Miss Austen, l’anonimato e il nome stampato su due libri altrui

Due Pollici D'Avorio n.3 - Silvia Ogier

Alla luce delle evidenze giunte fino a noi, durante la propria vita Jane Austen ebbe l’occasione di vedere il proprio nome stampato su due libri, ma non in veste di autrice. Si trattò di una giusta causa: donare del denaro per sostenere la pubblicazione dell’opera letteraria di due autori. Questo articolo ricostruisce i due casi, la cui importanza va al di là dell’aneddotica legata all’anonimato dei suoi romanzi perché rivela il modo in cui intendeva il proprio ruolo di lettrice e scrittrice.

L’articolo originale è apparso sulla rivista di JASIT – Jane Austen Society of Italy “Due pollici d’avorio”, numero 3 (2015), pagg. 8-15. Per richiedere l’intero numero, scrivere a info@jasit.it.


Due Pollici D'Avorio n.3 - Silvia Ogier

Jane Austen pubblicò tutti i romanzi in forma anonima.
Le convenzioni sociali del tempo più che il carattere dell’autrice stessa resero indispensabile questa salvaguardia. Non solo era del tutto inconcepibile qualunque forma di esposizione pubblica del ruolo femminile, come pubblicare un libro con il proprio nome bene in vista ma, addirittura, all’impedimento sociale se ne sommava uno letterario: il romanzo era un genere relativamente giovane e non godeva ancora di molta stima (come la stessa Jane Austen non manca di raccontare in alcune pagine di L’Abbazia di Northanger).
Tutto ciò non impedì ad alcune scrittrici dei suoi tempi di scavalcare il cancello e uscire allo scoperto, come testimonia il successo di Ann Radcliffe, Maria Edgeworth o Frances «Fanny» Burney, per fare solo qualche esempio eclatante e legato alle letture preferite dalla stessa Jane Austen. Tuttavia, si trattò sempre di eccezioni prodotte da situazioni molto peculiari che confermavano la regola generale – a cui Jane Austen, pur senza mai abbandonare il desiderio di diventare un’autrice pubblicata e di poter vivere della sua penna, non solo non sfuggì ma si conformò con attenzione anche se senza particolare ansia o pervicacia, spesso (ma non sempre) sostenuta dalla sua grande famiglia.
Questo non significa che le voci non circolassero e il passaparola tra parenti e conoscenti, che erano anche lettori, non avesse lentamente diffuso una qualche notorietà del suo nome associata ai romanzi.

La cautela notata a Steventon riguardo alla paternità del libro è una gradevole sorpresa per me, e mi auguro di cuore che possa servire a evitarti qualsiasi situazione spiacevole; – ma devi essere preparata al fatto che il Vicinato potrebbe già essere al corrente dell’esistenza al Mondo di quest’Opera, e nel Mondo di Chawton! [1]

Nel 1813, mentre era intenta a revisionare Mansfield Park, Jane Austen chiese al fratello Frank, in servizio nella marina militare, di poter usare nel nuovo romanzo i nomi delle navi in cui egli aveva servito in passato. Probabilmente, nella risposta il fratello la avvertì del potenziale pericolo insito nell’uso di un dato così direttamente legato a lei e alla sua famiglia. Nella lettera che gli scrisse il 25 settembre, ella spiegò come tanta precauzione fosse ormai diventata inutile, anche a causa del fratello Henry:

Ti ringrazio di cuore per il tuo cortese assenso alla mia richiesta e per il cortese avvertimento che lo seguiva. – Sapevo già a che cosa mi esponevo una volta svelato – ma la verità è che il Segreto si è talmente diffuso che ormai è a malapena l’ombra di un Segreto – e quando uscirà il 3° [N.d.A.: Mansfield Park], non ci proverò nemmeno a dire Bugie. – Cercherò invece di trarne tutto il Denaro possibile più che il Mistero.  Se ci riesco la gente pagherà per venirne a Conoscenza. – In Scozia Henry ha sentito elogi entusiasti su P.&P. [N.d.A.: Orgoglio e Pregiudizio], da Lady Robert Kerr e da un’altra Signora; – e che cosa ha fatto nell’impeto della vanità e dell’Amore Fraterno, se non dir loro immediatamente chi l’aveva scritto? – Una volta dato il via a Qualcosa – si sa come si diffonde! – e lui, cara Creatura, gli ha dato il via molto più di una volta sola. So che è stato fatto tutto perché mi vuole bene e mi apprezza – ma allo stesso tempo, fammi esprimere di nuovo a te e a Mary la mia gratitudine per la maggiore gentilezza da voi mostrata in questa occasione, facendo ciò che desideravo. – Sto cercando di rendermi insensibile. – Dopo tutto, che sciocchezza è questa sotto tutti gli Aspetti, in confronto agli eventi davvero importanti dell’esistenza persino in questo Mondo![2]

Tutto durante la vita di Jane Austen, dunque, concorse a cercare di mantenere senza troppi tormenti un anonimato e una riservatezza che a quei tempi era la norma.
E fu così che Ragione e sentimento uscì il 30 ottobre del 1811 con un frontespizio che indicava semplicemente che il romanzo era «By a Lady», di una signora. Per i romanzi pubblicati negli anni successivi, il frontespizio rimandava sempre a ciò che era stato già pubblicato: Orgoglio e pregiudizio, ad esempio, riportava l’indicazione «By the Author of Sense and Sensibility» (dell’autore di Ragione e sentimento).

Frontespizio anonimo della prima ed. di Ragione e Sentimento

Nemmeno i due postumi, Persuasione e L’Abbazia di Northanger, pubblicati nel dicembre del 1817, sfuggirono a questa regola ferrea della protezione dell’anonimato, almeno sul frontespizio, dove si legge chiaramente il consueto riferimento a ritroso, «By the Author of Pride and Prejudice, Mansfield Park, etc.» (Dell’autore di Orgoglio e Pregiudizio, Mansfield Park, ecc.). Fu solo la Nota Biografica sull’Autore del fratello Henry, inserita come prefazione ai tre volumi che contenevano i due romanzi, a rendere esplicito il nome dell’autrice:

Le pagine che seguono sono la produzione di una penna che ha già contribuito non poco al divertimento dei lettori. E quando i lettori, che non sono rimasti insensibili alle qualità di Sense and Sensibility, Pride and Prejudice, Mansfield Park ed Emma, apprenderanno che la mano che guidava quella penna è ora ridotta in polvere nella tomba, queste brevi notizie su Jane Austen saranno forse lette con un sentimento più benevolo della semplice curiosità.[3]

Resta il fatto che l’autrice non vide mai il proprio nome stampato a chiare lettere sui propri romanzi. Tuttavia, per quanto ci è dato sapere dalle fonti disponibili ancora oggi, lo vide almeno due volte, anche se su libri di cui non era l’autrice.

Si tratta di una storia curiosa, poco conosciuta ma emblematica della vita di Jane Austen perché testimonia il suo amore concreto e incondizionato nei confronti della scrittura, dei libri e di chi li rende possibili. Inoltre, ci permette di conoscere un aspetto peculiare dell’editoria dei suoi tempi che anticipa una pratica di sostegno finanziario oggi molto diffusa in ambiti diversi: la raccolta pubblica di fondi o «crowdfunding».

«Subscription publishing», la pubblicazione tramite sottoscrizione pubblica

Questo sistema di pubblicazione si diffuse in Inghilterra durante il XVI secolo, all’inizio per atlanti, libri di geografia, di storia, o religiosi, ma sempre di più fu utilizzato, in seguito, anche per opere letterarie – ad esempio, la prima edizione illustrata di Il paradiso perduto di Milton fu pubblicata dal famoso editore Jacob Tonson grazie a una sottoscrizione a cui parteciparono più di cinquecento persone.
Questo metodo veniva utilizzato soprattutto per evitare di vendere i diritti dell’opera all’editore e disporre con totale libertà del denaro raccolto. Gli editori, inoltre, avevano la certezza del compenso per il proprio lavoro di stampa e distribuzione.
Di solito, attraverso un annuncio su uno o più quotidiani o riviste, spesso coadiuvato da un potente lavorio di passaparola innescato da parenti e amici, un autore chiedeva ai lettori di donare una somma di denaro prefissata per sostenere la pubblicazione di una sua futura nuova opera letteraria. Ogni sottoscrittore avrebbe avuto il proprio nome indicato nell’apposita lista che, di norma, veniva debitamente inserita a corredo dei volumi del libro finanziato, spesso accompagnata da una dedica.

In un’epoca in cui i libri erano costosi, quasi oggetti di lusso, i partecipanti erano per lo più persone abbienti e illustri così che, presto, partecipare a queste sottoscrizioni divenne anche un modo eccellente per mettersi in vista da parte di coloro che tentavano l’arrampicata sociale e si potevano ritrovare a figurare nella lista dei donatori accanto a eminenti personalità del tempo.
Non si trattava di un’operazione facilmente gestibile: a causa degli immancabili abusi, verso la fine del XVIII secolo, la pratica della raccolta pubblica di fondi era già comunemente ritenuta complicata, incerta, ad alto rischio di perdite, anche per scrittori di vasta fama, e venne progressivamente abbandonata.

L’ammirazione di una lettrice di romanzi: 1795, Camilla di Frances «Fanny» Burney

Gli Austen di Steventon erano una famiglia numerosa e ricca di interessi culturali: tutti, senza alcuna restrizione, figlie femmine comprese, leggevano e avevano libero accesso alla fornita biblioteca del padre, il Rev. George; tutti scrivevano, e tutti si ingegnavano a leggere i libri o i propri scritti ad alta voce, o a dare vita a piccole rappresentazioni teatrali in famiglia.
La giovanissima Jane Austen ebbe dunque a disposizione una vera e propria palestra letteraria in cui crescere e affinare i propri gusti di lettrice e la propria abilità di scrittrice. Tra gli autori che imparò presto ad ammirare figura Frances «Fanny» Burney, più volte citata nelle lettere nonché nel romanzo austeniano che parla del romanzo come genere, e ne prende le difese a spada tratta, L’Abbazia di Northanger.

Frances Burney

Nata nel 1752, Frances «Fanny» Burney è figlia di un musicologo e letterato eminente, Charles Burney, un uomo liberale che educa i suoi figli in un ambiente intellettualmente vivace. Già all’età di dieci anni la piccola Burney scrive assiduamente e, mentre le sue sorelle più grandi sono inviate a Parigi per completare la loro educazione, ella si tuffa nei tanti libri della biblioteca di famiglia, e continua a comporre.
Il primo libro, Evelina, or the History of a Young Lady’s Entrance into the World (Evelina, o storia dell’ingresso di una giovane nel mondo), fu pubblicato nel 1778 (tre anni dopo la nascita di Jane Austen) rigorosamente anonimo, e diventò subito un enorme successo, per di più duraturo. Il secondo romanzo, del 1782, Cecilia, Memoirs of an heiress (Cecilia, Memorie di un’ereditiera – sul frontespizio si legge «By the author of Evelina», «dell’autore di Evelina»), fu nuovamente un grande successo, anche di critica.
Poiché nel frattempo il passaparola tra amici, conoscenti e lettori aveva reso noto il suo nome come autrice dei due romanzi pubblicati, e trovandosi nella necessità di aumentare le entrate familiari (infatti, si era sposata con il Generale francese Alexandre D’Arblay, e aveva avuto un figlio), Fanny Burney prese un’importante decisione.
Per il terzo romanzo, Camilla, a Picture of Youth (Camilla, un ritratto della gioventù), diventò imprenditrice di se stessa: scelse di sfruttare la fama conquistata e guadagnare direttamente il denaro proveniente dalla sua abilità di scrittrice utilizzando la sottoscrizione pubblica, chiedendo ai sostenitori mezza ghinea per finanziare la nuova opera.

Era il 1795 e la ventenne Jane Austen, sua grande ammiratrice, non si sottrasse a questo invito e prese dalla propria piccola rendita personale il denaro necessario.
Fanny Burney raccolse in tutto oltre un migliaio di sterline, una somma davvero enorme, e il libro poté uscire agevolmente l’anno successivo, comprensivo di lista dei sottoscrittori distribuiti su 38 pagine. È in tale lista che il nome di «Miss J. Austen, Steventon» appare (è il decimo nome, sulla pagina, vd. immagine più sotto).
La lista pubblicata include nomi di tutto rispetto anche in ambito letterario, da Maria Edgeworth a Hannah More, da Ann Radcliffe a Elizabeth Montagu, e di certo per la giovane ammiratrice aspirante scrittrice, che apprezza il «nuovo» genere letterario, il romanzo, è notevole ritrovarsi in tale ottima compagnia.

Camilla, lista dei sottoscrittori: “Miss J. Austen, Steventon”

Questo, secondo le evidenze disponibili oggi, è il primo caso in cui il nome di Jane Austen appare a stampa, su un libro. Tuttavia, ai nostri occhi, quel nome stampato ha un valore che va ben al di là del mero aneddoto curioso legato alla sorte editoriale di Jane Austen, segnata dall’anonimato dei suoi romanzi.
Nel 1795, la giovane Jane Austen compì un piccolo grande gesto di sostegno pubblico a una donna scrittrice. È un atto concreto assai significativo perché coincide con l’avvio della stagione dei romanzi canonici, e in particolare con l’inizio della redazione di Elinor and Marianne, la prima versione di Ragione e sentimento del 1795, e di First Impressions (Prime Impressioni), prima versione di Orgoglio e pregiudizio del 1796, e sembra così segnare una presa di coscienza più adulta del suo essere scrittrice. Forse, anche l’esempio dell’illustre autrice da lei sostenuta contribuì a farle maturare l’idea che anche una donna potesse vivere della propria penna, iniziando qui a tracciare la strada che intendeva percorrere nel futuro.

La devozione della figlia di un pastore anglicano: 1808, Two Sermons del rev. Thomas Jefferson

La seconda testimonianza del nome di Jane Austen stampato su un libro, anch’esso frutto del suo sostegno finanziario, è di dodici anni dopo, ed è di genere del tutto diverso. A ricevere il contributo dell’ormai trentatreenne Jane è una raccolta di sermoni del reverendo Thomas Jefferson di Tonbridge, nel Kent.
Nel mese di giugno del 1808, mentre è ospite del fratello Edward a Godmersham, nel Kent, Jane Austen scrive alla sorella Cassandra facendo riferimento alla raccolta di denaro per questo libro: «Ho letto a Edward di Mr Jefferson, e desidera sottoscrivere per una ghinea a suo nome e un’altra per la moglie; ma vuole solo una copia dell’opera»[4].
Qualche giorno dopo, il 26 giugno, le annuncia di voler sostenere l’opera: «Nel frattempo, devo ricordarmi che ora ho un po’ di soldi da parte, e voglio sottoscrivere per le opere di Mr Jefferson»[5].
A lei si uniranno anche la sorella Cassandra e la madre.
Al di là di un atto concreto di fede religiosa, comprensibile da parte della figlia del Rev. George, le motivazioni di questo particolare sostegno non sono chiare né esplicite ma alcune possono essere ricercate nella vita e nella famiglia dell’autrice.

Gli Austen erano legati a Tonbridge da un rapporto affettivo importante. Il padre di Jane vi aveva vissuto per lungo tempo, allevato da una zia, fin da quando era rimasto orfano, dapprima della madre (morta di parto), poi del padre, nello spazio di appena un anno. A Tonbridge compì gli studi con notevole successo. In quella cittadina, inoltre, visse la famiglia del cugino, Harry Austen, anch’egli ecclesiastico, suo predecessore nella canonica di Steventon.
Nel 1808, anno della sottoscrizione del Rev. Jefferson, Jane Austen era orfana dell’amato padre ormai da tre anni: oltre all’inevitabile dolore, questa grave perdita aveva imposto a lei, alla sorella Cassandra e alla madre una sensibile riduzione del reddito familiare che, nel 1806, le costrinse ad abbandonare definitivamente Bath alla ricerca di una sistemazione più economica a Southampton, dove viveva il fratello Frank con la famiglia.
Quando la raccolta Two Sermons[6] fu pubblicata nel dicembre del 1808, la lista di sottoscrittori era ricca di parenti e amici di famiglia delle signore Austen, con una presenza massiccia di residenti dell’area di Southampton, a testimonianza di come il sistema della sottoscrizione pubblica si avvalesse comunemente del passaparola tra cerchie di familiari e di amici.

Il cottage di Chawton in un’illustrazione del 1902, di Ellen HIll (da “Jane Austen. I luoghi e gli amici”)

Ci è nota almeno un’altra sottoscrizione a un progetto religioso da parte della figlia del Rev. George. Nel 1813, ormai residenti nel cottage di Chawton da alcuni anni, le signore Austen parteciparono alla raccolta di fondi per la Society for the Promoting of Christian Knowledge (Società per la Promozione della Conoscenza Cristiana, la più antica istituzione missionaria anglicana) che si riunì a Alton il 26 agosto di quell’anno. «Miss Jane Austen», insieme alla madre e alla sorella, nonché a Martha Lloyd (l’amica di famiglia che viveva con loro nel cottage di Chawton), è indicata nella lista di donatori pubblicata dallo Hampshire Chronicle del 6 settembre successivo.

Jane Austen, dunque, vide il proprio nome stampato su un libro in almeno due occasioni: si trattava di opere di cui non era l’autrice ma che aveva scelto di sostenere in modo concreto, donando una somma di denaro affinché potessero essere pubblicate.
La giovane aspirante scrittrice scelse un romanzo di un’autrice molto ammirata, mentre la figlia amorevole nonché anglicana praticante scelse una raccolta di sermoni di un ecclesiastico assai vicino alla memoria di suo padre.
Diversi aspetti della donna Jane Austen semplicemente uniti nel suo amore incondizionato per i libri.


Note
[1] Lettera a Cassandra Austen, 4 febbraio 1813, trad. it. di Giuseppe Ierolli, in jausten.it. L’opera a cui si fa riferimento nel testo è Orgoglio e pregiudizio.
[2] Lettera a Francis (Frank) Austen, 25 settembre 1813, trad. it. di Giuseppe Ierolli, in jausten.it.
[3] Henry Austen, Nota Biografica sull’Autore, 1817, trad. it. di Giuseppe Ierolli, in jausten.it.
[4] Lettera a Cassandra Austen, 15-17 giugno 1808, trad. it. di Giuseppe Ierolli, in jausten.it.
[5] Lettera a Cassandra Austen, 26 giugno 1808, trad. it. di Giuseppe Ierolli, in jausten.it.
[6] Il titolo completo dell’opera è Two Sermons on the reasonableness, and salutary effects of fearing God, as governor and judge of the world: also an Essay intended as a vindication of Divine justice and moral administration (Due sermoni sulla ragionevolezza, ed i salutari effetti del timore di Dio, come governatore e giudice del mondo: nonché un Saggio inteso come rivendicazione della giustizia Divina e amministrazione morale).


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