Il ruolo della famiglia Austen nel destino editoriale di Jane (seconda parte)

Nel raccontare gli eventi che hanno segnato il destino di Jane Austen come autrice pubblicata, non si può prescindere dalla sua famiglia e in particolare dal ruolo di promotori svolto da alcuni suoi membri: il Rev. George, figura di padre illuminato, Henry, il più amato tra i fratelli, e l’imprescindibile sorella Cassandra, sostegno di tutta una vita, a cui si aggiunge dopo qualche decennio dalla morte di Jane anche il nipote James Edward Austen-Leigh, autore della prima biografia mai pubblicata.

Seconda e ultima parte dell’articolo. La prima parte è stata pubblicata il giorno 10 novembre 2023.

L’articolo originale completo è apparso sulla rivista di Jane Austen Society of Italy “Due pollici d’avorio”, numero 10 (2018), pagg. 154-165. Per richiedere l’intero numero, scrivere a info@jasit.it.

 


La correzione delle bozze e l’esito delle pubblicazioni

Jane correggeva personalmente le bozze che l’editore le inviava durante la preparazione per la pubblicazione. Lo sappiamo per certo dalle lettere, dove sono numerosi i riferimenti a questa attività. Per farlo, Jane andava a Londra ospite del fratello Henry, che teneva i rapporti con l’editore. Uno di questi riferimenti preziosi è in una lettera del 24 novembre 1815 in cui Jane racconta alcune tribolazioni legate alla preparazione di Emma per la pubblicazione con l’editore John Murray:

Mia carissima Cassandra
Ho il piacere di mandarti un resoconto molto migliore dei miei affari, che so ti farà molto piacere. Ieri ho scritto io stessa a Mr. Murray, e Henry ha scritto nello stesso tempo a Roworth. Prima che spedissimo i biglietti ho ricevuto tre fogli di bozze, e delle scuse da parte di R. Abbiamo inviato comunque i biglietti, e ho avuto una risposta molto civile da parte di Mr M. Anzi era talmente cortese da mettermi in imbarazzo. – I Tipografi avevano dovuto aspettare la carta – la colpa ricade sul Fornitore – ma ha dato la sua parola che non avrò ulteriori motivi di insoddisfazione. – Ci ha prestato Miss Williams e Scott, e dice che qualsiasi libro dei suoi sarà sempre a mia disposizione. – In breve, sono stata placata e omaggiata fino a una tollerabile serenità. [4]

Sulla correzione delle bozze, nel 2010 è scoppiata una polemica che è rimbalzata sui mezzi di informazione di tutto il mondo. Secondo alcuni articoli che ne avevano evidentemente travisato le parole, la studiosa Kathryn Sutherland, un’autorità in materia di studi austeniani, aveva dichiarato che lo stile di Jane Austen come lo conosciamo noi sarebbe frutto della perizia del redattore William Gifford che lavorava per la casa editrice di John Murray, editore dell’autrice. La polemica fu presto smontata: Gifford, infatti, poté intervenire solo sugli ultimi tre romanzi (Murray non è l’editore dei primi tre); inoltre, come già detto, nelle lettere Jane Austen parla del lavoro di correzione effettuato da lei stessa; e infine, poiché i manoscritti dei sei romanzi non sono giunti fino a noi, è impossibile poterli mettere a confronto con i testi andati a stampa (sempre che questo parametro possa essere considerato sufficiente a corroborare la tesi del redattore-ghost writer).

Quale fu l’esito dei romanzi pubblicati? Spesso, tra i falsi miti a proposito di Jane Austen, si parla di un suo mancato successo mentre era in vita. In realtà, i suoi romanzi vendettero bene: direttamente dall’autrice, sappiamo quanto ne ricavò perché nel 1817, su un foglietto ancora oggi conservato alla Morgan Library di New York, annotò i guadagni letterari nel corso della sua vita, che furono pari a circa 685 sterline (che si presume, fatte le dovute proporzioni, corrispondere a circa 260.000 euro)[5]. Non è una cifra enorme ma, se si pensa che è stata guadagnata nel giro di soli sei anni, per quattro romanzi pubblicati da una scrittrice sconosciuta e senza amicizie nel mondo culturale, è un ottimo traguardo.

fonte: The Morgan Library, New York

Eppure, non mancano riconoscimenti importanti. Il fatto stesso di essere diventata nel 1814 – sempre grazie all’assistenza di Henry – un’autrice pubblicata dall’importante editore John Murray (editore nientemeno che di Byron e Walter Scott) è un salto di qualità rispetto all’editore precedente, Thomas Egerton. Oltre all’ammirazione del Principe Reggente, che nel 1815 la invitò a palazzo, Carlton House, e le fece sapere dal bibliotecario capo che l’accolse in sua vece di conservare una copia dei re romanzi pubblicati fino a quel momento in ognuna delle proprie residenze, Jane Austen ricevette un’importante recensione positiva dal grande Walter Scott, sulla prestigiosa rivista letteraria Quarterly Review. Infine, poté vedere i propri romanzi pubblicati all’estero: in Francia, dove tutti i quattro titoli usciti furono prontamente tradotti in francese a partire dal 1815, e negli Stati Uniti, dove fu pubblicato Emma nel 1816.
Si può davvero dire che Jane Austen sia morta nel momento in cui cominciava a raccogliere i primi frutti del suo duro lavoro, come ricorda Virginia Woolf in un suo saggio, dove cita una frase di James Edward Austen Leigh, tratta dal cap. XI del Memoir già citato:

Queste speculazioni sono vane: la più perfetta artista tra le donne, la scrittrice i cui libri sono tutti immortali, morì «proprio quando cominciava a sentire fiducia nel successo».[6]

Ma è proprio dopo il fatidico 18 luglio 1817 che inizia la sua vita pubblica e la sua fama comincia a diffondersi per il mondo, di nuovo con un contributo determinante dei suoi familiari.

Dopo il 1817

Il frontespizio di Northanger e Persuasion con la Biographical Notice

L’inizio della vita pubblica dell’autrice avviene il 20 dicembre 1817 quando il fratello Henry scrive la Nota Biografica che accompagna la pubblicazione postuma degli ultimi due romanzi apparsi a stampa, L’Abbazia di Northanger e Persuasione. Per la prima volta, il suo nome è accostato ai romanzi e diventa di dominio pubblico. In seguito, dopo un primo periodo di latitanza dalle librerie e di conseguente oblio, nel 1833 l’editore Richard Bentley ottiene da Henry e Cassandra, esecutrice testamentaria di Jane, l’autorizzazione a pubblicare la raccolta completa dei romanzi presso l’editore, nella sua collana di successo Standard Novels.

L’attenzione del grande pubblico si riaccende sull’opera austeniana. Prima che un estraneo possa redigere un ritratto dell’autrice, il ramo dello Hampshire della famiglia Austen decide di assumere un controllo attivo sulla costruzione della fama dell’ormai illustre parente e contribuisce a dare alle stampe, nel dicembre del 1869, la prima biografia dal titolo Ricordo di Jane Austen (titolo originale: Memoir of Jane Austen) in cui l’autore, il nipote James Edward Austen-Leigh, raccoglie i ricordi di famiglia disponibili in quel momento (oltre cinquant’anni dopo la morte della scrittrice). Il ritratto dell’autrice è una santificazione (e mistificazione) in piena regola ma è comunque potentissima.

Frontespizio del Memoir, terza ed. 1872

Il Ricordo, infatti, genera la prima ondata di Austen-mania [7]: non solo fioriscono gli studi e le pubblicazioni (ad es., nel 1884 viene stampata la prima raccolta di lettere, sempre a cura di un parente, il pronipote Lord Brabourne) ma ha un’influenza enorme sul grande pubblico dei lettori-ammiratori, sempre più numerosi e fedeli.

Le tappe successive al 1869 sono momenti cruciali e testimoniano la portata dei contributi dati dai familiari di Jane Austen alla costruzione della sua fama. Per citarne solo alcuni, è sufficiente fare tre esempi che hanno segnato per sempre la percezione del mondo e dell’opera austeniani da parte del pubblico di lettori e studiosi.

Nel 1894, nasce una parola che indica proprio gli ammiratori della scrittrice, i Janeite (ad opera di George Saintsbury, nell’Introduzione scritta per l’edizione illustrata di Pride and Prejudice del 1894, la cosiddetta peacock edition). Lo studioso, con intuizione geniale, sceglie il nome di battesimo dell’autrice (caso più unico che raro nella letteratura) a sottolineare il rapporto di vicinanza, anzi, di personal affection (affetto personale) come egli stesso scrive, tra Jane Austen e i lettori. Questo evento è importante perché rivela che i suoi ammiratori sono ormai un’entità solida, diffusa e riconoscibile.

In apertura del nuovo secolo, nel 1902, viene pubblicata una biografia non accademica, Jane Austen. I luoghi e gli amici di Constance Hill, che ricostruisce la vita di Jane Austen non solo sulla base del Ricordo e delle lettere ma anche con una ricerca sul campo, nei luoghi della vita e delle opere, e inventa un’altra famosa parola d’ordine dell’austenismo, Austenland; oggi molto usata e di grande potere evocativo[8].

Nel 1924, Rudyard Kipling pubblica una raccolta di racconti, Debits and Credits, tra cui spicca I Janeite. storia di un gruppo di soldati della Prima guerra mondiale che comunicano tra loro con un codice segreto fatto di titoli dei romanzi e personaggi di Jane Austen. Questo testo non è soltanto la consacrazione della parola inventata nel 1894 da Saintsbury ma è anche un segno del salto di qualità compiuto dalla popolarità della scrittrice perché racconta proprio il tipo di interazione – affettiva e profonda – che i suoi ammiratori hanno definitivamente instaurato con la sua figura di donna e scrittrice. Del resto, ancora oggi, in tutto il mondo, è ritenuta efficace dispensatrice di consolazione nei momenti di grave afflizione nonché di consigli infallibili per la crescita personale e per affrontare la vita quotidiana.

Infine, in chiusura di questa breve ricognizione di quanto generato dalle vicende editoriali di Jane Austen a cui hanno contribuito fattivamente anche alcuni familiari, non può mancare un riferimento alla scena italiana che, per quanto indiretto, si inserisce nell’ambito di influenza degli eventi austeniani tra i due secoli.
La prima apparizione dell’autrice nel nostro paese si deve a una donna, Emilia Bassi, insegnante di inglese, che del 1914 scrive un saggio di critica letteraria pubblicato dalla Libreria Editrice E. Mantegazza di Roma, dal titolo La vita e le opere di Jane Austen e George Eliot. Si tratta di un’opera quasi sconosciuta: al momento, ne esistono solo tre copie cartacee in altrettante biblioteche italiane [9]. Ma il suo contributo alla diffusione del lavoro austeniano in Italia è importante perché testimonia un interesse da parte del mondo scolastico e accademico – che sembra essere confermato da quanto viene pubblicato proprio l’anno successivo da Emilio Cecchi, nel primo volume della sua Storia della letteratura inglese nel secolo XIX, pubblicata dai Fratelli Treves, in cui alcune pagine sono dedicate all’autrice inglese. Per la prima traduzione italiana di un’opera, tuttavia, è necessario attendere il 1932, quando Mondadori pubblica Pride and Prejudice nella traduzione di Giulio Caprin, con il titolo Orgoglio e Prevenzione.

In conclusione, è evidente come il sostegno della famiglia nella vita letteraria di Jane Austen sia stato determinante nel realizzarne e consolidarne il ruolo di autrice pubblicata. È vero che i parenti hanno agito con tutte le precauzioni figlie della cultura del loro tempo: sono evidenti non solo nel comportamento di Henry e del nipote James Edward, che nelle loro note biografiche hanno costruito durante tutto l’Ottocento un’immagine fin troppo edulcorata e pia dell’autrice, ma anche nella scelta particolarmente precauzionale di Cassandra di bruciare buona parte delle lettere in suo possesso (è bene ricordare che vi è in questa perdita un concorso di colpa da parte di tutti i destinatari delle lettere che Jane Austen ha scritto – parenti, amici e conoscenti – durante tutta la sua vita, i quali non si sono evidentemente premurati di conservarle per i posteri).

Eppure, se da un lato hanno strenuamente protetto la figura privata, è anche vero che, dall’altro, hanno promosso l’opera di Jane perché fosse resa pubblica, come desiderava: sarebbe infatti ingiusto non considerare l’aiuto concreto che in particolare Henry e Cassandra non hanno mai fatto mancare a sostegno della sorella. Ma è soprattutto la figura paterna del Rev. George che colpisce per la sua lungimiranza e l’apertura mentale, per la scelta quasi rivoluzionaria per quei tempi di fornire a una giovane donna di famiglia gli strumenti e il sostegno necessari a farne fiorire lo straordinario e precoce talento letterario, consegnandolo di fatto e senza saperlo al patrimonio dell’umanità.

Fine seconda e ultima parte
Il ruolo della famiglia Austen nel destino editoriale di Jane (prima parte)


☞ Per richiedere l’intero numero: scrivere a info@jasit.it.
☞ Per saperne di più sulla rivista di JASIT: consultare la pagina dedicata a Due Pollici D’Avorio
☞ Per leggere gli altri estratti: link agli articoli tratti dai numeri della rivista


NOTE

[4] Lettera 127 del 24 novembre 1815, trad. it. G. Ierolli, fonte jausten.it
[5] Giuseppe Ierolli, fonte jausten.it, FAQ n.7
[6] Virginia Woolf, Jane Austen, in The Common Reader: First Series, 1925. La traduzione utilizzata qui è di Adriana Bottini, in Le donne e la scrittura, ed. La Tartaruga, 2003.
[7] La seconda ondata di Austen-mania e ribattezzata da alcuni studiosi Austen Renaissance è più vicina a noi nel tempo, avviene nella metà degli anni ’90 del Novecento, generata dai numerosi adattamenti per lo schermo che fioriscono a partire dal 1995 ed ebbero grande successo in tutto il mondo, contribuendo alla diffusione e al consolidamento della fama di Jane Austen nella cultura popolare mondiale.
[8] L’edizione italiana di questo testo è stata curata da JASIT per la casa editrice Jo March, pubblicato nel 2013.
[9] Di questo testo è disponibile una copia in formato elettronico sul sito di JASIT, jasit.it, alla pagina Pubblicazioni.

 

Print Friendly, PDF & Email

Potrebbe interessarti...

Che cosa ne pensi?