di queste case, è possibile prendere coscienza della loro portata etica, economica e sociale – oltre che narrativa – arrivando a comprendere che i romanzi di Jane Austen sono ben altro che semplici storie d’amore.
Emilia Bassi
Medaglioni letterari: la vita e le opere di Jane Austen e George Eliot
Libreria Editrice Mantegazza, Roma, 1914
Ad ogni modo «Persuasione» contiene, a parer mio, i tocchi più squisiti dell’arte della Austen.
È l’arte dell’età matura: gli sprazzi di umorismo sono più rari, le tinte meno vivaci, ma vi si respira un’atmosfera di riposo, di filosofia calma, che vede la vita attraverso qualche anno di esperienza e le appare come un lago in distanza, limpido, tranquillo, dimentico delle procelle passate. Non so perché, ma mi pare che essa abbia vissuto successivamente con le sue eroine. Intelligente come Elisabetta Bennet, vivace ed amabile come Emma, semplice come Caterina, con il trascorrere degli anni trovò che le giovinette, alle quali aveva ceduto tanta parte del suo animo vibrante di pensiero e d’affetti, non erano più all’unisono con la serena uniformità della sua mente e del suo cuore, perciò creò Anna Elliot riflessiva, paziente, rassegnata.
Beatrice Battaglia
Nel cuore di Jane. Ri-Leggendo Persuasion
Liguori, Napoli, 2018
La quarta:
Eros e passione in Jane Austen? Sì, anche l’ultimo pezzo della maschera vittoriana della scrittrice si sgretola con questo saggio Nel cuore di Jane. Ri-Leggendo Persuasion.
Guidata dalle voci critiche e poetiche di Reginald Farrar, Virginia Woolf, Edmund Blunden, Harold Bloom, l’analisi testuale della nota studiosa austeniana ci mostra non semplicemente che ‘Jane Austen aveva amato e che non aveva più paura di dirlo’, ma che Jane Austen continuava ad amare; ed è in questa viva presenza di Eros la ragione della grandezza della sua arte.
Beatrice Battaglia
La zitella illetterata. Parodia e ironia nei romanzi di Jane Austen
Liguori, Napoli, 2009
Prima ediz.: Longo, 1993
La quarta:
Ma com’era davvero Jane Austen? La maschera di origine vittoriana che ha dominato quasi tutto il Novecento si è ormai sgretolata lasciando allo scoperto la scrittrice «dotata di tutti i più bei doni della musa comica», l’artista ironica e subversive che sola può giustificare la persistente vitalità dei sei romanzi. Con un’attenta analisi testuale che avvalora i più recenti apporti degli studi culturali, La zitella illetterata rintraccia la sapiente strategia parodica da cui scaturisce quella caratteristica ambiguità che colloca la scrittura austeniana all’inizio della grande tradizione del romanzo moderno.
Beatrice Battaglia
“Jane Austen e il novel of manners“
in: Manuale di letteratura e cultura inglese
a cura di Lilla Maria Crisafulli e Keir Elam
Bononia University Press, Bologna, 2009, pagg. 232-238
“E tuttavia, prima ancora che nei temi, la sua grandezza come romanziera sta nel linguaggio narrativo: un linguaggio così sottilmente realistico da riuscire a rendere l’ambigua polivalenza del reale; un linguaggio indiretto, capace di affermare e sovvertire al tempo stesso con un agile uso di tutti i registri dell’ironia.”
Beatrice Battaglia (a cura di)
Jane Austen. Oggi e ieri
Longo Editore, Ravenna, 2002
Prima ediz.: Longo, 1993
Contiene i seguenti saggi (parte in italiano, parte in inglese):
- Beatrice Battaglia, Introduzione
- Michael Hayes, Why Jane Austen Made It a Movie
- Beatrice Battaglia, Jane Austen’s «chamaleontic» art and «A Poetics of Postmodernism»
- G. Elisa Bussi, Jane Austen dalla pagina allo schermo: «Sense and Sensibility» e «Persuasion»
- Cristina Bragaglia, Da «Pride and Prejudice» a «Bridget Jone’s Diary»
- Massimiliano Morini, Kazuo Ishiguro’s «An Artist of the Floating World» as a Pre-text for Jane Austen’s «Emma»
- Serena Baiesi, Fanny Price in Australia: «Clara Morison» di C. H. Spence
- Valentina Poggi, Il viaggio e la visita: esame di una funzione narrativa austeniana
- Beatrice Battaglia, «Italian light on English wall»: Jane Austen e il pittoresco
- Diego Saglia, Eccesso e decoro: Jane Austen e i consumi della società «Regency»
- Giuliana Gardellini, Dal romanzo rosa alla Reggenza: paradigmi della moda in «Northanger Abbey» e «Persuasion»
- Sebnem Toplu, Jane Austen’s Married Couples: A Cultural Materialistic Perspective
- Mirella Agorni, Jane Austen’s Letters: the public and the private spheres
- Carlotta Farese, Le eroine di Jane Austen e l’ambiguo incantesimo della lettura
Beatrice Battaglia
“Complessità di Jane Austen dietro la maschera dell’innocenza”
Il lettore di provincia, n. 22/23, Sett./Dic. 1975, pagg. 49-73
“Mansfield Park è veramente un punto cruciale nello sviluppo della tecnica austeniana: l’autrice, pur rifiutando di risolversi nel personaggio della narratrice fieldinghiana, conserva all’intreccio una posizione predominante ed è nel costruirlo che scopre i vantaggi offerti dal metodo del Richardson nel rendere i punti di vista dei vari personaggi, nel costruire l’individualità di un’eroina non autobiografica. Lo sviluppo della coscienza di Fanny, il primo notevole esercizio di analisi psicologica da parte della Austen, è tuttavia ancora soltanto un espediente retorico che, oltre alla funzione già sperimentata di rendere drammaticamente parte della narrazione, serve soprattutto a dare una concreta realizzazione del punto di vista morale della narratrice; non è e non può ancora essere (la completa approvazione di cui gode l’eroina lo impedisce) il terreno da cui scaturisce l’ironia come in Emma, dove il continuo ridimensionamento del giudizio del lettore ha origine dallo stretto contatto con la coscienza dell’eroina.”
Beatrice Battaglia
“Un personaggio di Jane Austen”
Studi inglesi, Bari, Adriatica Editrice, n. 3-4, 1976/77, pagg. 175-209
“Se […] si considera lo sviluppo della caratterizzazione in stretta connessione con lo sviluppo strutturale, ci si rende conto che la caratterizzazione drammatica della Austen si basa, prima ancora che sulle qualità del linguaggio individuale dei personaggi, sul modo ‘drammatico’, cioè spontaneo e autosufficiente in cui essi compaiono e si muovono nel mondo del romanzo, delineando la propria individualità nell’insieme dei loro rapporti con gli altri. Sono infatti le varie immagini dello stesso personaggio, i diversi punti di vista espressi nelle reazioni degli altri personaggi, a creare un’impressione di ‘rotondità’, di concretezza, e al tempo stesso di ‘chiaroscuro’, cioè di incompletezza, di ambiguità, di imprevedibilità, poiché quelle – e il lettore ne è sempre consapevole – sono solo alcune delle immagini, delle visioni prospettiche di quel personaggio.”
Paolo Bertinetti
“Una stanza tutta per lei”
in: Il romanzo inglese, Laterza, Bari, 2017, pagg. 43-52
“Per lungo tempo Jane Austen fu considerata una buona scrittrice, ma niente di più. C’era stata una prima forte presa di posizione di Virginia Woolf, consapevole del fatto che una donna, una scrittrice, dovesse avere una stanza tutta per sé e che Jane Austen era una grande scrittrice che quella stanza, a suo maggior merito, aveva potuto averla solo in parte. Comunque tutto cambiò a partire dall’autorevolissimo saggio sulla «grande tradizione del romanzo inglese» di F.R. Leavis, che nell’immediato secondo dopoguerra fu la voce più ascoltata e rispettata degli studi letterari inglesi. In pratica Leavis faceva partire la «grande tradizione» proprio da Jane Austen, collocando le sue opere al vertice del romanzo inglese.”
Roberto Bertinetti
“Jane Austen, signorina sovversiva”
in: L’isola delle donne
Bompiani, Milano, 2017
“…. inserire l’ampia differenza anagrafica tra Anne e le precedenti eroine nel contesto dell’analisi sugli ostacoli che ogni ragazza di buona famiglia deve superare all’inizio dell’Ottocento prima delle nozze. Lo scarto rispetto al canovaccio abituale si rivela funzionale alla trama perchè consente ad Austen di raggiungere un duplice risultato: dar maggiore profondità all’inquietudine di Anne – donna adulta, “persuasa” dall’influente Lady Russell a non promettersi a un ufficiale di marina, in seguito pentita per la scelta fatta – e, soprattutto collocare la vicenda sullo sfondo delle guerre napoleoniche, il cui esito ha un’enorme importanza per il destino dei personaggi principali. Senza quel conflitto, infatti, l’innamorato respinto, il capitano Frederick Wentworth, non avrebbe potuto accumulare un discreto patrimonio, grazie ai beni sottratti a bordo delle navi nemiche catturate, e proporsi per la seconda volta, con la certezza di vedersi accettato.Le ricadute sociali delle nozze sono di portata rivoluzionaria. L’unione fra Anne e Frederick sancisce infatti l’alleanza fra due classi: la borghesia in ascesa e la nobiltà alle prese con seri problemi di bilancio.” (pag. 204)
Roberto Bertinetti
Ritratti di signore. Saggio su Jane Austen
Edizioni Universitarie Jaca, Milano, 1987
La quarta
Definita da Virginia Woolf «l’artista più perfetta tra le donne», Jane Austen è stata una delle prime scrittrici a dedicare per intero il suo lavoro all’analisi dell’universo femminile. Disincantata e ironica osservatrice dell’ideologia britannica tra illuminismo e romanticismo, Jane Austen scruta il quotidiano e lo fissa sulla pagina. Il dato caratteristico dei suoi libri è la precisione: non fa muovere nulla senza scopo, evidenzia una grande passione per i dettagli, per i particolari nascosti che consentono di gettar luce sull’animo dell’individuo. Rileggendo i suoi romanzi è così possibile scoprire i meccanismi che regolavano la vita di una donna dall’adolescenza sino al matrimonio all’epoca delle prime, timide, lotte per l’emancipazione, combattute da eroine ritratte a tutto tondo, creature in carne e ossa libere da stereotipi, strettamente imparentate con le maggiori protagoniste della letteratura europea del secolo scorso.
Mirella Billi
“Jane Austen: parodia e re-invenzione del romanzo”
in: Il testo riflesso. La parodia nel romanzo inglese, Liguori, Napoli, 2000, pagg. 123-162
Prima edizione: Liguori, 1993
“La parodia dei romanzi gotici, ugualmente incentrati su una figura femminile grondante sensibility, inizia ad affiorare, insieme a quella dei correlati, e spesso non facilmente distinguibili, romanzi sentimentali, anche in altre opere giovanili della Austen, come Catharine or the Bower, per molti aspetti anticipatore di Northanger Abbey. Lo scatenarsi dell’immaginazione, l’insistenza sull’inquietudine e sul misterioso, la prevalanza data, nei romanzi gotici, all’effondersi incontrollabile dei sentimenti, che non sono più quelli amorosi, ma terrore e smarrimento, fino alla perdita del contatto con il reale e dunque la follia, per di più collegata a sensazioni, pericolosamente morbose, di piacere, trovano nella Austen una lucida resistenza.”
Mirella Billi
“Jane Austen”
in: Storia della letteratura inglese
a cura di Paolo Bertinetti
2 voll., Einaudi, Torino, 2000
Volume primo: “Dalle origini al Settecento”, pagg. 380-383.
“I romanzi di Jane Austen […] traendo spunto dai vari tipi della narrativa settecentesca, disegnano il percorso interiore e la maturazione di personaggi femminili attraverso il confronto con il contesto sociale in tutta la sua complessità e ambiguità, e in particolare con i condizionamenti che impone – nel pubblico e nel privato – alla donna.”
Chiara Biscella
“Jane Austen: appetito e sentimento”
in: Non solo porridge: letterati inglesi a tavola
a cura di Francesca Orestano
Mimesis Edizioni, Milano – Udine, 2015
“È una verità universalmente riconosciuta che una buona tazza di tè, ancora meglio se accompagnata da paste e biscottini, ha il potere di trasportarci lontano nel tempo e nello spazio, in quell’atmosfera tipicamente inglese che i romanzi di Jane Austen incarnano a perfezione. In effetti, chiunque ripensi a una qualsiasi opera della scrittrice o a uno dei tanti, fortunati adattamenti cinematografici e televisivi, non potrà fare a meno di ricordare scene di eleganti balli con conseguente dispiego di dolcetti e pasticcini, conversazioni al tavolo della colazione o intorno a una coperta da pic-nic, inviti a cena o al tè pomeridiano. Si tratta di occasioni che Jane Austen sfrutta per mostrare le relazioni che poco a poco si tessono fra personaggi oppure per rendere conto della loro classe sociale o ancora per dare informazioni in più sul personaggio stesso, permettendo nel medesimo tempo a noi lettori del ventunesimo secolo di sbirciare in quelle che erano le abitudini alimentari e sociali dell’epoca.”
Erin Blakemore
“L’Io. Lizzie Bennet. Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen”
in: Le protagoniste. Da Rossella O’Hara a Jane Eyre, lezioni di vita dalle eroine della letteratura
Traduzione di Elisabetta Stefanini
Castelvecchi, Roma, 2015, pp. 190
Titolo originale: The Heroine’s Bookshelf: Life Lessons, from Jane Austen to Laura Ingalls Wilder, 2010
“Il nucleo di Orgoglio e pregiudizio è più di una storia d’amore, è un’eroina che si sottopone a un’autoanalisi spietata, con un contorno di umiliazioni familiari ed errori fatali. Jane non è tenera con Lizzy: dona alla sua figlia di carta forza e debolezza in parti uguali. I tratti peggiori della ragazza sono messi in evidenza dai genitori inutili e dalle sorelle sciocche, che vorrebbero una Lizzy gretta, rinunciataria e capace di risolvere ogni problema con una bella risata.
No, Lizzy non è perfetta, e i suoi pregiudizi sono parte essenziale di lei proprio come la spavalderia con cui percorre cinque chilometri a piedi nel fango per andare a trovare la sorella malata, e la sfacciataggine con cui contraddice la tronfia Lady Catherine de Bourgh per difendere se stessa e il suo amore. Se vogliono il loro lieto fine, Lizzy e Darcy dovranno accettare tutti gli aspetti dei rispettivi Io. Per prima cosa, tuttavia, devono guardarsi dentro.
Jane Austen sapeva fin troppo bene che l’Io è difficile da definire e muta in continuazione. Dopotutto, era specializzata in prese di coscienza a sorpresa e eroine imperfette ma molto determinate. Dall’inizio alla fine Orgoglio e pregiudizio incita ad analizzarsi con sincerità e, ancor più importante, ad affrontare ciò che vediamo con la sfrontatezza dell’eroina. Questo atteggiamento senza paura significa forse che non possiamo cedere ai nostri dolori (e riderne)? Neanche per sogno: risate e dubbi fanno parte del percorso per raggiungere una maggiore completezza dell’Io”
Harold Bloom
“Memoria canonica nel primo Wordsworth e in Persuasione di Jane Austen”
in: Il canone occidentale
Traduzione di Francesco Saba Sardi
Bompiani, Milano, 2000, pagg. 215-236
Titolo originale: The Western Canon, 1994
“Ciò che la Austen parodizza in Senso e sensibilità, in Persuasione è da lei elevato ad apoteosi: la sublimità del particolare, la sensibilità isolata interiormente. Anne Elliot non è certo l’unica figura della Austen dotata di un cuore comprensivo. La sua differenza consiste nella quasi sovrannaturale acutezza di percezione di altri e di se stessa, senza dubbio le qualità che sommamente distinguona la Austen come romanziera.”
Harold Bloom
“Jane Austen – Emma”
in: Come si legge un libro (e perché)
Traduzione di Roberta Zuppet
Rizzoli, Milano, 2000, pagg. 191-200
Titolo originale: How to Read and Why, 2000
“È più facile attribuire finalità sociali ai romanzi che ai racconti e alle poesie. Il lettore deve tuttavia diffidare di chi insiste nell’affermare che il romanzo, per sopravvivere, deve essere uno strumento di riforma. Si può dire che nella letteratura inglese nessun romanziere superi Jane Austen, e che cosa desiderano riformare Emma, Persuasione, Mansfield Park e Orgoglio e pregiudizio? Le loro eroine hanno bisogno di correggere alcune opinioni personali, cosa cui provvede l’autrice, e di trovare mariti affettuosi, cosa che riescono a fare da sole. Essendo una profonda ironista che utilizza la propria ironia per perfezionare certi aspetti dell’umano inventati da Shakespeare, la Austen è troppo pragmatica per preoccuparsi delle fonti equivoche da cui proviene la ricchezza di quei mariti affettuosi.”
Harold Bloom
“Jane Austen. 1775-1817”
in: Il genio
Traduzione di Elisa Banfi, Rosangela Cantalupi, Annalisa Crea, Danielo Didero, Stefano Galli, Alessandro Vanoli, Roberta Zuppet
Rizzoli, Milano, 2002, pagg. 338-345
Titolo originale: Genius: A Mosaic of One Hundred Exemplary Creative Minds, 2002
“Nella nostra realtà sempre più virtuale, tre autori sembrano immuni al declino della vera lettura: Shakespeare, la Austen e Dickens. Non si tratta di un fenomeno politico o di culto: personalità piccole e grandi erompono dalle pagine di questi scrittori in una profusione ineguagliata nella lingua inglese. Pochissimi romanzieri e drammaturghi ci hanno regalato due o tre miracoli della personalità. Secondo i miei calcoli, Shakespeare ce ne ha offerti quasi duecento; la Austen, nei suoi cinque romanzi più importanti, più di trenta. Poiché morì a quarantadue anni, il suo periodo più fecondo durò solo sei anni, dal 1811 al 1817. Se fosse vissuta un altro decennio, avrebbe forse raggiunto livelli tali da stupire persino i suoi più fervidi ammiratori.”
Ginevra Bompiani
“Jane Austen. Il romanzo e il labirinto“
in: Lo spazio narrante. Jane Austen, Emily Brontë, Sylvia Plath
et al/Edizioni., Milano, 2012, pagg. 9-53
Prima ediz.: La Tartaruga, 1978
“Le ragazze di quindici anni stanno sempre a ridere, dice Virginia Woolf. Ma piangono un minuto dopo, aggiunge: non sanno che c’è qualcosa di eternamente risibile nella natura umana… Come invece Jane Austen sapeva dalla nascita. Quando scrive Love & Friendship, Jane Austen ha esattamente quindici anni. Ride, ma non della natura umana; ride della cultura. Il bersaglio immediato della sua satira è il romanzo larmoyant; ma dietro di esso l’obbiettivo si allarga verso qualcosa di più vasto e insidioso: verso ciò che innamora ogni ragazza di quindici anni, che seduce la stessa Jane quindicenne, e contro cui si batterà per tutta la vita con la stessa ostinazione che pose Flaubert a castigare il suo alter ego Emma Bovary: la Sensibilità Romantica.”
Léon Boucher
“Il romanzo classico in Inghilterra. Jane Austen”
Revue des Deux Mondes, XLVIIIe année. – Troisième période, tome XXIX, 1er septembre 1878, pagg. 449-67
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Un giorno, un forestiero in visita alla cattedrale di Winchester chiese di vedere la tomba di Miss Austen. «Signore», rispose il custode indicandogli la lapide di marmo sotto la quale riposa l’autrice di Mansfield Park, «potreste dirmi che cosa aveva di speciale questa signora? Ormai tutti vogliono sapere dove è sepolta.» Questa domanda, all’epoca molto naturale in bocca a colui che l’aveva fatta, avrebbe, qualche anno fa, messo in imbarazzo più di una persona. La giustizia letteraria, che somiglia molto alla divinità zoppa della quale parla il poeta, è arrivata troppo tardi per Jane Austen, e poche reputazioni sono state più lente della sua a maturare.”
Lord Edward Brabourne
Lettere di Jane Austen
Cura e traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it, novembre 2017
“Non le sarebbe mai potuto succedere [a Jane Austen], per esempio, di far diventare un eroe un uomo come Mr. Rochester, che, dopo essere stato così sfortunato da prendere per moglie una pazza, ritiene perfettamente legittimo prenderne una seconda mentre la prima è ancora viva, senza accennare minimamente alla vittima designata come stesse veramente la faccenda. Né, con tutta probabilità, avrebbe mai pensato di permettere alla suddetta vittima di continuare a provare un amore devoto per l’uomo che aveva tentato di ingannarla in quel modo, tanto da indurla a tornare, dopo un conveniente intervallo di tempo, per un ultimo sguardo alla dimora nella quale era stato così proditoriamente perpetrato l’inganno, e, dopo aver scoperto che la dimora e la moglie pazza erano opportunamente bruciati insieme, e l’aspirante bigamo storpiato e accecato dallo stesso fausto evento, di tornare amorevolmente da lui e sposarlo come se non fosse successo nulla di particolare.”
Chiara Briganti
“Il padre fuori gioco: fantasie di filiazione femminile in Ragione e Sentimento”
in Anche tu, figlia mia. Figlie e padri nelle letterature anglofone
QuattroVenti, Urbino, 1995, pagg. 65-82
“L’epilogo di Ragione e sentimento è palesemente problematico e affrettato. Si ha l’impressione che l’autrice di colpo voglia imporre una conclusione alla storia, risolverne le tensioni, raccogliere tutti i fili e chiudere i burattini nella scatola. Marianne, ci dice, ha imparato un nuovo linguaggio che le consentirà di sottoscrivere alle regole sociali della comunità. Eppure le parole con cui la Austen annuncia il matrimonio della ragazza con il colonnello Brandon tradiscono la formula del lieto fine svelando come esso mascheri le orditure della trama di rapporti familiari che cospirano contro Marianne: «Contro una simile coalizione … che cosa poteva fare Marianne?»”
Riccardo Capoferro
“Conoscenza e civiltà in Pride and Prejudice”
in: Novel. La genesi del romanzo moderno nell’Inghilterra del Settecento
Carocci editore, Roma, 2017, pagg. 195-199
“A giudicare dai suoi spin-off e le sue sorprendenti riscritture – in cui compaiono assassini, zombie, vampiri e persino alieni – Pride and Prejudice è uno dei romanzi più longevi di tutti i tempi. Questo dipende, in buona misura, dalla sua tecnica narrativa, che non ha perso smalto: dalla sua capacità di stimolare l’immersione nel mondo narrato attraverso il racconto di fatti che, sia pure con qualche eccezione, avvengono in un regime di esistenza vicino all’esperienza quotidiana. Cambiano, dunque, gli strumenti per generare sorprese, curiosità e suspense: non ci sono (quasi) più rapimenti, fughe, intrighi; ci sono, invece, ansie, aspirazioni e malintesi. Le innovazioni, inutile precisarlo, non si verificano nel vuoto: l’operazione di Austen sarebbe impensabile senza il retroterra del romanzo del Settecento.”
Alessio Ceccherelli ed Emiliano Ilardi
“Austenland. Il controllo dello spazio interiore”
in: Figure del controllo
Meltemi editore, Milano, 2021, pagg. 21-86
“Tutta la prima parte di Orgoglio e pregiudizio è basata sulla conversazione tra persone che non si conoscono o che hanno come oggetto degli sconosciuti. Il contesto sono feste e balli, unica occasione in cui, all’epoca, si poteva avere un contatto diretto con sconosciuti e con i mondi altri che essi rappresentavano. Per descrivere tali personaggi, Jane Austen non si serve della narrazione in terza persona ma del dialogo, della conversazione, il cui oggetto non è tanto il ruolo, il ceto, la professione o le azioni del personaggio ignoto. Ovviamente ci si informa subito della sua rendita, se è un uomo, o sulla sua potenziale dote, se è una donna; ma, sbrigati questi convenevoli, il tema della conversazione si sposta rapidamente sul carattere e sulle tonalità emotive. La personalità dell’altro sembra divenuta altrettanto importante della sua rendita o della sua posizione sociale. Prima non era affatto così: la personalità era disegnata dall’esterno, dai confini di ceto e di classe.”
Emilio Cecchi
“Miss Austen e Walter Scott”
in: I grandi romantici inglesi
2 voll., Adelphi, Milano, 1981, vol. secondo, pagg. 275-291
Prima edizione: 1915; ediz. rivista e accresciuta: 1961
“Contro i contemporanei, copiosi nella pseudo-passione e nel grido, Miss Austen ostenta freddezza razionale e rigore verbale. Opera non sull’amore ma sulle passioni intellettualistiche, non immediate: l’orgoglio, l’ambizione, la vanità. Nulla sentimento è tutto raziocinio. Non permette e non per pudore bigotto, sibbene per coerenza di stile, che i suoi personaggi fidanzati, amanti, si chiamino con nomi teneri e si carezzino; e porta la logica dei loro atti fino alla fissazione e al ticchio nervoso. Nel suo realismo non è nulla di corporeo e carnale; anzi il giuoco psicologico spolpato, come un guizzo di bielle e di leve. E con ciò si è inteso già che il paragone comune fra l’arte dell’Austen e la pittura di genere dei fiamminghi, non è nulla più d’un raffronto esterno e grossolano.”
Fabio Ciambella
Testo, danza e corpo nell’Ottocento inglese
Prefazione di Francesca Saggini
Aracne, 2013
Contiene due capitoli dedicati a Jane Austen:
– Capitolo I – La danza e la active courtship nei comic novels – 1.1. Pride and Prejudice – 1.2. Emma – 1.3. Norhanger Abbey
– Capitolo II – I serious novels e la danza – 2.1. Sense and Sensibility – 2.2. Mansfield Park 2.3. Persuasion
oltre a un brano dell’Introduzione (“Austen sul dance floor“)
Pietro Citati
“Gli incanti del cuore” e
“Le lettere della Austen”
in: Ritratti di donne
Rizzoli, Milano 1997, pagg. 226-241
Prima edizione: 1992
“Appena sfogliamo le lettere di Jane Austen, ci sembra di ascoltare una conversazione: avvenuta quasi due secoli fa, in piccoli paesi dell’Inghilterra del Sud, ma così chiara e nitida e luminosa, come se avvenisse in questo momento nella stanza accanto alla nostra, tra due ragazze che si sono appena lasciate. Non c’è mai quell’impercettibile vetro, con cui la carta allontana e raffredda il corso delle parole.”
Pietro Citati
“Le lettere della Austen” e
“Jane Austen romanziere”
in: Il male assoluto
Adelphi, Milano 2013, pagg. 69-85
“Giunta al culmine, la Austen rivela di essere la prima e la più grande maestra del dialogo romanzesco. Aveva composto dialoghi serici e lievi: aveva ricamato concettose e squisite variazioni: aveva finto l’idiozia, la menzogna, l’esaltazione, l’esagerazione, l’esibizione, il vuoto; orchestrato un’orgia verbale che anticipa quella di Dickens – grandi sorsate di parole come grandi sorsate di vino, pungenti e rinfrescanti – dove il filo aristofanesco della conversazione si perde e si ritrova senza fine. In Sanditon tutti parlano: parla voluttuosamente Mr. Parker e parla Lady Denham, che detesta i medici e raccomanda il latte d’asina: parla Diana Parker, sommersa dalle sue instancabili malattie immaginarie, e Sir Edward Denham, che vuole diventare un tenebroso seduttore, e Arthur Parker, che fascia di burro la sua nevrosi. Queste parole si compiacciono di sè, giocano attorno a sè stesse, si commentano, non dicono quasi nulla, – grandiosi esercizi di voce, che la Austen orchestra con arte implacabile.”
Pietro Citati
“L’occhio di Jane sulla tazza di tè”
Corriere della Sera, 23 agosto 1983
on-line su JASIT
“Per un paradosso, che forse solo nella Austen si realizza così perfettamente, questa assoluta accettazione dell’esistenza coincide con un nichilismo egualmente assoluto: alla fine della rappresentazione, ricamata con gioia così comunicativa, resta solo un corteo d’ombre, che si gettano lentamente nel vuoto. Il suo occhio sta, inafferrabile, levato altissimo sopra il racconto, e insieme si china su ogni tazza di tè e ogni ricamo: la sua mente alterna freddezze geometriche e tenerezze profondissime: è robusta e squisitamente delicata: nessuna è più artificiosa di lei e nessuna ci lascia conoscere così il privilegio della completa naturalezza: è ironica e musicale: svela come il mondo non sia che vane superfici e ama soltanto le superfici: costruisce grandi architetture e confessa di lavorare soltanto su «un pezzettino di avorio largo due pollici», con un pennello che non potrebbe essere più sottile.”
Pietro Citati
“Un cappellino di velluto nero”
Repubblica, 21 maggio 1992
on-line su JASIT
“Qualsiasi cosa la Austen guardi, prende lo stesso rilievo: tutto è infinitamente importante, e tutto non ha alcuna importanza. Non esistono scale e gerarchie: così che ogni cosa si perde nella stessa, stupenda e terribile, monotonia. Ma, tranne in rari momenti di noia, non c’ è la minima traccia di indifferenza. Mentre la Austen guarda, una specie di lieve, continua eccitazione, una gentile euforia esce dal cuore e dagli occhi, corteggia e avvolge le cose, colma il mondo di suoni, di colori e di significati.Imbevuto dalla luce interiore, tutto la incanta, tutto le piace: anche se, per caso, fosse una lunga parete bianca, dove si riflette soltanto la contentezza tranquilla dell’anima.”
Pietro Citati
“E Jane Austen restituì la scrittura alle donne”
Corriere della Sera, 4 settembre 2011
on-line su JASIT
“La Austen possedeva un fortissimo senso della società: non meno robusto, vasto e incisivo di quello che aveva Balzac. Il suo giudizio sulle persone e le situazioni è persino più duro e feroce. La società rappresentata in Persuasione è vanitosa, presuntuosa, egoista, tronfia e sciocca. Per fortuna, possiamo aggiungere che è comica: ma è comica soltanto perché irreparabilmente e impenetrabilmente sciocca. Dagli sguardi acutissimi della brunetta non si salva niente. Oppure si salva tutto, perché persino le più pesanti e rozze cretinerie diventano, appena giungono tra le sue mani, lievi, inverosimili, aeree, persino poetiche. È il miracolo che nessun lettore della Austen riuscirà mai a spiegare.”
Pietro Citati
“Fanny o il trionfo della delicatezza”
Corriere della Sera, 9 maggio 2013
on-line su JASIT
“Come in ogni romanzo della Austen, un personaggio femminile si impossessa prepotentemente di lei: la Austen ne adotta il punto di vista e lo sguardo; e di questo sguardo e punto di vista (e del suo colore e della sua musica) imbeve le fondamenta e le apparenze del libro. Qualcuno potrebbe dire, con eccessivo rilievo, che Fanny Price è la proiezione della Austen. Quando appare sulla scena, Fanny è la parente povera adottata per compassione dai ricchi cugini Bertram: piccola, smunta, timida, offesa, esclusa, tremante, terrificata, mal vestita. Tutti, o quasi tutti, la trascurano, la umiliano e la disprezzano. Non fa che pensare alla famiglia abbandonata, e soprattutto all’amatissimo fratello William, lontano per anni, imbarcato su una nave da guerra. Tiene gli occhi bassi, e risponde con un filo di voce, quando non scoppia a piangere. Se mangia, non riesce a inghiottire due bocconi, che già le salgono le lacrime agli occhi. Il solo pensiero di un paio d’occhi fissato su di lei le sembra una cosa terribile. Vive di fantasie, ossessioni, immaginazioni, e nei primi tempi non riesce a cogliere e a giudicare giustamente la realtà e le persone che la circondano. Ogni giorno mette fine alla sua angoscia addormentandosi tra i singhiozzi.”
Paola Colaiacomo
“Jane Austen: nessuna speranza da Birmingham”
Studi inglesi, n. 3-4, 1976-1977, pagg. 151-174
“Da Sense and Sensibility a Emma, Jane Austen elabora e perfeziona una strategia narrativa che riduce progressivamente gli interventi d’autore, sottoponendo a disciplina anche quella forma, a volte impercettibile, di controllo che è l’ironia: fino al punto che si è potuto analizzare Emma senza tener conto di questo elemento. Diventa essenziale, allora, l’approfondimento delle possibilità offerte da una costruzione narrativa risultante dalla contrapposizione a specchio di più trame potenzialmente equivalenti e passibili di un pari grado di sviluppo, di modo che il romanzo, per così dire, parli da sé.”
William Deresiewicz
La vita secondo Jane Austen
Traduzione di Claudio Carcano
TEA, Milano, 2012
Titolo originale: A Jane Austen Education, 2011
Dal risvolto di copertina:
Questa è la commovente storia di un uomo che scopre Jane Austen, se ne innamora perdutamente e, grazie a lei, incontra la donna della sua vita. Storia di un’educazione sentimentale: percorso di crescita e di scoperta di sé e degli altri, attraverso le pagine dei sei romanzi austeniani; testimonianza dello straordinario potere della letteratura.”
Annalisa De Simone
Le amiche di Jane. Sopravvivere all’innamoramento con Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen
Marsilio, Venezia, 2019
“Nel mondo letterario di Jane Austen, alla base di un sentimento non c’è mai la veemenza. Non solo perché la passione è di per sé instabile, cocciuta e idealista, ma perché i suoi eccessi comportano sempre un disequilibrio. Fra i due amanti, ce n’è uno a cui toccherà la condizione di dipendenza. E cosa scatena l’angoscia più dell’impressione di essere oggetto nelle mani dell’altro? Strumento per il suo godimento volubile e capriccioso?
È questo ciò che accade a Marianne. Fra lei e Willoughby c’è chi è padrone della situazione, dei se e dei quando, e chi accetta – magari a propria insaputa – di essere in balia dell’altro, Eppure alla fine, in virtù del dolore e attraverso l’umiliazione subita i ruoli si invertono. Adesso tocca a Marianne vivere in una condizione di forza. E passo dopo passo imparerà a guardare le cose per ciò che realmente sono.
Le eroine di Jane Austen sono chiamate a una prova comune: conoscere se stesse e, soltanto in seguito, rendersi disponibili a conoscere l’altro.”
Ornella De Zordo
En travesti. Figurazioni del femminile nella narrativa inglese
Bulzoni Editore, Roma, 1999
Contiene cinque saggi dedicati a Jane Austen, apparsi in precedenza come prefazioni a edizioni austeniane:
- “Il conformismo trasgressivo di Jane Austen” (Tutti i romanzi, Newton Compton, Roma, 1997)
- “Northanger Abbey o l’illusione del romanzesco” (Northanger Abbey, Giunti, Firenze, 1994)
- “Il prezzo’ della virtù: la storia di Fanny Price e della sua perfezione” (Mansfield Park, Newton Compton, Roma, 1997)
- “Emma Woodhouse e l’ambiguo piacere della libertà” (Emma, Newton Compton, Roma, 1996)
- “Il linguaggio del desiderio: Jane Austen e la sua ultima eroina” (Persuasione, Newton Compton, Roma, 1997)
Paolo Dilonardo
Lettrici, gentiluomini e biblioteche. Il ‘romance’ della lettura in Jane Austen
Adriatica Editrice, Bari, 1994
“Opera di molte generazioni, la collezione di libri custodita a Pemberley continua vivere ed arricchirsi; e grazie alle cure dell’attuale proprietario diviene quasi un segno tangibile di una rassicurante continuità, o, perlomeno, della possibilità di ricucire in un luogo simbolico quanto un recintato giardino, individuo e tradizione, regole e libertà. Ma l’idilliaca condizione della biblioteca di Pemberley è un’eccezione nel mondo della Austen. Le altre si coprono di polvere, si restringono ad un solo libro, divengono teatro o luogo di rifugio e di rifiuto. Tra i loro scaffali continuano, tuttavia, ad aggirarsi le eroine, tutte eredi di Catherine [Morland] e tutte destinate a a trovare nel matrimonio l’esito che, pur lasciando intatte crepe sempre più evidenti tra immaginazione e vivere sociale, le situa al di qua della tragedia che, ad esempio, attende la passione libraria di Maggie Tulliver [la protagonista del Mulino sulla Floss di George Eliot]).”
Carlotta Farese
«It is so useful to have any thing of a model!». A Simple Story, Lovers’ Vows e i theatricals di Mansfield Park
in: Elizabeth Inchbald: scandalo e convenzione. Romanzo e teatro nell’Inghilterra della Reggenza, Aracne, Roma, 2012, pagg. 75-108
“Se Elizabeth Inchbald in Lovers’ Vows sceglie di confrontarsi con tematiche come il diritto delle donne di scegliersi il proprio marito, le responsabilità dei padri nei confronti dei figli e l’importanza del valore personale, piuttosto che della posizione sociale, anche Jane Austen decide di investigare gli stessi temi. Ma il dialogo che abbiamo appena letto consente di apprezzare anche un aspetto più specifico. Come spiega Paula Byrne, la scelta di Lovers’ Vows sarebbe infatti indice di un interesse di lunga data da parte di Austen per il tema del comportamento appropriato che una donna deve tenere durante il corteggiamento amoroso. Il prototipo di questo tipo di tematica è da ricercare in uno dei romanzi in assoluto più amati da Jane Austen: Sir Charles Grandison (1753) di Samuel Richardson, i cui primi tre volumi sono dedicati alle difficoltà dell’eroina che deve decidere se confessare o meno il proprio amore a Sir Charles. Come sappiamo, tale dichiarazione contravverrebbe alle regole della propriety, dal momento che la giovane non ha ancora ricevuto una dichiarazione formale da parte dell’uomo. Questo tema è rappresentato da Kotzebue/Inchbald in Lovers’ Vows ed è poi esplorato dalla stessa Austen in Mansfield Park nella relazione tra Fanny ed Edmund da una parte, e fra questi e Mary dall’altra, dove i due personaggi femminili incarnano l’alternativa fra propriety e trasgressiva articolazione del desiderio.”
Maria Rosa Fedele
“Dal romanzo al film. Le trasposizioni cinematografiche dei romanzi di Jane Austen”
Vita e pensiero, mensile di cultura dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, anno LXXXI, n. 9, settembre 1998, pagg. 617-29.
“Tali azioni, proposte dal film ma non ritrovabili nel romanzo, dimostrano come sia necessario apportare al testo letterario originale alcune variazioni con il fine di rispondere alle esigenze visive proprie del cinema: a livello del passaggio dal testo scritto alla sceneggiatura, infatti, occorre pensare e scrivere ‘visivamente’, ed eventualmente creare episodi che non solo facciano proseguire la trama nella direzione desiderata, ma che soprattutto possano rendere gli aspetti meno ‘tangibili’ dei personaggi e le altre caratteristiche del romanzo come lo stile dell’autore e il messaggio che egli vuone trasmettere attraverso la sua opera.”
Angelita Focaccia
“Orgoglio e pregiudizio: arte della conversazione e mondanità nei salotti di Jane Austen”
Il lettore di provincia, n. 1991, dicembre 1994, pagg. 81-86
“L’ampio repertorio di pettegolezzi e pregiudizi meschini, di equivoci e incomprensioni, di piccole malignità sussurrate appena, di invidie e gelosie che costituiscono la trama principale di Pride and Prejudice ripropone al lettore, come in un dettagliato microcosmo, alcuni caratteri singolari della società inglese ottocentesca, quella respectable society che mette al primo posto, in una ideale scala di valori, decorum, civility, politeness, gallantry, e formal manners. Ogni giornata raccontata si risolve completamente nella pianificazione o realizzazione di inviti a pranzo, feste da ballo e parties; ogni avvenimento quotidiano appare finalizzato, direttamente o no, agli incontri mondani, tra partite a carte e giochi di società che hanno come scopo precipuo, almeno per le ragazze nubili, l’esibizione di sé – contenuta, mai volgare, ligia a convenzioni tacitamente stabilite – e la ricerca di un marito.”
Edward Morgan Forster
Aspetti del romanzo
Traduzione di Corrado Pavolini
Garzanti, Milano, 2011, pagg. 81-85 (prima ediz. 1991)
Titolo originale: Aspects of the Novel, 1927
“Perché mai i personaggi di Jane Austen ci procurano un piacere leggermente nuovo tutte le volte che ricompaiono, diversamente dal piacere meccanicamente ripetuto che ci procura un personaggio di Dickens? Perché si combinano così bene nelle conversazioni e si inducono vicendevolmente, senza farsene scorgere, a rivelarsi, e non recitano mai? La risposta alla domanda può essere formulata in vari modi: che, diversamente da Dickens, lei era una vera artista, che non metteva mai in caricatura i suoi personaggi ecc. Ma la risposta più esatta è che i suoi personaggi, pur essendo minori, sono assai meglio organizzati di quelli di Dickens. Funzionano a tutto tondo e, anche se l’intreccio pretendesse da essi qualcosa di più, sarebbero sempre all’altezza della situazione.”
Paola Francesconi
“Soddisfazione senza sofferenza in Jane Austen”
in: Stili della sublimazione. Usi psicanalitici dell’arte, a cura di Maurizio Mazzotti, Franco Angeli Editore, Milano, 2001, pagg. 60-68
“La difficoltà femminile ad iscriversi nella funzione fallica prende nell’opera di J. Austen il tono dell’ironia, della sofferenza e della soddisfazione. Ho scelto di focalizzare il mio commento su due romanzi avvicinabili per come in essi la soddisfazione trionfi in modo indiscusso sulla sofferenza, ancorché l’ironia vi trovi differenti strumenti di affermazione. Orgoglio e pregiudizio e Persuasione raccontano le peripezie di una storia d’amore contrastata, più che da eventi esterni, da posizioni soggettive reattive all’ordine costituito, che regolava i rapporti tra i sessi secondo i dettami della società tardosettecentesca inglese: matrimoni economicamente vantaggiosi per le due parti, in cui il prestigio derivante dall’appartenenza a una classe sociale non venisse penalizzato dall’unione con individui di classe sociale inferiore. Tale è la via indicate alle protagoniste dei due romanzi per l’iscrizione nella funzione fallica, pena l’isolamento e la solitudine e, progressivamente, il ridicolo della condizione di «unmarried woman».”
Giuliana Gigli Ferreccio
La passione dell’ironia. Saggi su Jane Austen
Tirrenia, Torino, 1990
La quarta
Tra novel e romance, ironia e puntuale ricognizione del reale, questo saggio individua nella letteratura Austeniana un registro che sottilmente l’attraversa: quello della melanconia. Nel corso di tale esplorazione si vengono ridefinendo alcune modalità dell’esperienza estetica quando essa si esercita sui testi del romanzo ottocentesco. Esperienza che deve includere nel proprio farsi l’intero contesto in cui l’opera nasce ed in opposizione al quale essa si staglia nei suoi contorni. A tal fine risulta essenziale l’analisi del non detto in tutte le sfumature strategiche della reticenza testuale cui si collega quella richiesta continua d’interpretazione che il testo sempre indirizza al lettore potenziale. Emerge così una figura d’autrice più umbratile, più graffiante e al tempo stesso più universalmente umana di quanto i suoi mondi in miniatura non lascino a tutta prima supporre.
Cinzia Giorgio
Orgoglio senza pregiudizio. Le ragazze di Jane Austen
Opposto Edizioni, Roma, 2013
Sinossi
Come in un ricamo elaborato con estrema raffinatezza, l’autrice coglie il conflitto tra le esigenze morali della comunità e le convenienze sociali ed economiche. La Austen vive e scrive prima dello sconvolgimento della rivoluzione industriale, che muterà profondamente gli equilibri della società aumentando il divario tra ricchi e poveri. Questo breve saggio si propone di indagare su ciò che si nasconde dietro le pagine di tutti e sei i romanzi (conclusi) della Austen attraverso un punto di vista nuovo…
Roberta Grandi
Il corpo di Jane Austen. Incarnazioni letterarie e filmiche tra desiderio e repressione
editpress, Firenze, 2017
Abstract
Desiderio e repressione. Carta, pellicola e carne. Sono queste le linee direttrici lungo le quali si sviluppa questo studio. La critica ha spesso descritto le opere di Jane Austen (1775-1817) come testi in cui il corpo scompare, in cui la passione tace. Eppure gli appassionati austeniani sanno quanto questo sia lontano dalla propria esperienza di lettura. Questo volume rintraccia la presenza della corporeità e della passione nei romanzi di Austen (da Northanger Abbey a Persuasion), dimostrando come queste non siano realmente sottaciute, ma vengano trasformate divenendo di volta in volta sineddoche, metafora, focalizzazione, allusione. Popolarissimi a livello di adattamenti e riscritture (fino al “paradosso” rappresentato dal film Pride and Prejudice and Zombies, 2016), i romanzi austeniani vengono qui anche messi in relazione con le loro rese cinematografiche, che, come si dimostra, rendono visibile il tessuto retorico e stilistico utilizzato da Austen, mettendo in luce una sostanziale corrispondenza di tropi, tecniche e valori.
Maria Paola Guarducci
“Due scialli dall’India: echi d’oltremare in Jane Austen”
Quaderno del Dipartimento di Letture Comparate, 2-2006, Università degli Studi Roma Tre, pagg. 101-118
on-line: file PDF sul sito uniroma3.it
“… in queste pagine, mi propongo di rintracciare gli echi del nascente impero britannico nell’opera di Jane Austen; echi che formano un’immagine di per sé quasi impalpabile e a tratti contraddittoria la quale assume rilevanza, però, nell’interazione con altri temi topici dell’opera di Austen, come la questione femminile, il patriarcato e il concetto di home. È mia intenzione rinvenire i nessi esistenti tra le opere della scrittrice e un’idea di grandeur britannica che se da un lato produce ricchezza e prestigio per la nazione e il suo popolo, dall’altro genera scompensi e disarmonie essendo fondata su schiavismo, mercificazione, violenza, disuguaglianza.”
Constance Hill
Jane Austen: i luoghi e gli amici
Illustrazioni di Ellen G. Hill
Traduzione a cura di Silvia Ogier, Mara Barbuni, Gabriella Parisi, Giuseppe Ierolli
Introduzione di Silvia Ogier
Illustrazione di copertina di Petra Zari
Jo March, Città di Castello (PG), 2013
in collaborazione con JASIT, Jane Austen Society of Italy
Titolo originale: Jane Austen: Her Homes and Her Friends
La quarta
Nel 1901, le sorelle Constance ed Ellen Hill infilarono in valigia taccuini e matite, noleggiarono un calesse vecchio stile e partirono alla ricerca di “Austenland”, come chiamarono, in modo bizzarro e ingegnoso, il mondo di Jane Austen – quel luogo fisico (l’Inghilterra della sua vita e dei suoi romanzi) ma anche letterario (il microcosmo delle persone della sua vita ma anche dei suoi personaggi) e soprattutto metafisico (la fonte dei sentimenti generati nei suoi lettori) sul quale regna incontrastato e sempre rigoglioso il suo genio creativo, da oltre duecento anni.
Il pellegrinaggio di due ‘Janeites’ della primissima ora, “due di noi”, alla scoperta delle tracce terrene della vita quotidiana della grande scrittrice, dà così vita a un’originale biografia sotto forma di diario di viaggio, in cui le impressioni personali ed entusiaste della biografa-ammiratrice di fronte ai luoghi austeniani convivono con le informazioni raccolte dal vivo lungo l’itinerario e con le stesse vibranti parole di Jane Austen, tratte dai romanzi e dalle lettere, ma anche dalle testimonianze dei suoi familiari, così come le ha raccolte il nipote James Edward Austen-Leigh nel prezioso Memoir, la prima biografia mai pubblicata.
«Ora chiederemo ai nostri lettori, con l’immaginazione, di rimettere indietro le lancette del tempo a più di cento anni fa e di venire con noi alla presenza di Miss Austen» [dalla Prefazione].
Giuseppe Ierolli
In Inghilterra con Jane Austen
Giulio Perrone Editore, Roma, settembre 2022
La bandella di copertina:
Jane Austen racconta ciò che conosce: i luoghi e l’ambiente sociale che frequentava durante i suoi spostamenti dovuti a viaggi o cambi di residenza. A fare da sfondo ai suoi romanzi è l’Inghilterra del sud. Dallo Hampshire rurale dove nacque e trascorse i primi venticinque anni alla scintillante vita mondana di Bath, lasciata per tornare nella contea nativa, prima sul mare e poi nuovamente in campagna. Senza tralasciare le visite a parenti e amici durante le vacanze estive, il Kent con la fastosa residenza del fratello ricco, e la capitale, dove Jane mescolava con gioia esperienze editoriali, spettacoli e frequenti visite nei tanti negozi londinesi. Guardare da vicino i luoghi che la scrittrice ha vissuto, rintracciare il suo passaggio in luoghi ormai spariti o totalmente trasformati, diventa allora un modo per rileggere la sua opera con una diversa consapevolezza.
Giuseppe Ierolli attraverso le lettere, le opere e le testimonianze dell’epoca, ci accompagna in un viaggio letterario tra le pagine e la vita di una delle scrittrici più importanti di tutti i tempi.
Giuseppe Ierolli
Jane Austen si racconta
Utelibri, Genova, 2012
La quarta:
La vita di Jane Austen, ricostruita in gran parte attraverso le sue lettere.
In esse troviamo un ritratto della classe medio-alta di quel tempo e vivaci descrizioni degli stili di vita e delle persone che ha incontrato nel corso della sua esistenza.
Problemi di famiglia, eventi mondani, balli, flirt e giudizi tranchant e sarcastici su uomini e donne.
Jane Austen ci racconta tutto questo con una penna che non ha nulla da invidiare a quella dei suoi romanzi.
Eva Illouz
Perché l’amore fa soffrire
Traduzione di Giovanna Mancini
il Mulino, Bologna, 2013
Titolo originale: Why Love Hurts, 2012
“In particolare, farò riferimento all’opera di Jane Austen , che, com’è noto, affronta i temi del matrimonio, dell’amore e dello status sociale. Mi servirò di questi testi non tanto come documenti storici delle consuetudini in ambito sentimentale, ma come testimonianze culturali dei presupposti sui quali si strutturavano il Sé, la moralità e le relazioni interpersonali nell’Inghilterra della prima metà del XIX secolo. Pertanto non userò questi romanzi come prove della complessità storica delle pratiche matrimoniali allora in uso, né intendo evidenziare i molteplici aspetti degli intrecci narrativi e dei personaggi creati dalla Austen, come senza dubbio farebbe una lettura letteraria convenzionale delle sue opere. Il mio approccio “parziale” ignorerà la stratificata complessità dei suoi romanzi e si concentrerà sul sistema di presupposti culturali che strutturano le consuetudini sentimentali e matrimoniali borghesi ivi rappresentato. Com’è noto, Jane Austen criticava il dilagante opportunismo dei matrimoni combinati e caldeggiava un’idea di matrimonio basato sull’affetto, sul rispetto reciproco, sui sentimenti (pur riconoscendo le norme sociali dominanti). Tuttavia i suoi romanzi risultano interessanti proprio perché offrono una riflessione consapevole sul matrimonio regolamentato dall’appartenenza di classe e sulla scelta emotiva individuale, perchè realizzano una sorta di compromesso tra queste due posizioni, e perchè rappresentano un buon punto di partenza per capire il sistema culturale all’interno del quale erano organizzati i sentimenti amorosi nell’Inghilterra della prima metà del XIX secolo: ovvero i rituali, le regole sociali e le istituzioni che condizionavano l’esperienza e l’espressione di quei sentimenti.”
(Dal capitolo “Il carattere e l’ecologia morale della scelta sentimentale”, pagg. 44-45)
Loretta Innocenti
“La commedia degli equivoci: Emma di Jane Austen”
Textus: English Study in Italian, (6), 1991, pagg. 69-95
“È stato anche scritto che Emma è un romanzo di apprendistato, perché l’eroina impara (appunto come il lettore) attraverso i suoi errori a non voler forzare la realtà, a leggerla correttamente. Di fatto, Emma non impara molto e i suoi errori sono sempre lo stesso errore: fraintendere. I romanzi della Austen, capolavori di narrazione, sono delle ragnatele delicatissime e, a ben guardare, narrano molto poco: l’azione è quasi inesistente, il dialogo abbonda e gli eventi sono generalmente narrati senza interventi rilevanti di un narratore esterno, a parte certi commenti per lo più ironici, e visti invece attraverso la coscienza o lo sguardo dell’eroina.”
Loretta Innocenti
“Simulare e dissimulare. L’interpretazione dei segni in Mansfield Park”
in: Il corpo e la sensibilità morale. Letteratura e teatro nella Francia e nell’Inghilterra del XVIII secolo, a cura di Gianni Iotti e Maria Grazia Porcelli, I libri dell’Associazione Sigismondo Malatesta, Pacini editore, Pisa, 2011, pagg. 141-158
Abstract
Nel romanzo della Austen il corpo appare solo per piccolissimi indizi, in minimi gesti e attraverso misuratissime descrizioni. Rossori, tremori, lacrime compaiono a testimoniare, come nella narrativa precedente, la presenza di una naturale sensibilità e l’emergere di passioni, sentimenti ed emozioni
In una sorta di rispecchiamento, la narrazione inscrive il processo di osservazione e di lettura: i personaggi guardano gli altri agire, cercano di dare un senso alle loro parole e ai loro gesti, di capire le motivazioni e i sentimenti altrui, talvolta fraintendendo.
Oltre che tematizzare l’interpretazione, Mansfield Park rivela il suo modello costruttivo facendo esplicito riferimento al teatro. Il modello teatrale si estende sulla narrazione, anche oltre l’episodio della recita domestica a Mansfield Park, che occupa gran parte della narrazione nel primo volume: uno dei due casi qui analizzati, segnati dalla presenza del corpo.
In un romanzo nel quale le pulsioni amorose sono coperte, dissimulate dalla buona educazione nella vita sociale e appaiono solo in quelle reazioni che subito si cerca di tenere a freno, questi due casi, piccoli, ma estremamente evidenziati per la loro posizione e l’importanza nella trama del romanzo, sono due esempi di teatralizzazione, di esplicita ostensione del corpo.
Corpo significa due cose: da un lato comportamento sociale, azione sulla scena del mondo; dall’altro lato fisicità, passione, erotismo. E nel testo questi due sensi si collocano entro le due polarità del nascondere e del mentire, cioè della dissimulazione e della simulazione, la prima assegnata al comportamento sociale, la seconda legata al tema del teatro: due polarità cui sono attribuiti valori assiologici e morali opposti.
Dissimulare significa tenere a freno l’emozione, celarla dietro un comportamento socialmente accettabile e non mostrare agli altri la verità dei propri sentimenti. Tutto questo assume significato in quanto fondante la politeness e la sociability oggetto per tutto il ’700 di dibattiti filosofici e di rappresentazioni letterarie.
Al simulare invece è dato un valore negativo. Se la dissimulazione onesta delle buone maniere sociali nasconde le emozioni dietro l’apparenza del contrario, la simulazione teatrale è pericolosamente ambigua proprio perché non nasconde bensì mostra la verità rappresentando il simile.
Ma i modelli morali astratti, la virtù settecentesca di Pamela e ancor più dei romanzi popolari, sono qui messi in scacco dall’ironia del narratore, che rivela una realtà emozionale più complessa.
P. D. James
“Emma – Una detective story”
in: Il tempo dell’onestà, Mondadori, Milano, 2000
Traduzione di Annamaria Raffo
“[…] ma allora quali misteri si celano in Emma? Tutto ruota intorno ai rapporti fra i diversi personaggi. Abbiamo cosi la relazione segreta tra Frank Churchill e Jane Fairfax, l’amore nascosto di Mr Knightley per Emma e il crescente amore di Emma nei suoi confronti, l’errata valutazione da parte di Emma delle intenzioni matrimoniali di Mr Elton. Vi è poi un mistero minore, o forse un malinteso meno velato dall’autrice: i tentativi improvvidi da parte di Emma di trovare un marito per la protetta Harriet, che conducono la protagonista a convincersi, con orrore, che Knightley è innamorato di Harriet e intende sposarla davvero.
Tuttavia la verità centrale, astutamente dissimulata nel cuore del romanzo, rimane, ovviamente, la relazione tra Frank Churchill e Jane Fairfax. Condividiamo il vivo interesse di Highbury per l’arrivo, da lungo tempo atteso, del figlio di Mr Weston, e siamo forse d’accordo con Mr Knightley nel ritenere che il giovanotto sarebbe dovuto venire prima a rendere omaggio alla nuova moglie di suo padre, ovvero la povera Miss Taylor, come di certo direbbe Mr Woodhouse. Tuttavia è solo quando Jane Fairfax viene a stabilirsi a Highbury, presso la nonna e la zia, le signore Bates, che Frank Churchill riesce ad affrancarsi dall’èsigente matrigna facendo visita al padre. Avremmo dovuto notare l’indizio. Mr Weston conduce subito Frank da Emma, ma poco dopo padre e figlio si separano; Mr Weston deve recarsi al Crown Inn per certi affari e sbrigare tutta una serie di commissioni per conto di Mrs Weston. Frank non lo accompagna, e va invece a far visita a Mrs e Miss Bates. Sarebbe stato più logico che rimanesse con il padre o tornasse direttamente a casa, ma dalle Bates egli incontrerà Jane Fairfax, il vero motivo della sua venuta a Highbury. Frank adduce come pretesto il fatto che lui e Jane si erano conosciuti a Weymouth, ma ciò non basta a giustificare la rilevanza che Miss Fairfax viene ad assumere nella sua agenda. Anche perché l’incontro si protrae ben al di là del tempo generalmente riservato, in quel periodo dominato dalla formalità, a una normale visita di cortesia.”
Maria Jane Jewsbury
“Jane Austen”
The Athenaeum Journal of Literature, Science, and the Fine Arts, No. 200, 27 agosto 1831, sezione “Literary Women” (Donne nella letteratura), pagg. 553-54
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“La costruzione degli intrecci è semplice, ma lo sviluppo è intricato; i personaggi principali, quelli che il lettore è sicuro che si innamoreranno, si sposeranno e faranno degli errori, sono introdotti nel primo o nel secondo capitolo; le vicende coinvolgono in tutto una mezza dozzina di persone; non c’è nessun personaggio, scena o frase che sia ininfluente per l’argomento in questione; non c’è nessuna catastrofe, ritrovamento o sorpresa di ampia portata; né bambini o ricchezze sono persi o ritrovati per caso; non c’è nulla che sia al di fuori del normale corso dell’esistenza; il lettore fa colazione, pranza, passeggia e fa pettegolezzi con i diversi personaggi, fino a che in lui non ha luogo un processo di trasmutazione, e immagina con naturalezza di essere uno di loro.”
Julia Kavanagh
“Miss Austen” / “I sei romanzi di Miss Austen”
in English Women of Letters
Bernard Tauchnitz, Leipzig, 1862
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
“Le sue storie suscitano un interesse moderato, i suoi eroi ed eroine non sono del tipo che incanta i cuori o che affascina il giudizio; ma mai i caratteri sono stati descritti con una simile delicata varietà come nei suoi racconti; mai uomini e donne comuni sono stati rivestiti da tanta autenticità. Non si può dire che abbia creato o inventato; Jane Austen aveva un dono infinitamente più raro… sapeva vedere.”
Dara Kotnik
Jane Austen, ovvero genio e semplicità
Rusconi, Milano, 1996
Dal risvolto di copertina:
Mentre il quotidiano ci offre spettacoli di volgarità, la signorina di Chawton, turbata da ogni eccesso, ci mostra come vivere con garbo, con stile, con l’eleganza della discrezione, ascoltando con curiosità le voci del sentimento ma temperandone gli effetti con l’umorismo. Jane Austen è tornata di moda e il cinema si è recentemente innamorato dei suoi romanzi. Ma lei, come donna, è rimasta un mistero. Questo libro, con buona volontà, ha cercato di risolverlo.
George Henry Lewes
“I romanzi di Jane Austen”
Blackwood’s Edinburgh Magazine, No. DXXV, Vol. LXXXVI, luglio 1859, pagg. 99-113
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Invece di dirci come sono i personaggi, quali sentimenti provano, ce li presenta e ce lo fa rivelare da loro stessi. In questo forse non è mai stata superata, nemmeno dallo stesso Shakespeare. Se mai di esseri viventi si può dire che si sono trasferiti nelle pagine di un racconto, così come realmente vivono, parlano e provano sentimenti, ebbene, lo fanno in Orgoglio e pregiudizio, Emma e Mansfield Park. Che incomparabili teste vuote esibisce allo stupore e alle risate del lettore! Che donne sciocche e d’indole buona! Che uomini sommessamente egoisti! Che vivaci, amabili, oneste persone di ambo i sessi, che ciascuno sarebbe lieto di conoscere! “
Elsa Linguanti
“Ritratto di famiglia in Sense and Sensibility di Jane Austen”
in The complete consort, Saggi di anglistica in onore di Francesco Gozzi, a cura di Roberta Ferrari e Laura Giovannelli, Pisa University Press, 2005, pagg. 101-11.
“Quanta autonomia può l’individuo mantenere nel sociale senza perdere l’equilibrio? Non ci sono panacee perché la visione è totalmente laica e ogni equilibrio è questione di quotidiano esercizio, come mostra l’incessante autoanalisi di Elinor. Siamo entro l’ipotesi di un mondo razionale, ma c’è apertura di spazi che ammettono incongruità. […] Nel quadro di questo ‘mondo possibile’ con le sue incongruità, i paradossi, la fondamentale imperfezione, la vita non è una tragedia ma una commedia che nasce dall’incontro tra idealizzazioni e comportamenti”
Thomas Henry Lister
“Su Jane Austen” [recensione di Women as they are, di Catherine Gore]
The Edinburgh Review, July 1830, pagg. 448-450
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
“Il suo forte non era tanto nel descrivere avvenimenti, quanto nel delineare personaggi, e in questo si erge quasi solitaria. Possedeva la rara e difficile arte di far sì che il lettore acquisisca una conoscenza intima dei caratteri di coloro che descrive. Ci sembra di aver vissuto insieme a loro, eppure non utilizza descrizioni elaborate, o analisi metafisiche, o valutazioni contrapposte sulle loro qualità buone e cattive. Praticamente non fa nulla di più che farli agire e parlare, e così noi possiamo conoscerli in modo diretto.”
Grazia Livi
“Jane Austen. Stanza di passaggio”
in: Da una stanza all’altra
La Tartaruga edizioni, Milano, 2012, pagg. 51-78
Prima ediz.: 1984
“C’è, tuttavia, in Persuasione, qualcosa di nuovo. «Forse ti piacerà l’eroina», scrive la Austen a Fanny, la figlia maggiore di Edward, «dal momento che è quasi troppo buona per me.» È come se, per la prima volta, Jane avesse fatto cadere le stecche d’avorio che sorreggono il suo levigato edificio morale. L’edificio è là, ma le parole che lo compongono sono più morbide e avvolgono l’eroina in una rete più smussata e profonda. La verità è che Anne Elliot ama. Diversamente da Elizabeth che ha perspicacia, da Emma che ha carattere, da Catherine che ha un animo ingenuo, Anne ha l’acume del cuore.”
David Lodge
L’arte della narrativa
Traduzione di Mary Buckwell e Rosetta Palazzi
Bompiani, Milano, 2006 (su JA: pagg. 110-113)
Prima edizione: 1995
Titolo originale: The Art of Fiction, 1984
“Jane Austen era sospettosa, come lo era l’età augustea, nei riguardi dell’immaginazione romantica e ne fece la satira nella caratterizzazione di Marianne in Senno e sensibilità. «Non hanno tutti la tua passione per le foglio morte» commenta seccamente sua sorella Elinor facendo seguito alla rapsodia autunnale di Marianne: «Come mi sono deliziata, mentre camminavo, a vederle trascinate in vortici attorno a me dal vento! Quali sentimenti hanno ispirato le foglie, la stagione e l’aria insieme!».”
Agostino Lombardo
“Perfida Jane, scrittrice bambina”
L’Unità, 14 maggio 1994
on-line su JASIT
“È un universo in cui tutte le amicizie sono fittizie, i sentimenti sono ispirati alla letteratura, i matrimoni si fanno per convenienza, il denaro domina dappertutto, ci sono i balli cari anche alla futura Jane Austen, ma sono soltanto il terreno e lo strumento della maldicenza, la cattiveria femminile, l’intrigo, l’invidia; c’è l’amore, ma scompare rapidamente quanto appare; c’è la morte, ma la sua stessa frequenza le toglie ogni carattere sacro o almeno serio.”
Thomas Babington Macauley
“Su Jane Austen” [recensione di The Diary and Letters of Mme D’Arblay]
Edinburgh Review, Vol. LXXVI, October 1842 – January 1843, No. CLIV, pagg. 561-562
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
“Shakespeare non ha mai avuto un eguale, né un secondo. Ma tra gli scrittori che […] si sono avvicinati di più alla maniera del grande maestro, non abbiamo esitazioni nell’assegnare un posto a Jane Austen, una donna della quale l’Inghilterra va giustamente fiera. Ci ha donato una moltitudine di personaggi, tutti, in un certo senso, comuni, tutti come possiamo incontrarne ogni giorno. Eppure sono tutti perfettamente distinti l’uno dall’altro come se fossero i più stravaganti tra gli esseri umani.”
Stefania Mai
“Parola e sentimento (Jane Austen)”
in: La maschera e la visione. Jane Austen, Emily e Charlotte Brontë
Edizioni Tracce, Pescara, 2004, pagg. 150-201
“Non è il grido dell’io solitario quello che Jane, lo ripetiamo, ascolta e registra ma la conversazione ‘comune’ – ovvero collettiva – degli esseri sociali, quel prevedibile consorzio le cui ripetitive reazioni egoistiche permettono all’osservatore lucido di trarre su di esso conclusioni accurate e generali, quelle ‘verità universalmente riconosciute’ che Jane sottopone all’attenzione del lettore suo contemporaneo e che il lettore moderno può, se crede, a propria volta riconoscere”. (Dal capitolo “Personaggi disarmonici riuniti in una stanza”, pag. 55)
Federica Marchetti
A proposito di Jane Austen. Orgoglio e pregiudizio compie 200 anni
Edizioni Il Foglio, Piombino, 2013
La quarta:
A tutt’oggi nessuna scrittrice di epoca e nazionalità è osannata e celebrata come Jane Austen. Al suo pari, forse solo personaggi (e non persone realmente esistite) come Dracula, Sherlock Holmes, in minor misura Don Giovanni, Frankenstein, madame Bovary e pochi altri hanno lasciato dietro di sé una scia di cultori e fantasiosi prosecutori che ancora oggi ne narrano le rinnovate gesta.
Sulla vita di Jane Austen e sui suoi personaggi esiste una nutrita letteratura (soprattutto anglosassone) accompagnata da ancor più variegata filmografia che riproduce i suoi scritti e le sue vicende biografiche senza risparmiarci (alcuni) qualche volo di fantasia con episodi aggiunti e appositamente creati per cercare di non deludere l’attesa anche di coloro che conoscono a menadito ogni dettaglio raccontato (forse anche alla ricerca di uno scoop).
In quasi 42 anni di esistenza, Jane Austen ha viaggiato (sebbene solo nell’Hampshire e dintorni), ha vissuto intensamente i legami familiari e ha scritto (opere giovanili, i 6 celebri romanzi e due opere incompiute) e pubblicato (sotto pseudonimo). Non si è sposata. Nessun clamore o scandalo ha macchiato la sua immagine né in vita, né dopo la sua prematura morte. Eppure è una delle autrici più amate e soprattutto alcuni dei suoi personaggi sono diventati icone immortali.
Adalgisa Marrocco
Dite la vostra, Mr Darcy. Pubblico e privato in Jane Austen
Prefazione di Beatrice Battaglia
Rogas edizioni, Roma, 2019
“Parlando di meccanismo sociale, e considerando Pride and Prejudice, abbiamo visto come nel corso del romanzo Elizabeth e Darcy si facciano portatori dello scontro tra orgoglio e pregiudizio, ma anche del comune conflitto interiore tra passione e razionalità, esterno e interno, pubblico e privato. Austen, intitolando First Impressions la primissima versione del manoscritto, sceglieva un titolo emblematico: le “prime impressioni” dei protagonisti, infatti, finiscono per modificarsi nel corso del testo e per far coincidere col trionfo amoroso quello della ragione e dell’adattamento alla condizione intersoggettiva.
Elizabeth comprende la realtà e conforma il suo agire solo in funzione del rapporto con Darcy, e viceversa. Nel gioco di interazione Sé-Altro e individuo-società, i protagonisti si misurano reciprocamente per trovare forme di cooperazione più o meno riuscite. A partire dal momento in cui i personaggi principali vengono proiettati nell’orizzonte intersoggettivo, essi formulano ragionamenti pratici destinati a sfociare in uno schema di regole comportamentali.”
Francesco Marroni e Francesca D’Alfonso (a cura di)
Jane Austen. Silenzi, lacune, allusioni
Carabba, Lanciano, 2018
Contiene i seguenti saggi (parte in italiano e parte in inglese):
- Francesco Marroni, Mansfield Park, gerarchie del silenzio, gerarchie dell’amore
- Biancamaria Rizzardi, Pride and Prejudice e il gioco del silenzio: allusione e collusione
- Anna Enrichetta Soccio, Origliare e fraintendere: Pride and Prejudice e l’arte dell’interpretazione
- Francesca D’Alfonso, “An unnatural beginning”: Persuasion fra strategie del silenzio e ipotesi di revisione
- Stefano Bronzini, Bianco, nero e infinite sfumature di colori. Una nota su Pride and Prejudice
- Phillip Mallett, Arguing with Jane Austen: Austen’s Mansfield Park and Henry James’s The Europeans
- Renzo D’Agnillo, Education and Self-Knowledge: Pedagogical Relations in Mansfield Park
- Gloria Lauri-Lucente, Filming Silence and the Invisible: Jane Austen, Patricia Rozema and Mansfield Park
- Roberta Grandi, Silenzio e sentimento. Parole, immagini e censura nel romanzo di Jane Austen e in tre adattamenti
- Francesca Orestano, Pride and Prejudice alla rovescia: Longbourn di Jo Baker
- Tania Zulli, Strategie narrative dell’assenza, discorsi coloniali e prospettive transnazionali in Mansfield Revisited di Joan Aiken
Francesco Marroni (a cura di)
Dalla parte di Jane Austen
Edizioni Tracce, Pescara, 1994
Contiene i seguenti saggi e interventi (parte in italiano e parte in inglese):
- Francesco Marroni, Premessa
- Francesco Marroni, Sense and Sensibility e le forme della revisione
- Nick De Marco, Semantic Tangles and the Generation of Narrative Structure in Northanger Abbey
- Mirella Billi, Persuasion: From prudence to romance
- Marilena Saracino, Pride and Prejudice: le possibilità della deception
- Marco Francioni, Le verità di Mansfield Park
- Paola Partenza “As if wanting to read her thoughts”: Emma e le strutture dialogiche
- Clara Mucci, From Writing, “an easy step to silence”:Jane Austen and the politics of Northanger Abbey
Luciana Martinelli
“La letteratura al femminile [Jane Austen]”
in: Una stanza tutta per sé. Viaggio attraverso romanzi e poesie femminili dal XIX al XX secolo
Pendragon, Bologna, 2011, pagg. 47-54
“A proposito dell’opera dell’autrice, si è parlato di “romanzo di formazione”: la formazione della donna come ricerca delle modalità con cui essa può vivere nel mondo, come costruzione di un modello interiore e comportamentale che le assicuri spazio e dignità. Non c’è alcun dubbio pertanto che sia stata la Austen la prima donna che abbia saputo cogliere ed esprimere le sfumature del cuore femminile e le abbia tradotte nelle movenze raffinate, nel contrasto chiaroscurato, nell’icasticità di vicende dove il piacere si confonde con il divertimento, l’emozione con il giudizio, il gioco con una penetrazione straordinaria nei misteri della vita, e il messaggio sfuma nell’andamento brioso e leggero di un’aria mozartiana.”
Mauriel Mirak
“La conoscenza umana in Emma di Jane Austen”
Acme, Annali della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università statale di Milano, (26), 1973, 167-74.
“L’aspetto più interessante della narrativa di Jane Austen sta nel modo in cui il processo individuale di arrivo alla coscienza e all’autocoscienza viene delineato come parte di un processo sociale. La visione del mondo del protagonista viene formata dalla comunità in cui vive, così come il linguaggio sociale, che definisce i valori riconosciuti socialmente, invade e determina fino a un certo punto il linguaggio propriamente «Individuale». Le concezioni che il singolo ha del mondo sono, cioè, mediate dalla matrice sociale e rispecchiate nei romanzi su molteplici livelli – trama, linguaggio, teme. Per arrivare a formare nuove concezioni di sé e dei rapporti umani, l’individuo deve quindi leberarsi di quella rete di opinioni, pregiudizi e nozioni che inizialmente davano contenuto d una visione del mondo errata e parziale.”
Giorgio Montefoschi
“Jane Austen: la perfetta zia”
in: Quando leggere è un piacere
RCS editore, Milano, 2000, licenza mondolibri, pagg. 83-87
“Tuttavia l’argomento “vero”, il “tema della vita”, esiste. Ed è il matrimonio. Ruvidi pastori, avventurieri insolenti, taciturni cavalieri mettono a dura prova la costanza e la virtù di giovani donne che comunque sanno attendere; dividono coppie di sorelle, accendendo la passione, alimentando l’inganno. E molte vecchie signore “si impicciano” e danno consigli. Molte ragazzine sventate si mettono in mezzo, complicando enormemente il lieto fine. Rendite diminuiscono; patrimoni scompaiono; canoniche vengono cedute; altre famiglie si installano; nuove conoscenze aprono sipari su altre canoniche a dieci chilometri di distanza; ricchi umiliano i poveri; i poveri conservano la propria dignità: ogni gesto, ogni pensiero della vita quotidiana è volto al matrimonio.”
Emanuela Morelli
Il giardino inglese attraverso gli occhi di Jane Austen. Tra wilderness e shrubbery
Angelo Pontecorboli Editore, Firenze, 2018
Il volume propone gli esiti della ricerca condotta dall’autrice, attraverso una rilettura dell’opera di Jane Austen, “la più perfetta artista tra le donne”, dal punto di vista paesaggistico. Il fine è quello di comprendere, attraverso i sei romanzi austeniani, come venivano vissuti dalle persone i giardini delle grandi dimore inglesi, tra il XVIII e il XIX secolo, nel passaggio tra lo stile formale, di derivazione italiana e francese, e quello informale, tipico del giardino inglese.
Franco Moretti
Atlante del romanzo europeo 1800-1900
Einaudi, Torino, 1997
“Cominciamo con una carta di libri famosi […] che indica i luoghi dove iniziano e finiscono i romanzi di Jane Austen […] E un disegno emerge: fatto di esclusioni innanzitutto. […] solo l’Inghilterra: uno spazio ben più piccolo del Regno Unito […] È una Inghilterra più antica, questa, centrata sulla grande proprietà agricola: un’Inghilterra di tenute e parchi e country house è […] l’intreccio di Austen congiunge – fa ‘sposare’ – persone che appartengono a contee diverse. Cosa nuova, e significativa: perché suggerisce che Austen sta cercando di rappresentare quel che gli storici dell’Inghilterra moderna son soliti chiamare “National Mariane Market. [….] La trama spaziale di Austen suggerisce un’affinità egualmente stretta tra il romanzo e il fenomeno moderno dello stato-nazione: i suoi intrecci prendono infatti la dolorosa realtà dello sradicamento territoriale – a inizio romanzo, la casa di famiglia è di norma sul punto di esser perduta- e la riscrivono come un viaggio felice suscitato dal desiderio, e coronato dalla felicità. Prendono la gentry provinciale, locale, della famiglia Bennet, e ne fanno la naturale alleata dell’élite nazionale di Darcy e dei suoi pari. Prendono la strana, dura novità dello stato-nazione – e la trasformano in una spaziosa, elegante dimora.” (Dal cap. 1°: “Romanzo e stato nazione – pp. 15-20).
Vladimir Nabokov
“Jane Austen: Mansfield Park”
in: Lezioni di letteratura
Traduzione di Ettore Capriolo
Garzanti, Milano, 1992, pagg. 38-97
Titolo originale: Lectures on Literature, 1980
“Mansfield Park” è una fiaba, ma, in un certo senso, tutti i romanzi sono fiabe. A prima vista la forma e la materia di Jane Austen possono sembrare antiquate, ampollose, irreali. Ma è un’impressione alla quale soggiace il cattivo lettore. Il buon lettore sa che la ricerca di una vita reale, di persone reali, in un libro è un’operazione priva di significato; qui la realtà di una persona, di un oggetto o di una circostanza dipende esclusivamente dal mondo di quel particolare libro. Un autore originale inventa sempre un mondo originale, e se un personaggio o un’azione s’inseriscono nella struttura di quel mondo, subiamo il piacevole trauma della verità artistica, per quanto improbabili siano la persona e l’azione se trasferite in quella che i recensori, poveri scribacchini, chiamano «vita reale». Non esiste vita reale per lo scrittore di genio: deve essere lui a crearla e a crearne poi le conseguenze. Il fascino di Mansfield Park si può apprezzare pienamente solo quando ne accettiamo le convenzioni, le regole, l’incantevole simulazione. Mansfield Park non è mai esistito, e i suoi abitanti non sono mai vissuti.”
Luigi Nacciarone
Jane Austen: saggio critico
Intercontinentalia, Napoli, 1965
Da: “La Tecnica” di Persuasione
“Taluni personaggi secondari hanno contorni sbiaditi, anzi sono, vorremmo dire, impalpabili: così ad esempio Mrs. Clay ed Henrietta. D’altro canto, vi sono delle felici creazioni: Sir Walter, l’intramontabile galante che a Bath conta il numero delle donne belle che incontra per via, con le sue innocue manie di nobiluccio di provincia, Mary con i suoi patetici isterismi, l’ineffabile Capitano Benwick all’inconfessata ricerca di chi lo consoli delle sue manie vedovili ed infine, e sopra tutti, Anne, splendido ed armonico personaggio nella sua umiltà, nella sua dolcezza, nella tenacia del suo amore.”
Patrizia Bellman Nerozzi
Jane Austen
Adriatica, Bari, 1973
“… ma i personaggi si muovono tra la finzione e la realtà in un gioco sottile di sfumature impercettibili tra ciò che è e ciò che pare, costruendo la loro caricatura e affettando le loro follie, e la scrittrice sembra a conclusione della sua vita voler lasciare agli uomini il suo testamento di artista: il mondo è tutto un teatro, la vita è una rappresentazione breve e la ‘personalità’ una maschera assunta, a tratti gettata, ma sempre frettolosamente ripresa, una scelta e il ruolo di un attimo.” (Dal cap X: Sanditon)
Margaret Oliphant
“Miss Austen e Miss Mitford”
Blackwood’s Edinburgh Magazine, No. DCLIII, Vol. CVII, March 1870, pagg. 290-313
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
“Miss Austen non si sorprende, non si offende, men che meno inorridisce o s’indigna, se i suoi personaggi rivelano un carattere volgare o meschino, se rendono evidente come siano egoisti e presuntuosi, o anche quando si lasciano andare a quelle crudeltà sociali di cui si rendono colpevoli così spesso gli egoisti e gli sciocchi, non senza volerlo, ma senza la capacità di rendersi conto del dolore che stanno infliggendo. Lei sta a guardare, si concede un sommesso mezzo sorriso, e racconta la storia con uno squisito senso del ridicolo, e con uno sferzante disprezzo, sia pure espresso sottovoce, per gli attori della vicenda. Simpatizza con chi soffre, ma non si può dire che sia davvero dispiaciuta per loro; li coinvolge inconsapevolmente nella sua percezione del sottinteso divertimento della scena, insieme a un sottile disdegno circa la possibilità che la meschinità, la follia e la stupidità possano davvero ferire una creatura razionale.”
Ofelia Ott
Jane Austen. Una scrittrice anticonformista e ribelle nella vita e nelle sue opere
Traduzione di Carlamaria Colombo
RBA Italia, Milano, 2019
Titolo originale: Grandes mujeres, 2012
La quarta
Jane Austen nacque in un mondo in cui il più grande successo che una donna potesse ottenere era di conseguire un matrimonio vantaggioso. Jane, tuttavia, cercava qualcosa di più. Il suo anticonformismo e la sua determinazione la portarono a ignorare le norme del suo tempo, che la costringevano come un corsetto, e a cercare nuovi modi di essere libera attraverso la sua arma principale, la scrittura. Nei suoi romanzi creò eroine capaci di sfidare, con ironia e intelligenza, le convenzioni dell’epoca e di aprire le porte a un nuovo futuro per le donne.
Paola Partenza (a cura di)
Alchimie austeniane. Donne fortuna e altre storie in Pride and Prejudice di Jane Austen
ombre corte, Verona, 2015
Prima ediz.: Longo, 1993
Contiene i seguenti saggi:
- Paola Partenza, Introduzione: Alchimie narrative in Pride and Prejudice di Jane Austen
- Marcella Romeo, Silenzi e parole. L’esercizio dell’autoaffermazione femminile in Orgoglio e pregiudizio
- Paola Partenza, “Good Fortune, Tolerable Fortune, Independent Fortune…”. La costruzione della fortuna in Pride and Prejudice
- Emanuela Ettorre, “What are men to rocks and mountains?”: forme e visioni del paesaggio in Pride and Prejudice di Jane Austen
- Marilena Saracino, Pride and Prejudice di Jane Austen: la struttura del testo e le modalità della lettura
- Maddalena Pennacchi Punzi, Lettrici di Pride and Prejudice sulla pagina e lo schermo
- Miriam Sette, Echi della Rivoluzione francese in Pride and Prejudice di Jane Austen
- Persida Lazarević Di Giacomo, Il contesto dell’Illuminismo scozzese (et data spectantia Slavorum meridionalium)
Paola Partenza
“Sense and Sensibility un relief: armonia di un ordine”
in: Sguardo e narrazione. Quattro esempi di scrittura femminile
Carocci, Roma, 2008, pagg. 77-102
“Il tentativo austeniano di segnare le differenze fra i personaggi ha lo scopo di esaltarne l’autonomia. Proprio quest’ultima qualità viene infatti posta al centro dell’azione esitando in una rinnovata vis attanziale. Austen non opera, quindi, una autoriale forma di discriminazione, né di arbitraria ripartizione per stabilire chi è più o meno coerente con la sua idea di personalità ‘riflessiva’, piuttosto intende offrire esempi ‘vivi’ di quel complesso processo che porta alla costruzione del sé e non alla sua mera esibizione.”
Paola Partenza
“Una lettura plurisotopica di Mansfield Park“
Merope, Anno, VI, n. 12, Maggio 1994, pagg. 45-61
“Mansfield Park, pubblicato nel 1814, è il romanzo austeniano che più radicalmente mette in discussione la tecnica narrativa: per la sua concezione del personaggio e dell’obiettività dei fatti, per la mancanza di linearità del tempo narrativo e l’inversione del rapporto causa-effetto che governa l’intreccio. Già sperimentato nello spazio pur breve e contratto degli altri romanzi, la poetica della centralità del soggetto, trova qui la sua più coerente applicazione. Se tale poetica equivale a un atteggiamento conoscitivo che vuole riflettere e interpretare sulla scissione della realtà in due verità apposte, Fanny Price è certo la prima vittima di un tale atteggiamento.”
Anna Paschetto
No lei disse no non voglio. La trama della commedia romantica nel romanzo inglese
Marcos y Marcos, Milano, 2001 (prima edizione 1990, con il titolo: No lei disse no non voglio. No – Il mito erotico femminile)
Ogni genere letterario va giudicato dai suoi risultati più alti e non per i sottoprodotti cui dà luogo. Il romanzo rosa, che ha origini lontane nelle favole Amore e Psiche e Cenerentola e in quelle del ciclo dello sposo animale, e ha trovato nel Novecento diffusione e fortuna a livello popolare nelle commedie del cinema hollywoodiano e nella sottoletteratura di consumo, assurge al capolavoro in tre esempi di letteratura alta che, tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, costituiscono una parte fondamentale della tradizione narrativa inglese.
Nell’analisi di Pamela, Pride and Prejudice e Jane Eyre, Anna Paschetto individua i principi strutturali della trama rosa, che si situa nella tipologia della commedia in una prospettiva peculiare, atta a soddisfare un’esigenza ideologica e psicologica propriamente femminile. In questo senso, la trama rosa si fa mito ricorrente che riproduce ai più diversi livelli di complessità di banalità un modello inventivo dove la donna, attraverso la decisa negazione della femminilità come natura indiscriminata, impone all’uomo il proprio modello di erotismo e la propria individualità come persona.
Questo saggio dimostra come l’eroina rosa non è masochista, né accetta come ineluttabile un destino matrimoniale che anzi rifiuta, finché l’uomo non ha compiuto un processo di riconsiderazione della natura del rapporto amoroso che lo renda adatto a costituire la metà di quell’essere utopico che è la coppia. Per questo il romanzo rosa resta un mito femminile che le donne amano raccontarsi ma che ha pochi punti in contatto con la realtà.
Maddalena Pennacchia
“Romanzo, adattamento filmico, remake: il caso di Pride and Prejudice“
Quaderno del Dipartimento di Letture Comparate, 4-2008, Università degli Studi Roma Tre, pagg. 33-43
“Per Pride and Prejudice, dunque, più che ad una successione “lineare” di romanzo/film/remake ci si trova in presenza di una “serie” – ovvero di un numero superiore a due – di adattamenti conclamati e per giunta per mezzi di comunicazione di tipo diverso (cinema, televisione) e da parte di case di produzione di nazionalità differente (USA e GB).
In questa serialità, ogni qual volta si ripeta la storia di Elizabeth e Darcy (enunciato letterario) nel linguaggio dello schermo, grande o piccolo che sia, si torna al romanzo in quanto matrice (enunciazione letteraria), e al contempo si creano interferenze di memoria rispetto agli adattamenti precedenti (enunciazioni ripetenti cinematografiche).”
Maddalena Pennacchia
“Biografia e adattamento filmico, con un caso esemplare: Jane Austen”
Quaderno del Dipartimento di Letture Comparate, 5-2009, Università degli Studi Roma Tre, pagg. 44-53
“Becoming Jane per la regia di Julian Jarrold esce nel 2007 prodotto da Ecosse Films e Blueprint Pictures, con il finanziamento della Irish Film Board,tutto girato in Irlanda (una novità significativa nella storia delle locations austeniane) con due attori dello star system hollywoodiano, la statunitense Anne Hathaway e lo scozzese James McAvoy. Il film deve il titolo alla biografia dell’australiano Jon Spence, pubblicata nel 2003, Becoming Jane Austen, oggetto di critiche da parte degli accademici,ma molto apprezzata dal pubblico dei lettori. La biografia di Spence, infatti, specula forse troppo liberamente sul ruolo che due figure estranee al rassicurante circolo di Steventon avrebbero avuto nella prima fase della vita di Jane: l’“irlandese” Tom Lefroy e l’“esotica” Eliza Hanckock, soffermandosi in particolare sul primo.
[…]
Ben diverso mi sembra l’atteggiamento della critica nei confronti della sceneggiatura di Miss Austen Regrets del 2008, un film perla televisione prodotto dalla BBC, diretto da Jeremy Lovering, con un cast di pluripremiati attori drammatici inglesi quali Olivia Williams e Hugh Bonneville. Con il suo script, infatti, Gwyneth Hughes ha persino vinto il premio della Writer’s Guild of Great Britain di quell’anno. Ma, d’altra parte, è tipico del mezzo televisivo dare alla sceneggiatura, ovvero alla parte scritta dell’adattamento filmico, un valore addirittura superiore alla regia.”
Maddalena Pennacchia Punzi
Adattamento, appropriazione, condivisione di un classico. Pride and Prejudice di Jane Austen
Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 2018
Cos’è un classico della letteratura? Cosa accade quando un classico nato in una cultura letteraria cartacea entra in quella digitale? Quale relazione si instaura fra il classico e le sue declinazioni nei media per i quali non era originariamente nato: il cinema, la televisione, internet? Da queste ed altre domande prende le mosse l’indagine condotta in questo volume. […] Avvalendosi del caso esemplare di Pride and Prejudice di Jane Austen, un romanzo che è entrato nel canone della letteratura inglese fin da quando quest’ultima si è costituita come disciplina, il presente studio analizza le molteplici forme di adattamento, appropriazione e condivisione del classico austeniano che ne hanno confermato, se non addirittura consolidato, lo status canonico anche nella cultura profondamente trasformativa dell’epoca digitale.
Sergio Perosa
“L’avorio di Jane Austen”
in: Le isole Aran. Figure letterarie inglesi, Marsilio Editori, Venezia, 1987, pagg. 85-88.
“I suoi romanzi, come ha visto Ian Watt, combinano la presentazione minuta della vita comntemporanea con l’atteggiamento di distacco e obiettività voluto dal realismo; giustappongono ironicamente motivazioni e situazioni, ma si calano anche nel vivo della coscienza dei personaggi; scivolano nei meandri psicologici nel mentre delineano con freddo rigore il gioco dei rapporti. Mescolano il senso sociale e il senso dell’individuo, l’eleganza del tratto al sicuro giudizio di valore. Non sono più mera storia dell’eroe: presentano il personaggio in un rapporto ferreamente organizzato (e delimitato) con gli altri. In lei è già presente il senso del personaggio come funzione di un rapporto, e della narrativa come sistema di funzioni. Guardando avanti, d’altro canto, la Austen è anche punto nodale dello sviluppo storico del romanzo, sia perché crea o almeno rende perfetto il romanzo di costume, il novel of manners, sia perché si pone già come primo romanziere psicologico: precursore, nemmeno tanto alla lontana, di Henry James.”
Giovanna Pezzuoli
Alla ricerca di Mr Darcy
iacobellieditore, 2017
La quarta:
Quale donna non vorrebbe incontrare (e magari sposare) Mr Darcy? Un uomo bello e ricco, maschio e nobilissimo d’animo? Il personaggio inventato da Jane Austen ha attraversato il tempo senza che la sua immagine di perfetta proiezione dei desideri femminili venisse scalfita dalle centinaia di rifacimenti letterari e cinematografici, televisivi, teatrali e a fumetti. Certo, nell’Ottocento ha dovuto vedersela con l’imperfetto Rochester, l’eroe romantico di Charlotte Brontë, prototipo delle narrazioni alla “Io ti salverò”, ma dalla seconda metà del Novecento è lui, Darcy, a regnare incontrastato nelle fantasie femminili, anche quelle ormai contaminate dall’hard core. Perché, in fondo, è un duro con il cuore tenero, uno che sa ascoltare e capire, rispettando l’autonomia e l’intelligenza della sua compagna. Ed è un solido appiglio per ciò che rimane di una eterosessualità sempre più incerta. Giovanna Pezzuoli ce lo racconta attraverso film e seire Tv che hanno riscritto e reinterpretato Orgoglio e pregiudizio.
William Frederick Pollock
“Su Jane Austen” [Romanzieri britannici Richardson, Miss Austen, Scott]
Fraser’s Magazine, January 1860, LXI, pagg. 20-38
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
“Tutti i romanzieri successivi sono infinitamente debitori di Miss Austen. Lei ha aperto la strada al ritorno alla natura; ha descritto di nuovo gli individui invece delle classi o delle nazionalità; ha rivitalizzato e fatto emergere l’inesauribile ricchezza per i narratori delle miniere che giacciono ovunque sotto la superficie della vita di tutti i giorni. Nessuno, tuttavia, le ha manipolate come lei. L’alluminio è dappertutto nell’argilla dei nostri campi e nei normali mattoni delle nostre case. È uno degli elementi più abbondantemente presenti sulla terra. Un’abbondanza che però non aumenta affatto la facilità di procurarselo; solo un chimico molto abile è capace di estrarre quel ritroso metallo per farcelo usare.”
Maria Pia Pozzato
“Jane Austen: come non si scrive un romanzo rosa”
in: Il romanzo rosa, L’Espresso, 1982, pagg. 109-118
“Una signorina non molto forte in letteratura inglese e appassionata lettrice di romanzi rosa non esiterebbe a comperare Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen, dopo averne letto il retro di copertina dell’edizione economica Garzanti: «Pettegolezzi incontri ricevimenti e balli, amare incomprensioni e dolci passeggiate nel più classico racconto di vita provinciale inglese.» Più difficile è prevedere quanto la soddisferebbe la lettura di questo capolavoro che di fatto tratta argomenti simili a quelli di un romanzo sentimentale: matrimoni, pettegolezzi, amicizie e tutta la serie di rapporti che si instaurano in una cerchia molto ristretta di persone e di famiglie.”
Mario Praz
“Persistenza del razionalismo”
in: Storia della letteratura inglese
Sansoni, Firenze, 1946, pagg. 251-252
“Si può tuttavia affermare che, se Jane Austen non descrisse baci d’amore, non lo fece per puritanismo; lo fece per desiderio di verità che nukka essa ci descrive che non abbia conosciuto e verificato. Ma c’è un punto su cui questa distaccata e imparziale osservatrice della vita abbandona il riserbo, e si confessa sensibile. Il punto debole di Jane Austen è il ballo.”
Mario Praz
“Persistenza del razionalismo. Jane Austen, George Crabbe”
in: La letteratura inglese dai romantici al Novecento
Edizioni Accademia, Milano, 1989, pagg. 17-22
È il saggio precedente arricchito di ulteriori considerazioni.
“Nella sua commedia d’ambiente borghese e aristocratico provinciale, la Austen è grande, come il più gran romanziere che abbia mai dato fondo a cielo e terra; a quel modo che Vermeer (coi pittori olandesi ella ha più d’un tratto affine) non è men grande di Rembrandt. Il paragone con Vermeer non deve però trarre in inganno: l’approfondimento della Austen non è nel senso nell’intimismo.”
Alessandra Quattrocchi
La strategia del silenzio. Le ultime eroine di Jane Austen
iacobellieditore, Roma, 2018
Per celebrare il bicentenario della prima pubblicazione postuma dell’ultimo capolavoro di Jane Austen, Persuasione (1818), Alessandra Quattrocchi ci invita a mettere per un attimo da parte la brillante Elizabeth Bennet di Orgoglio e pregiudizio per concentrarci invece sulle “eroine silenziose” degli ultimi tre romanzi: la riservata Jane Fairfax di Emma, la taciturna Fanny Price di Mansfield Park e la contegnosa Anne Elliot di Persuasione. Sono giovani donne segnate dalla solitudine, dalla fragilità economica e sociale, dalla vulnerabilità della loro condizione di orfane senza guida né affetti che potrebbe facilmente condurle verso la catastrofe dello zitellaggio e di conseguenza all’invisibilità, all’insignificanza sociale e alla povertà. E anche il lieto fine, quel matrimonio risolutore che conclude i tre romanzi, appare qui più come una strategia di sopravvivenza che come coronamento di una vicenda romantica. Riserbo, compostezza, cautela sono le cifre prevalenti di queste eroine, che tuttavia non sono delle Cenerentole: non saranno dei Principi a salvarle, si salveranno da sole.
Liliana Rampello
Sei romanzi perfetti. Su Jane Austen
il Saggiatore, Milano, 2014
“A cavallo fra due secoli, sotto l’urto di forti cambiamenti economici, politici, sociali, la Guerra, la Marina, l’Impero, le Colonie, la Schiavitù, la Francia di Napoleone e Waterloo, l’imminente salita al trono della regina Vittoria, lei, Jane Austen, imperturbabile, scrive l’essenziale, scorticando la realtà per mostrarla al di sotto di tutti i suoi irreali camuffamenti. Punta diretta a un mondo romanzesco «radicalmente linguistico», in cui tutta la realtà «è “codificata” in un idioma preciso e caratterizzato»; i suoi romanzi, ci dice George Steiner cogliendo bene il punto, sono «quasi estranei alla storia, e tuttavia l’incidenza in essi del tempo e del luogo si afferma splendidamente». Un’impresa non da poco, realizzata con grande calma e soprattutto sorridendo: che maestria!”
Liliana Rampello
“La divina Jane Austen”
in: Romanzi e altri scritti
Mondadori, Milano, 2022, pagg. IX-CXXIX
“La letteratura è dono divino, spazio del meraviglioso. Un firmamento costellato di astri più o meno luminosi, ed è in questa volta celeste che ormai da due secoli brilla la stella di Jane Austen, non sempre con la stessa intensità, ma con invariata presenza.
Un astro nato da una passione allegra e intelligente, witty, che si sprigiona pagina dopo pagina da tutti i suoi romanzi e ci interroga su un segreto tutto da decifrare: come ha fatto questa signorina, vissuta in un piccolo rettorato inglese, con esperienza limitata del mondo, a immaginare sei racconti in apparenza molto simili, che sono stati e sono ancora letti da milioni di persone, tanto da attraversare un lungo tempo storico – dal 1700 a oggi – e da percorrere una vasta geografia, finendo praticamente ai quattro angoli della terra? Come è riuscita a mettere tutti d’accordo, quantomeno sulla capacità compositiva, sull’equilibrio delle sue trame, sulla perfezione del suo stile, spesso paragonato dai critici, per leggerezza e complessità, a quello di Mozart, suo contemporaneo?”
Silvano Sabbadini
“L’avorio ideologico di J. Austen”
Paragone Letteratura, Anno XXV, numero 294, agosto 1974, pagg. 90-112
“Ci si sposa molto nei romanzi di J. Austen. Per amore, per denaro, per ripicca; protagonisti e personaggi di secondo piano: quattro matrimoni in Pride and Prejudice, tre in Sense and Sensibility, uno in Northanger Abbey, tre in Mansfield Park, quattro in Emma, uno in Persuasion, e probabilmente altri, che ci sono sfuggiti in questo computo invero complicato. È difficile che un personaggio esca da un romanzo di J. Austen senza essersi accasato. E, per di più, non si tratta di matrimoni di sfondo, secondari allo svolgimento della trama, che, per così dire, ‘accadono’ all’interno di altre sequenze di fatti, ma sono, invece, matrimoni che costituiscono il nodo narrativo centrale dei singoli romanzi.”
Diego Saglia
Leggere Austen
Carocci Editore, Roma, 2015
“Altrettanto cruciale nello stile austeniano, come si è già osservato altrove, è la componente della voce narrante, che risalta per flessibilità e duttilità, perché all’interno dello stesso romanzo può esprimere punti di vista distinti e mutevoli e dunque svolgere le funzioni più diverse. Essa, infatti, nel fare da filtro ai sentimenti e al discorso interiore dell’eroina, oscilla fra la trasparenza e l’affidabilità da una parte, e il distanziamento ironico dall’altra, portando chi legge talvolta a sottoscrivere e talaltra a diffidare delle sue osservazioni. Nei romanzi della Austen è indubbiamente fondamentale l’utilizzo della objective narrative, della narrazione obiettiva in terza persona, che rappresenta gli eventi in modo neutro, senza la mediazione della soggettività del narratore o dei personaggi. Tuttavia, l’autrice tende anche a mettere in discussione il contrasto netto, proprio del romanzo settecentesco, fra la narrazione in terza persona, razionale e affidabile, a quella in prima persona, più immediata e soggettiva, e nei suoi romanzi presenta entrambi i modi come credibili.”
Diego Saglia
I mondi di Jane Austen
Carocci Editore, Roma, 2024
Il libro traccia i confini del mondo, ovvero dei mondi, di Jane Austen, esplorando la realtà conosciuta e rappresentata dalla romanziera e identificando piste e tracce utili a ripercorrerla. I diversi capitoli propongono approfondimenti sul contesto storico, le istituzioni, gli orizzonti internazionali e globali, la sfera locale, le prassi religiose, l’idea di identità nazionale, le città e le campagne, i modi di spostarsi e viaggiare, gli uomini e le donne nel loro ambiente sociale, il denaro, gli svaghi e la cultura, e infine il campo letterario ed editoriale. Una conoscenza più puntuale di questi ambiti non solo aiuta a comprendere meglio la realtà evocata dall’autrice, ma anche ad affinare una capacità di lettura, come Austen stessa ci richiede, attenta ai dettagli, anche impercettibili, di cui sono costellate le sue narrazioni e le lettere. Nell’indagare il binomio Austen/mondo, il volume suggerisce nuove vie per scoprire e riscoprire una figura e un universo narrativo fortemente radicati nel loro tempo e, contemporaneamente, sempre attuali.
Edward W. Said
“Jane Austen e l’impero”
in: Cultura e imperialismo
Traduzione di Stefano Chiarini e Anna Tagliavini
Gamberetti Editrice, Roma, 1998, pagg. 105-122
Titolo originale: Culture and Imperialism, 1993
“Sarebbe sciocco aspettarsi che Jane Austen tratti la questione della schiavitù con la stessa passione di un abolizionista o di uno schiavo appena liberato. Eppure, quella che ho definito ‘la retorica del biasimo’ alla quale così spesso fanno ricorso voci subalterne, minoritarie o svantaggiate, si scaglia retrospettivamente contro di lei e contro altri autori come lei, accusandoli di essere stati bianchi, privilegiati, insensibili, complici. È vero, Jane Austen apparteneva a una società che praticava la schiavitù, ma dobbiamo per questo gettare a mare i suoi romanzi quasi fossero dei frivoli esercizi estetici? Direi proprio di no, se prendiamo seriamente la nostra vocazione di intellettuali e interpreti a stabilire dei collegamenti, a esaminare, in modo approfondito e concreto, il maggior numero di testimonianza possibili, a leggere nei testi qual che è scritto e quel che non è scritto e, soprattutto, a ricercare complementarietà e interdipendenza invece di un’esperienza isolata, venerata o formalizzata, che esclude e proibisce qualsiasi intrusione ‘ibridante’ della storia umana.
Mansfield Park è un romanzo assai ricco per il fatto che la sua complessità estetica e intellettuale richiede un’analisi approfondita e accurata, come impone del resto anche la sua problematicità geografica: un romanzo ambientato in un’Inghilterra che fa affidamento, per il mantenimento del suo stile di vita, su un’isola caraibica.”
George Saintsbury
“Prefazione”
a Pride and Prejudice
George Allen, London, 1894
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten it
È la prefazione alla famosa “Peacock Edition” di Pride and Prejudice, nella quale è per la prima volta usato il termine “Janeite” (che Saintsbury scrive “Janite”)
“Queste qualità swiftiane sono presenti in questo romanzo come da nessun’altra parte nel personaggio dell’immortale, dell’ineffabile Mr. Collins. Mr. Collins è davvero grande; ben lungi da qualsiasi cosa abbia mai fatto Addison, abbastanza grande per Fielding o per lo stesso Swift. Si è detto che non ne è mai esistito nessuno come lui. Ma in primo luogo egli stesso è come lui, è lì, vivo, immortale, più reale di centinaia di primi ministri e di arcivescovi, di “metalli, metalloidi e insigni filosofi”.
Luciana Sciullo
“Miss Bates, personaggio chiave in Emma”
Quaderni di lingue e letterature, Università degli studi di Padova, 2, 1977, pagg. 91-98
“Nei romanzi di Jane Austen i personaggi minori hanno in genere, quando compaiono nel dialogo, una precisa funzione informativa, oppure esistono semplicemente come caratterizzazioni caricaturali e satiriche. Nel primo caso vengono utilizzati dall’autrice per informare i personaggi principali, e naturalmente anche il lettore, di qualche avvenimento accaduto al di fuori della sfera di azione e di conoscenza di tali personaggi. Nel secondo caso esistono per far sorridere, in accordo alla posizione ironica ma non satirica spesso assunta dall’autrice nei confronti della società; altrove, invece, divengono, in rapporto dialettico e sempre attraverso l’ironia o addirittura la satira, la forma di censura morale e sociale operata da Jane Austen. In molti casi, naturalmente, le due funzioni si fondono in una stessa figura. A tali personaggi la Austen attribuisce sempre, da un punto di vista linguistico, un idioletto fortemente rappresentativo.
Miss Bates, appunto, fa parte di questo gruppo di personaggi.”
Walter Scott
“Emma: romanzo”
The Quarterly Review, vol. 14, n. 27, ottobre 1815, pagg. 188-201
(pubblicata 12 marzo 1816)
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“La conoscenza del mondo dell’autrice, e la peculiare delicatezza con cui presenta personaggi che il lettore non può mancare di riconoscere, ci riporta alla mente alcune delle qualità della scuola di pittura fiamminga. I soggetti spesso non sono eleganti, e sicuramente mai grandiosi; ma sono modellati sulla natura, e con una precisione che delizia il lettore. Questa è una qualità che è molto difficile illustrare con delle citazioni, perché pervade l’intera opera, e non può essere compresa leggendo un singolo passaggio.”
Anna Rosa Scrittori
“Woman’s Own: Jane Austen nel romanzo del ‘900″
Annali di Ca’ Foscari, Rivista della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università di Venezia, (37:1-2),1998, pagg. 509-18
ABSTRACT
Partendo dal ben noto concetto di intertestualità e dal dibattito corrente sulla tradizione della letteratura femminile, il saggio analizza il significato dei molti romanzi pubblicati attualmente come sequel o riscritture delle opere di Jane Austen. Sono poi analizzati Jane Fairfax di Joan Aiken e Perfect Happiness di Rachel Billington come esempi opposti di adattamento di Emma di Jane Austen.
Richard Simpson
“Jane Austen”
North British Review, LII, April 1870, pagg. 129-152.
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Questo spirito critico è alla base delle sue qualità artistiche. Critica, umorismo, ironia, giudizi non di chi emette sentenze, ma di chi imita le cose che analizza mentre le prende in giro, sono le sue caratteristiche. Se si fosse prefissa di imitare seriamente i suoi modelli, come i seicentisti imitavano Cicerone, o Miss Burney copiava il dr. Johnson, non avrebbe mai raggiunto le altezze a cui è in effetti arrivata. Avrebbe guastato uno stile comprensibile; avrebbe rivestito i suoi pensieri di abiti totalmente inadatti; avrebbe potuto scrivere di sentimenti molto sinceri, ma non avrebbe mai mostrato il sottile umorismo, il raffinato senso dell’incongruo, la costante e vigile presenza di spirito di cui sono pieni i suoi scritti.”
Malcom Skey
“Orgoglio e conti in tasca”
L’Unità, 12 dicembre 1994
on-line su JASIT
“Non voglio affatto dire che la Austen sia una donna ossessionata dal denaro: semplicemente che in tutti e sei i romanzi canonici – e se è per quello, anche nei frammenti superstiti – è fondamentale il rapporto fra la donna e il denaro, l’assoluta necessità di trovare un buon partito se non si ha già una rendita sufficiente.”
Anna Enrichetta Soccio
“Personaggi femminili e modelli educativi nella narrativa di Jane Austen”
Merope, Anno XVII, n. 45, Maggio 2005, pagg. 51-64
“Programmaticamente, la scrittura di Jane Austen assume, quale centro focale di significazione narrativa e testuale, il personaggio «donna» e il complesso reticolo di rapporti tematico-attanziali intessuto intorno alla caratterizzazione femminile, per attualizzare un modello di mondo chiuso nei suoi codici e nei suoi valori ma altamente rappresentativo della società inglese còlta nel passaggio dal secolo dei Lumi all’età romantica. Ogni tentativo di disambiguazione dovrà, pertanto, partire dal dato femminile, dai ruoi socio-culturali e semantico-simbolici ad esso demandati per esplorare le infinite possibilità compositive della macchina testuale austeniana.”
Beatrice Solinas Donghi
“Rileggere Emma (Sul filo delle riletture)”
Resine, Quaderni liguri di cultura, Nuova serie, anno XXII, n. 85, luglio settembre 2000, pagg. 65-68
“È opinione comune che Orgoglio e pregiudizio sia il capolavoro di Jane Austen, come David Copperfield quello di Dickens. L’opinione comune sbaglia in entrambi i casi. Lasciando da parte la questione Dickens, è assodato che gli austeniani di provata fede esiterebbero se mai tra Emma, Mansfield Park (benché la protagonista di esso, Fanny, sia così timida e sensibile da risultare a volte irritante) e Persuasion, che soffre però di qualche incertezza nella costruzione. In Emma non si scorgono incertezze di sorta: decido dunque, per mia privata soddisfazione, che il capolavoro assoluto è quello. Eppure ricordo bene che alla prima lettura incontrati anch’io l’ostacolo in cui si imbatte ogni lettore giovane: l’antipatia iniziale per Emma, il personaggio, così sicura di sé, snob, a volte saccente, spesso arrogante nella sua pretesa di arrangiare come meglio le comoda le vite altrui.”
Giorgio Spina
Linee classiche della narrativa di Jane Austen
Tilgher, Genova, 1975
Dal capitolo dedicato a Persuasion
“E di un clima chiaramente romantico in Persuasion si può parlare. L’autunno è la sua stagione: gli ultimi frutti, le ultime fioriture. Un viale del tramonto sul quale si incontra la sua protagonista principale, Anne Elliot, la più anziana (è quasi trentenne) tra le giovani protagoniste austeniane. Sotto questo aspetto Persuasion ci appare opera altamente significativa, rivelatrice di un’atmosfera che in Jane Austen non si era ancora individuata, dominati come è sempre stati sal suo spirito settecentesco. Non che la scrittrice avesse abdicato alle linee classiche del suo stile, ai temi del suo repertorio, all’innata propensione per il razionale ed il “common sense”, ma è pur certo che in Persuasion si respira un clima diverso: ci si accorge che l’autrice ha scoperto che il mondo è diverso, come ebbe a rilevare Virginia Woolf.”
Carla Tamborini
Jane Austen. Struttura attraverso le lettere
Cooperativa libraria IULM, Milano, 1982
“Triade delle funzioni cardinali delle lettere.
L’elemento epistolare presente nei tre punti chiave dell’azione logica e cronologica di quest’ultimo romanzo della Austen è il seguente:
A. La lettera che Mr. Sheperd, il legale di Sir Walter Elliot, riceve da un suo corrispondente di Londra, il quale propone l’ammiraglio Croft come affittuario di Kellynch Hall.
B. La lettera con cui Mary comunica alla sorella Anne Elliot il fidanzamento tra Louisa Musgrove ed il Capitano Benwick.
C. La lettera contenente la seconda dichiarazione d’amore, che il capitano Wentworth scrive e consegna ad Anne al White Hart Hotel.
Tutte e tre le lettere coincidono con la seguente triade d’azioni che delineano la struttura dell’opera:
A.. Rimpiangere
B. Sperare
C. Agire ”
(Dalla parte dedicata a Persuasione)
Claire Tomalin
Jane Austen. La vita
Edizione italiana a cura di Massimo Scotti
Traduzione di Cristina Colla e Cecilia Mutti
Nuova Editrice Berti, Parma, 2019
Titolo originale: Jane Austen: a Life, 1997
“L’inverno del 1775 fu particolarmente rigido. Il naturalista Gilbert White, osservando gli alberi nel distretto dell’Hampshire dove viveva, nella zona di Selborne, notò che l’11 di novembre avevano già perso quasi tutte le foglie e annotò nel suo taccuino: “Gli alberi cominciano a spogliarsi”. Quindici miglia più su, nei Downs, a Steventon, la moglie del pastore ancora aspettava di dare alla luce il suo settimo figlioletto, quando caddero le ultime foglie. Aveva trentasei anni ed era sposata da undici. Quattro robusti maschietti si divertivano a correre qua e là, tra la canonica e il grande giardino sul retro, con l’orto e le rimesse che si estendevano oltre i campi fino ai boschi. Il più grande di loro, James, già a dieci anni dimostrava di essere particolarmente portato per lo studio, condividendo l’amore del padre per i libri, mentre Cassy, l’unica figlia, intratteneva la madre con le sue continue chiacchiere, seguendola ovunque per casa, ma anche fuori, che andasse al dairy o nel pollaio, dalle galline e dalle anatre. La piccola Cassy avrebbe compiuto tre anni a gennaio. Fatta eccezione per lo studio di Mr Austen, di rado la casa poteva dirsi completamente tranquilla.”
Giuseppe Tomasi di Lampedusa
“Jane Austen”
(“Letteratura inglese”, 1954)
in: Opere, Mondadori, Milano, 1995, pagg. 979-984
“La Austen è uno dei pochi romanzieri che ha davvero creato un mondo; un mondo ristretto, certamente, che non ha la vastità degli universi di Balzac o di Dostoevskij, ma che può, come estensione, gareggiare con il mondo di Marcel Proust. Essa è stata una persona che ha voluto parlare soltanto di ciò che conosceva veramente bene, dell’alta borghesia inglese della fine del Settecento. Il proletariato non esiste, la nobiltà è vista solo di scorcio. Ma la sua classe la Austen la ha ritratta in modo superiore e, soprattutto, in modo assolutamente spregiudicato sotto il costante velo delle buone maniere sue di scrittrice. Essa è completamente priva d’illusioni; di ogni azione apparentemente disinteressata essa vi mostra, in una mezza frase, i motivi egoistici. Non ha rispetto per niente. Pensate, per esempio, al modo con il quale nei romanzi del primo Ottocento erano dipinte le figure dei “genitori”: una venerabilità, una virtuosità da togliere il respiro. Guardate la Austen: il ridicolo, la vanità, l’infatuazione vi sono ritratti senza ritegno. La Austen è uno di quegli scrittori che richiedono di esser letti lentamente: un attimo di distrazione può far trascurare una frase che ha un’importanza primaria: arte di sfumature, arte ambigua sotto l’apparente semplicità.”
Elisa Torsiello
“Le parole si trasformano in arte. Orgoglio e pregiudizio (2005)”
in: Joe Wright. La danza dell’immaginazione, da Jane Austen a Winston Churchill
Prefazione di Dario Marianelli
Bietti, Milano, 2018, pagg. 27-42
La quarta
Sono pochi i registi capaci di trasformare grandi romanzi in film epocali. Joe Wright è uno di questi, maestro degli adattamenti letterari — da Orgoglio e pregiudizio ad Anna Karenina passando per Espiazione — con i suoi movimenti di macchina coreografici, gli omaggi al mondo dell’arte, cast stellari spesso capitanati dalla musa Keira Knightley. Pubblicata all’indomani di L’ora più buia — protagonista Gary Oldman, vincitore del premio Oscar 2018 per la sua interpretazione di Winston Churchill — e impreziosita dai contributi di due collaboratoti storici, il direttore della fotografia Seamus McGarvev e il compositore Marianelli (premio Oscar per la colonna sonora di Espiazione), la prima monografia italiana dedicata alla produzione di Joe Wright ne analizza l’intera carriera, inclusi gli esordi in tv e le pubblicità per Chanel. sempre in bilico tra realismo e fantasia.
Lionel Trilling
“Emma: la leggenda di Jane Austen”
in: Al di là della cultura. Saggi su Austen, Wordsworth, Keats, Freud, Babel’, Leavis, Snow, Hawthorne e Joyce, a cura di Guido Fink
La Nuova Italia, Firenze, 1980
“Ecco invece Emma, una donna che ha stima e affetto per se stessa, e lo sa, e ne è perfettamente soddisfatta. Quando Knightley le rimprovera la sua condotta irresponsabile, e le dice “La lascio ai Suoi pensieri”, Emma risponde con molta acutezza: “Si fida di quegli adulatori ? Crede che la mia vanità osi mai insinuare che ho torto ? “. E’ la solita Emma, cui “non dispiace mai essere la prima”; è una donna che ama il dominio sugli altri, è felice di essere lodata, e ammette, tranquilla, di desiderare il potere: la sua franchezza non può non conquistarci. E al tempo stesso sentiamo che ha profondamente torto, che il suo narcisismo la inganna, che può essere scortese, che è una terribile snob.”
Fay Weldon
Lettere ad Alice che legge Jane Austen per la prima volta
Traduzione di Beatrice Masini
Bompiani, Milano, novembre 2017
Titolo originale: Letters to Alice: On First Reading Jane Austen, 1984
Siamo nel 1984. Alice è una studentessa inglese di diciotto anni; da grande vorrebbe fare la scrittrice, ma sta attraversando una fase punk con tanto di puntuta chioma verde. E i programmi scolastici che impongono la lettura dei romanzi di Jane Austen la trovano fredda, se non ribelle. Sua zia Fay le scrive così una serie di lettere, ravvivando la tradizione epistolare ormai desueta, per spiegarle le ragioni che rendono questa lettura non solo consigliabile, ma imperdibile, a diciotto anni in particolare. Nell’eco delle lettere indirizzate da Jane Austen stessa alla nipote, un messaggio di fede nell’arte della scrittura e nella capacità che i grandi romanzi hanno di parlare a tutti, sempre.
Richard Whately
“L’abbazia di Northanger e Persuasione”
The Quarterly Review, vol. 24, n. 48, gennaio 1821, pagg. 352-376
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“L’ultimo di questi romanzi, tuttavia, Persuasione, che è più strettamente da considerare un’opera postuma, possiede quella superiorità che ci si può aspettare dall’età più matura in cui è stato scritto, e riteniamo che non sia secondo a nessuno dei precedenti, se non superiore a tutti. Nell’umoristica descrizione dei personaggi non abbonda così tanto come qualcuno degli altri, sebbene abbia grandi meriti anche su questo versante; ma suscita più quel delicato eppure elevato genere di interesse a cui mirano la generalità dei romanzi, e nel perseguire il quale essi raramente evitano di cadere in eccessivo romanticismo; nel complesso, è una delle più eleganti opere di finzione sulla vita ordinaria nelle quali ricordiamo di esserci imbattuti.”
Virginia Woolf
“Jane Austen”
in: Il lettore comune, a cura di Daniela Guglielmino
Traduzione di Vittoria Sanna
2 voll. il melangolo, Genova, 1995, vol. I, pagg. 152-165
Titolo originale: The Common Reader, 1923
“Jane Austen padroneggia un’emozione molto più profonda di quanto non emerga in superficie. Ci stimola a fornire quel che manca. Lei pare offrire solo un’inezia che però si espande nella mente del lettore arricchendo certe scene a prima vista insignificanti di una vitalità quanto mai duratura.”
Virginia Woolf
Una stanza tutta per sé
Traduzione di Maria Antonietta Saracino, testo originale a fronte
Einaudi, Torino, 1995, pagg. 135-161 (Capitolo quarto)
Titolo originale: A Room of One’s Own, 1928
“Ecco una donna, agli inizi dell’Ottocento, che scriveva senza odio, senza amarezza, senza paura, senza protestare, senza far prediche. La stessa condizione nella quale scriveva Shakespeare, pensavo, guardando il testo di Antonio e Cleopatra. E quando alcuni paragonano Shakespeare a Jane Austen, forse intendono dire che ambedue erano riusciti a dissolvere nella mente ogni ostacolo; ed è per questa ragione che non conosciamo Jane Austen e non conosciamo Shakespeare, ed è per questa ragione che Jane Austen pervade di sé ogni parola che ha scritto, proprio come fa Shakespeare.”
Virginia Woolf
“Jane Austen fa i suoi esercizi”
“Jane Austen”
in Le donne e la scrittura
La Tartaruga, Milano, 1981
A cura di Michèle Barrett
Traduzione di Adriana Bottini
Titolo originale: Women and Writing, 1979
“Vivace, scorrevole, divertente, spesso scofinante nell’assurdo, Amore e amicizia è tutto questo; ma cos’è questa nota che non si confonde mai con il resto, che si fa sentire distinta e penetrante, lungo tutto il racconto ? E’ il rumore delle risa. La ragazza di quindici anni ride, nel suo angoletto, di tutto il mondo. Le ragazze di quindici anni ridono sempre, infatti. Ridono quando il Signor Binney si serve del sale invece dello zucchero. Quasi muoiono dal ridere quando la Signora Tomkins siede sul gatto. Ma un attimo dopo piangono. Non possiedono ancora una dimora fissa dalla quale possano rendersi conto che c’ è qualcosa di eternamente ridicolo nella natura umana, una certa qualità degli uomini e nelle donne che continuamente suscita la satira. Non sanno ancora che lady Greville, che fa l’altezzosa e la povera Maria, da lei disprezzata, sono due personaggi permanenti di ogni sala da ballo. Ma Jane Austen lo sapeva dalla nascita. Una di quelle fate che si posano sulle culle l’avrà probabilmente portata a fare il giro del mondo non appena nata. E quando ritornò alla culla ella ormai sapeva come non soltanto come era il mondo, ma aveva anche scelto il suo regno.Aveva fatto un contratto: se le fosse stato permesso di regnare su quel territorio non avrebbe bramato altro. Perciò a quindici anni non si faceva molte illusioni sugli altri e nessuna su se stessa, …” (Da “Jane Austen”, pagg. 113-114)
Lucy Worsley
A casa di Jane Austen
Traduzione di Maddalena Togliani
Neri Pozza, Vicenza, 2018
Titolo originale: Jane Austen at home, 2017
“Per generazioni intere di ammiratori di Jane Austen, il luogo dove sorgeva la canonica di Steventon è sacro. Spesso i Janeites si fermano sul ciglio del sentiero, silenziosi e meditabondi, e spingono lo sguardo oltre la siepe, nel campo dell’Hampshire in cui un tempo sorgeva l’edificio, Quello è il luogo dove trascorse venticinque anni e dove scrisse tre romanzi. È lì che tutto ebbe inizio.”
[Recensione anonima]
“Ragione e sentimento: romanzo, 3 voll.”
The Critical Review, quarta serie, febbraio 1812, pagg. 149-157
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“I personaggi di Elinor e Marianne sono messi in contrasto molto bene; la prima possiede grande buonsenso, unito a una appropriata quantità di sentimento; la seconda una pari porzione del buonsenso che rende la sorella così degna di stima, ma allo stesso tempo unisce ad esso uno smodato livello di sentimento che la rende infelice in ogni occasione, anche la più insignificante, e disturba chiunque le stia intorno.”
[Recensione anonima]
“Ragione e sentimento. Romanzo: in tre volumi”
The British Critic, XXXIX, maggio 1812, pag. 527
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Non vogliamo, tuttavia, trattenere più a lungo le nostre lettrici, se non per assicurar loro che possono sfogliare questi volumi non solo con soddisfazione ma con concreti vantaggi, poiché possono apprendervi, se vogliono, molte ragionevoli e salutari massime per il comportamento nella vita, esemplificate in una narrazione molto piacevole e fonte di svago. C’è qualche confusione nella genealogia del primo capitolo, e il lettore si ritrova in qualche modo perplesso tra sorellastre, cugini e via dicendo; forse, poi, il gioviale baronetto, che non può essere felice se non ha la casa piena di gente, è un po’ sopra le righe, ma per questi difetti veniali c’è un’ampia compensazione.”
[Recensione anonima]
“Orgoglio e pregiudizio, romanzo, in tre volumi”
The British Critic, XLI, febbraio 1813, pagg. 189-190
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Tra i personaggi, Elizabeth Bennet, l’eroina, è descritta sempre con grande spirito e coerenza; un ritratto nel quale non sembrano esserci difetti; non è del tutto così per Darcy, il suo innamorato; la sua disinvolta noncuranza e la sua elegante indifferenza si trasformano in amore ardente un po’ troppo bruscamente. Il personaggio di Mr. Collins, l’ossequioso pastore, è eccellente.”
[Recensione anonima]
“Orgoglio e pregiudizio, romanzo, in tre voll.”
The Critical Review, quarta serie, III, marzo 1813, pagg. 318-324
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Una eccellente lezione si può trarre dalla fuga d’amore di Lydia: l’opera mostra anche la follia di lasciar fare quello che vogliono alle ragazze, e il rischio che corrono nel frequentare gli ufficiali che sono acquartierati vicino alla loro residenza. […] Non possiamo concludere senza ripetere la nostra approvazione per questa opera, che, nel descrivere le scene domestiche, si eleva molto a di sopra di qualsiasi romanzo che abbiamo letto di recente.”
[Recensione anonima]
“Emma: romanzo in tre volumi”
The Augustan Review”, vol. 2, n. XIII, maggio 1816, pagg. 484-486
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Dobbiamo adesso congedarci da ‘Emma’, in ottimi rapporti con l’autrice, anche se ci azzardiamo a raccomandarle, per il prossimo lavoro, un po’ “meno chiacchiere e più fatti”. Miss Bates, con tutte le sue ottime qualità, è talvolta un po’ troppo loquace e ripetitiva per la nostra pazienza, e l’autrice dimostra una tale abilità nello sviluppare, a beneficio della nostra immaginazione, l’esiguo materiale che ci offre, che non possiamo non ritenere che una maggiore varietà di eventi, in mani come le sue, saprebbe ottimamente prendere il posto di quella minuzia di particolari della vita di tutti i giorni nella quale fin qui è forse rimasta troppo confinata.”
[Recensione anonima]
“L’abbazia di Northanger e Persuasione”
The British Critic, IX, marzo 1818, pagg. 293-301
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“È impossibile leggere i suoi romanzi senza imbattersi in qualcuna delle assurdità che si rispecchiano nella nostra coscienza; e tutto questo, nel modo giusto in cui devono apparire, poiché, nel registrare gli usi e costumi della gente normale nelle normali relazioni della vita, la nostra autrice non fa mai cadere la sua penna nella satira; le follie che fa emergere di fronte a noi sono, per la maggior parte, semplici follie, o anche imperfezioni naturali; e lei le tratta come tali, con scherzoso buonumore, parodiandole con un’esattezza tale da portarci a ridere della ridicola verosimiglianza dell’imitazione, ma senza mai incitarci a indulgere in sentimenti che potrebbero renderci scorbutici e intolleranti in società.”
[Recensione anonima]
“L’abbazia di Northanger e Persuasione”
The Edinburgh Magazine, II, maggio 1818, pagg. 453-455
Traduzione di Giuseppe Ierolli
on-line su jausten.it
“Senza dubbio si è limitata a un sentiero ristretto. Non si è mai mossa tra interessi profondi, personaggi insoliti o passioni veementi. La qualità particolare della sua scrittura è che possiamo pensare, senza il minimo sforzo dell’immaginazione, tutte le sue opere realizzate in una qualche città o villaggio in Inghilterra (poiché si limita a descrivere caratteri inglesi), che ci rendiamo conto di leggere la storia di persone che abbiamo incontrato migliaia di volte, e che, con tutta questa completa ordinarietà, sia negli eventi che nei personaggi, forse nessuno dei suoi personaggi si può trovare in qualsiasi altro libro, almeno tratteggiato in modo così vivo e interessante.”
**********
Traduzioni italiane dei sei “romanzi canonici”
29 commenti
Che lavoro! Complimenti! considero questa pagina il modo migliore per favorire la conoscenza e lo studio di JA per chi trae piacere dal sentir parlare, commentare e discutere di Lei come di una persona cara e cerca riscontro ed elaborazione critica di tutte quelle sensazioni extratestuali provate alla lettura dei suoi romanzi.
Sì, fantastico lavoro di recupero saggi… anch’io ho a disposizione due saggi che credo siano fuori catalogo (uno è una pubblicazione universitaria) e sono pronta a metterli a disposizione via scansione o nel formato che può essere più utile…compreso il saggio storico della Nerozzi Bellman. A presto.
Sarebbe delizioso, il saggio della Nerozzi Bellman è introvabile e ho visto che hai (sulla libreria Anobii) “Lettrici, gentiluomini e biblioteche” di Paolo Dilonardo citato nella bibliografia di Oggi e Ieri della Battaglia.
Su Libreria Universitaria.it ci sono: un saggio di Federica Marchetti “A proposito di Jane Austen. Orgoglio e pregiudizio compie 200 anni” (anche su Amazon) e
“No lei disse no non voglio. La trama della commedia romantica nel romanzo inglese”
di Anna Paschetto (anche quest’ultima citata dalla Battaglia)
Salve, piacere, ci può dare qualche anticipazione sul Suo libro? Siamo tutti curiosi e ansiosi di leggere nuove pubblicazioni su JA! Grazie
è un volume a tutto tondo sulla nostra Jane: vita, opere, epoca, fanfiction, film, sceneggiati, gadget, l’utile e il dilettevole con immagini realizzate a mano.
Che bella la citazione di Citati (appunto!) sul miracolo che opera JA nelle cui mani anche le più scialbe cretinerie diventano addirittura poetiche!
Ho aggiunto:
– Anna Paschetto, “No lei disse no non voglio. La trama della commedia romantica nel romanzo inglese”
un libro sulla cui prima edizione ho avuto la fortuna di studiare e che custodisco gelosamente nella mia biblioteca.
grazie Silvia! già la copertina è tutta un programma
Confesso che stavo già rileggendo l’introduzione.
“Yes I said yes I will yes: il sì di Molly Bloom che conclude l’Ulisse di Joyce esprime un potere temibile e affascinante, se pure inarticolato e irrazionale, che tutto accoglie e annulla in sé. L’idea del trionfo della natura femminile nella indiscriminata accettazione del sesso proviene da una mente maschile. L’uomo sembra infatti sempre pronto ad accordare alle donne questa forza che le pone al di fuori della Storia, nell’immutabile presente del ‘quinto grande giorno di Dio’. Ma forse le donne non chiedono tanto. […] Nel mito erotico femminile, che si può definire anche trama rosa, le eroine vogliono preservare la propria identità e non sono per niente disposte ad essere travolte dall’amore […]; non godono a morire puccinianamente per amore, anzi sembra che a loro piaccia tutt’altro.[…] Il passaggio dal sì al no è anche una riduzione da una grandiosa generosità di sé, pretesa dall’uomo, a una ‘gretta’ parsimonia di sé predicata dalle donne. Il masochismo femminile amplificato e razionalizzato da Freud è una condizione culturale (e non biologica) che la trama rosa, contrariamente a un’opinione diffusa, continua strenuamente a negare.”
E’ da questo punto di vista che si parte per osservare i tre romanzi, tra cui O&P.
Ciao,
segnalo l’uscita di questo volume da Iacobelli Editore:
La strategia del silenzio Le ultime eroine di Jane Austen
Alessandra Quattrocchi
Ho aggiunto:
– Emanuela Morelli, Il giardino inglese attraverso gli occhi di Jane Austen. Tra wilderness e shrubbery
– Alessandra Quattrocchi, La strategia del silenzio. Le ultime eroine di Jane Austen (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Roberto Bertinetti, “Jane Austen, signorina sovversiva”,
in L’isola delle donne (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Luciana Martinelli, “La letteratura al femminile [Jane Austen]”
in: Una stanza tutta per sé. Viaggio attraverso romanzi e poesie femminili dal XIX al XX secolo (Grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Fabio Ciambella, Testo, danza e corpo nell’Ottocento inglese (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Raffaella Antinucci, Come leggere Emma (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Riccardo Capoferro, “Conoscenza e civiltà in Pride and Prejudice”, in: Novel. La genesi del romanzo moderno nell’Inghilterra del Settecento
Ho aggiunto:
– Elisa Torsiello, “Le parole si trasformano in arte. Orgoglio e pregiudizio (2005)”, in: Joe Wright. La danza dell’immaginazione, da Jane Austen a Winston Churchill (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Francesco Marroni e Francesca D’Alfonso (a cura di), “Jane Austen. Silenzi, lacune, allusioni” (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Thomas Henry Lister, “Su Jane Austen”
– Thomas Babington Macauley, “Su Jane Austen”
– Margaret Oliphant, “Miss Austen e Miss Mitford”
– William Frederick Pollock, “Su Jane Austen”
Ho aggiunto:
– Carlotta Farese, «It is so useful to have any thing of a model!». A Simple Story, Lovers’ Vows e i theatricals di Mansfield Park, in: Elizabeth Inchbald: scandalo e convenzione. Romanzo e teatro nell’Inghilterra della Reggenza (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Ofelia Ott, Jane Austen. Una scrittrice anticonformista e ribelle nella vita e nelle sue opere
Ho aggiunto:
– Maddalena Pennacchia Punzi, Adattamento, appropriazione, condivisione di un classico. Pride and Prejudice di Jane Austen (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
– Annalisa De Simone, Le amiche di Jane. Sopravvivere all’innamoramento con Orgoglio e pregiudizio di Jane Austen
Ho aggiunto:
– Adalgisa Marrocco, Dite la vostra, Mr Darcy. Pubblico e privato in Jane Austen
Ho aggiunto:
– Claire Tomalin, Jane Austen. La vita (grazie ad Anna Carini)
Ho aggiunto:
Alessio Ceccherelli ed Emiliano Ilardi
“Austenland. Il controllo dello spazio interiore”
in: Figure del controllo
(grazie ad AnnaCarini)
Ho aggiunto:
– Liliana Rampello, “La divina Jane Austen”, in: Romanzi e altri scritti
Ho aggiunto: Paola Francesconi, “Soddisfazione senza sofferenza in Jane Austen”, in: Stili della sublimazione. Usi psicanalitici dell’arte, a cura di Maurizio Mazzotti
Ho aggiunto: Giuseppe Ierolli, In Inghilterra con Jane Austen