Quando circa un anno fa mi imbattei in un articolo su Repubblica.it sulle nuove creazioni in fatto di gioielli di Miuccia Prada, fui incuriosita dal rimando non del tutto scontato a Jane Austen, e con lei a un’epoca in cui il cammeo era compagno di un certo modo di vestire fatto di drappeggi, scialli, strascichi, scollature entro cui essere sfoggiato.
I materiali e le finiture del cammeo moderno (in plexigass) sono espressione di lavorazioni all’avanguardia mentre l’immagine e la funzione di tale gioiello rievocano utilizzi meno voluttuari e leziosi rispetto a quelli che potrebbe incarnare oggi:
Come vedi è andato tutto bene, specialmente dopo esserci messe sulle spalle il foulard di Mrs Lance, fissato con una spilla.
(Lettera 66, 24 gennaio 1809)
Accessorio indispensabile per fermare la mantella se incastonato come spilla, usato come pendente per impreziosire una mise da sera, se eri nubile dovevi procurartelo da sola come fece Cassandra, chiedendo alla sorella Jane di acquistarlo a Londra:
Ho comprato il tuo Medaglione, ma sono stata costretta a pagarlo 18 scellini – che dev’essere un po’ più di quanto intendevi spendere; è semplice e elegante, montato in oro.
(L85, 24 maggio 1813)
In realtà all’epoca lo shopping riguardava per la maggior parte gli accessori, dovendo per gli abiti acquistare “solo” la stoffa: popeline, raso, ermisino, mussolina, lino, broccato, crespo cinese. Le scorribande all’emporio riguardavano l’occorrente per partecipare a un ballo: calze di seta (poi da cifrare) e guanti bianchi:
Non dici nulla delle calze di seta; spero perciò che Charles non le abbia comprate, visto che non sono davvero in grado di pagarle, perché ho speso tutto il mio denaro per comprare guanti bianchi e stoffa di seta.
(L1, 9-10 gennaio 1796)
o ventagli, ma anche inchiostro giapponese per interventi a un cappello:
Ho comprato anche dell’Inchiostro Giapponese, e la prossima settimana darò il via agli interventi sul mio cappello, dai quali sai che dipendono le mie principali speranze di felicità.
(L10, 27-28 ottobre 1798)
Il venditore di merletti si recava a domicilio, e se si era fuori in visita si perdeva l’occasione:
Quello dei Merletti è stato qui qualche giorno fa; che sfortuna per tutte e due che sia venuto così presto.
(L10, 27-28 ottobre 1798)
L’ambulante aiutava a sbarazzarsi del denaro risparmiato in cambio di camicette e calze:
L’ambulante di Overton è stato così gentile da sbarazzarmi di un po’ del mio denaro, in cambio di sei camicette e quattro paia di calze. Il lino irlandese non è buono come avrei voluto; ma visto che l’ho pagato com’era nelle mie intenzioni, non ho motivi per lamentarmi.
(L12, 25 novembre 1798)
e le cuffiette da sera erano realizzate in casa, fai-da-te:
Da quando sono tornata a casa mi sono fatta due o tre cuffie da mettere la sera, e mi risparmiano un’infinità di tormenti per acconciarmi i capelli, cosa che al momento mi permette di non preoccuparmene al di là di lavarli e spazzolarli, poiché i capelli lunghi sono sempre in trecce che non si vedono, e quelli corti si arricciano abbastanza senza bisogno di diavolini.
(L13, 1-2 dicembre 1798)
Le ristrettezze economiche consentivano la pratica del riciclo molto più di quanto oggi la volubilità delle signore più modaiole le spinga a liberarsi di abiti a fine stagione, mentre all’epoca staccare la calotta di una cuffia per applicarla ad un altro cappellino facendolo aumentare di dignità portava al raggiungimento di un risultato più che rispettabile:
Qualche giorno fa mi sono presa la libertà di chiedere alla tua Cuffia di velluto Nero di prestarmi la sua calotta, cosa che ha fatto senza alcuna difficoltà, e che mi ha permesso di procurare un considerevole aumento di dignità al mio Cappellino, che prima era troppo frivolo per piacermi. – Lo metterò giovedì, ma spero che non ti offenderai con me per aver seguito solo in parte i tuoi consigli su come abbellirlo – mi azzarderò a lasciarci intorno il nastrino argentato, girato due volte senza nessun fiocco, e invece della piuma militare nera ce ne metterò una color Papavero, che trovo più elegante; – e inoltre il color Papavero sarà di gran moda questo inverno. – Dopo il Ballo, lo farò probabilmente tutto nero.
(L14, 18-19 dicembre 1798)
Indiscutibilmente l’accessorio principe era il copricapo sia in casa che – soprattutto – fuori. In privato si portavano di giorno cuffiette per raccogliere i capelli e non doverli acconciare, e di notte un apposito berretto:
Ho ritrovato i tuoi guanti bianchi, erano ripiegati dentro il mio berretto da notte lavato, e ti mando i loro omaggi.
(L45, 24 agosto 1805)
ma in pubblico si potevano – e dovevano – sfoggiare cappellini sempre diversi: ai balli di raso bianco o addirittura esotici, per esempio un “cappellino Mammalucco”, di foggia orientale e diventato popolare dopo la battaglia di Abukir nella campagna d’Egitto di Nelson, che “Di questi tempi è di gran moda, è portato all’Opera, e da Lady Mildmays ai Balli di Hackwood” (L17, 8-9 gennaio 1799), oppure “un po’ della stessa mussolina (del vestito) intorno alla testa, bordata con la fascia […] – e un Pettinino.” (L24, 1° novembre 1800); al mare cappellini di paglia con guarnizioni di frutta e fiori, in città “di raso e merletto bianco, e con un piccolo fiore bianco che spunta dall’orecchio sinistro, come la piuma di Harriet Byron.” o, se i capelli sono arricciati, “una striscetta di velluto intorno alla testa” (L87, 15-16 settembre 1816). Adatto per il mattino e per la carrozza quello della nipote Fanny: “di Ermisino bianco e Merletto, di forma diversa dal mio, più adatto per il mattino, e per la Carrozza” (L88, 16 settembre 1816).
La veletta poteva costituire un ipotetico oggetto di regalo tra donne. Jane vorrebbe regalarla insieme a Cassandra alla cognata Mary, ma trovandola di scarsa qualità ripiega sul merletto:
Ora ti racconterò la storia della veletta di Mary, nell’acquisto della quale ti ho coinvolta così tanto da dover economizzare sui tuoi fiori. – Non ho avuto nessuna difficoltà a prendere una veletta di mussolina per mezza ghinea, e non molta di più a scoprire subito dopo che la Mussolina era spessa, sporca e logora, e perciò non sarebbe stata in nessun modo adatta a un Regalo in comune. – Di conseguenza l’ho cambiata non appena ho potuto e considerato in che stato mi aveva ridotto la mia imprudenza, mi sono sentita fortunata a prendere un Merletto nero per 16 scellini -. Spero che la metà di questa somma non sia troppo al di là di quanto Tu avessi intenzione di offrire sull’altare dell’affetto di una Cognata.
(L21, 11 giugno 1799)
Oppure, quando c’è da fare un regalo a Miss Benn, un’attempata vicina di casa a Chawton per la quale è più opportuno un dono utile e “non troppo bello”, si ripiega su uno scialle:
Talvolta hai espresso il desiderio di fare un regalo a Miss Benn; – Cassandra e io riteniamo che possa esserle utile qualcosa di simile a uno Scialle da mettersi sulle Spalle in casa nelle giornate molto fredde, ma non deve essere troppo bello altrimenti non lo userà. La sua Mantellina lunga di pelliccia è quasi del tutto consumata.
(L77, 29-30 novembre 1812, a Martha Lloyd)
Agli abiti colorati:
Mi serviranno due nuovi abiti colorati per l’estate, perché quello rosa non potrà fare altro che portarmi via da Steventon. Comunque, non ti chiederò che di prendermene uno, che dovrà essere di semplice mussolina di cotone marrone, per un vestito da giorno; l’altro, che dovrà essere di un bel giallo striato di bianco, intendo comprarlo a Bath. Comprane due marroni, se ti va, entrambi della stessa lunghezza, ma uno più lungo dell’altro – è per una donna alta. Sette iarde per la mamma, sette iarde e mezzo per me; un marrone scuro, ma il punto di marrone lo lascio scegliere a te, e preferirei che fossero diversi, così ci sarà sempre qualcosa da dire, da discutere su quale sia il più bello. Devono essere di mussolina di cotone.
(L33, 25 gennaio 1801)
ho intenzione di mettermi la mia Mussolina a pois prima di partire. – Ti sorprenderai a sentirlo – ma la mia mostra davvero segni di affaticamento, che con un po’ di cura possono portare a qualcosa.
(L65, 17-18 gennaio 1809)
mi sono lasciata tentare da una mussolina con dei graziosi colori, e ne ho comprate 10 iarde, nella speranza che ti piacesse; – ma comunque se non dovesse andarti bene, non devi affatto credere di essere obbligata a prenderla; costa solo 3 scellini e 6 pence a iarda, e non avrei la minima difficoltà a tenermela tutta. – La trama, è proprio quella che preferiamo noi, ma la somiglianza col filo da ricamo verde non è molta, perché il motivo è a piccoli pois rossi.
(L70, 18-20 aprile 1811)
erano abbinate scarpe rosa e di altri colori non precisati:
L’Abito mi piace moltissimo e la Mamma lo ritiene bruttissimo. – Anche le Calze mi piacciono moltissimo e preferisco di gran lunga averne solo due paia di questa qualità, che tre di minor pregio. – I Pettini sono molto graziosi, e ti sono molto obbligata per il regalo; ma mi dispiace che tu abbia fatto così tanto per me. – Le Scarpe Rosa non sono particolarmente belle, ma mi stanno benissimo – le altre sono perfette.
(L23, 25-27 ottobre 1800)
Per nuove idee e ispirazioni valeva più di tante riviste, la memoria fotografica di un nuovo modello di cappellino o la nuova foggia di un abito visti indosso alla Mrs. tal dei tali. A Londra Jane Austen si innamora di un cappellino di paglia a forma di cappello da cavallerizza:
Miss Burton mi ha fatto un Cappellino graziosissimo – e ora nulla potrà rendermi soddisfatta se non avere un cappello di paglia, a forma di cappello da cavallerizza, come quello di Mrs Tilson; e una ragazza nei Paraggi me ne sta proprio facendo uno. Sono davvero sbalordita; ma non costerà nemmeno una Ghinea.
(L70, 18-20 aprile 1811)
e prende in prestito qualche accorgimento:
Comunque Miss Chapman si chiama Laura e aveva una doppia balza nel vestito. – Devi proprio procurarti qualche balza. Non hai nella tua ampia provvista di abiti bianchi da mattina qualche capo troppo corto, buono per una balza?
(L92, 14-15 ottobre 1813)
Alle espansioni del Wonderbra d’importazione supplivano rimedi più “continentali” in tutti i sensi:
Ho saputo dalla ragazza di Mrs Tickars, con mio gran divertimento, che ora i busti non sono più fatti per spingere il Petto in alto; – quella era una moda sconveniente e innaturale. Sono stata davvero contenta di sapere che non lasceranno le spalle scoperte come prima.
(L87, 15-16 settembre 1813)
La sensazione che certi luoghi comuni sulla vanità femminile siano ormai inconfutabili è rafforzata se, oggi come allora, quando una donna apre l’armadio per il cambio di stagione l’esclamazione è la stessa:
Io sono determinata a comprarne uno molto bello non appena potrò, e sono così stanca e mi vergogno talmente di metà del mio guardaroba attuale che arrossisco al solo guardare l’armadio che lo contiene. – Ma non sarò ancora a lungo oltraggiata dal possesso del mio vestitino a pois, lo trasformerò molto presto in una sottoveste.
(L15, 24-26 settembre 1798)
Così diceva Jane Austen a 23 anni ma chi di noi non è assalita dallo stesso panico alla vista degli abiti messi e rimessi? E per nostra fortuna non abbiamo nemmeno chissà quali grandi occasioni in cui sfoggiarli, sicuramente non un ballo a settimana. Se dovessimo agghindarci con tutti i fronzoli (come scrive Jane Austen orgogliosamente: “ero vestita al meglio delle mie possibilità, e mi ero messa tutti i fronzoli tanto ammirati a casa.” – L36, 12-13 maggio 1801), una volta ogni sette giorni per l’equivalente odierno di una cerimonia nuziale, non basterebbero i più scaltri trucchi di sartoria a far apparire ogni volta nuova la toletta già sfoggiata.
I miracoli che oggi può una sostanziosa carta di credito, prima erano raggiunti con gli elementari rudimenti dell’arte del cucito e decine e decine di pareri, suggerimenti, ripensamenti in merito a questa o quella modifica rivoluzionaria, per esempio aggiungere ampiezze a una balza
Credo che metterò anche cinque ampiezze di Lino nella mia balza; ormai lo so che trovo sempre che ce ne sia bisogno di più di quanto mi aspettassi, e che sarei in pena se non ne comprassi più di quanto ne ritenessi necessario, per la Misura esatta, cosa sulla quale la pensiamo in modo molto diverso.
(L51, 20-22 febbraio 1807)
spostare il punto vita di un vestito per modificarne lo stile:
Posso facilmente supporre che le tue sei settimane qui saranno completamente occupate, fosse solo nello spostare il punto vita dei tuoi vestiti.
L65, 17-18 gennaio 1809)
e cambiarne la tinta per adattarlo a un’altra destinazione d’uso, talvolta con esiti non molto felici:
La Mamma prepara il lutto per Mrs E. K. – ha disfatto la sua vecchia mantella di seta, e intende far tingere i pezzi di nero per farne un vestito – un progetto molto interessante, anche se ora un po’ pregiudicato dalla scoperta che dovrà essere affidato alle mani di Mr Wren, perché Mr Chambers ha chiuso. – Quanto a Mr Floor, al momento è piuttosto calato nella nostra stima; com’è il tuo vestito azzurro? – Il mio è a pezzi. Credo che ci sia stato qualcosa di sbagliato nella tintura, perché in alcuni punti si è strappato solo a sfiorarlo. – Sono stati quattro scellini buttati via;
(L57, 7-9 ottobre 1808)
All’argomento moda sono sensibili, non meno della scrittrice, anche le protagoniste dei suoi romanzi: le signorine Bennet, in particolare le più giovani, Kitty e Lydia, non perdono occasione per andare a Meryton, dove le attrattive sono gli ufficiali e i nuovi arrivi in vetrina:
I loro sguardi cominciarono immediatamente ad aggirarsi per le vie in cerca di ufficiali, e nulla di meno di un cappellino davvero molto elegante, o di una mussolina appena messa in vetrina, riusciva ad attirarle.
(Orgoglio e pregiudizio, cap. 15)
ed Emma, ma soprattutto Harriet, non si fanno mancare le visite da Ford, il negozio più importante di tessuti e merceria a Hartfield:
Harriet, tentata da qualunque cosa e influenzata anche da mezza parola, era sempre molto lunga nel fare acquisti; e mentre lei era ancora in sospeso tra varie mussoline, cambiando spesso idea, Emma andò alla porta per svagarsi. […] poi raggiunse Harriet a quel bancone così interessante, cercando, con tutta la forza della sua volontà, di convincerla che se voleva una mussolina semplice non era di nessuna utilità guardare quelle decorate, e che un nastro azzurro, anche se bellissimo, non si sarebbe mai abbinato bene con il ricamo in giallo del suo vestito.
(Emma, cap. 27)
Ma forse l’immagine che immortala più di tutte la debolezza femminea per lo shopping è quella che ci regala Jane Austen in I Watson, il romanzo lasciato incompiuto:
La vecchia cavalla continuava col suo trotto pesante, senza bisogno di guidarla con le redini per farla girare nei punti giusti, e fece un solo errore, fermandosi davanti alla modista, prima di accostarsi all’ingresso della casa di Mr. Edwards.
Le uniche a non avere di queste velleità sono Fanny Price, abituata ad accontentarsi di tutto, e Anne Elliot che al massimo a Bath, per cercare rifugio dalla pioggia, entra in una pasticceria, mentre l’amicizia tra Catherine Morland e Isabel Thorpe consiste nello scambiarsi consigli su libri da leggere e segreti su cappellini nuovi:
E adesso, che ne dici di venire con me agli Edgar’s Buildings, e dare un’occhiata al mio cappellino nuovo? Avevi detto che ti sarebbe piaciuto vederlo.
(L’abbazia di Northanger, cap. 6)
E nello stesso romanzo, un po’ a sorpresa, l’eroe maschile si dimostra un profondo conoscitore della qualità dei tessuti, nonché di prezzi e modalità di lavaggio:
Furono interrotti da Mrs. Allen. “Mia cara Catherine”, disse, “toglimi questo spillo dalla manica; temo che abbia già fatto un buco; mi dispiacerebbe davvero tanto se fosse così, perché è il mio abito preferito, anche se l’ho pagato solo nove scellini a iarda.”
“È esattamente quanto avrei immaginato, signora”, disse Mr. Tilney, osservando la mussolina.
“Vi intendete di mussolina, signore?”
“In modo particolare; compro sempre da solo le mie cravatte, e sono ritenuto un ottimo giudice; e mia sorella si è spesso affidata a me per la scelta di un vestito. L’altro giorno gliene ho comprato uno, e tutte le signore che l’hanno visto hanno affermato che si è trattato di un vero affare. L’ho pagato solo cinque scellini a iarda, ed era autentica mussolina indiana.”
Mrs. Allen rimase sbalordita dalla sua competenza. “Gli uomini in genere notano così poco queste cose”, disse; “non sono mai riuscita a far distinguere a Mr. Allen uno dei miei vestiti da un altro. Dev’essere un gran comodità per vostra sorella, signore.”
“Lo spero, signora.”
“E vi prego, signore, che cosa ne pensate del vestito di Miss Morland?”
“È molto grazioso, signora”, disse lui, esaminandolo gravemente; “ma non credo sia facile lavarlo, temo che possa rovinarsi.”
(L’abbazia di Northanger, cap. 3)
In Ragione e Sentimento c’è un’altra scena, stavolta in una gioielleria, che coinvolge un uomo (si saprà poi che era il fratello di Edward Ferrars) indeciso quanto Harriet Smith:
Salendo le scale, le signorine Dashwood trovarono nel negozio così tanta gente prima di loro che non c’era nemmeno una persona disponibile per servirle; furono perciò costrette ad aspettare. Non c’era altro da fare, se non sedersi all’estremità del bancone che sembrava promettere di liberarsi più in fretta; là c’era solo un gentiluomo, ed è probabile che Elinor nutrisse qualche speranza di risvegliare la sua cortesia per un disbrigo più rapido. Ma la precisione del suo sguardo, e la raffinatezza del suo buongusto, si dimostrarono superiori alla sua cortesia. Aveva chiesto un astuccio per stuzzicadenti, e finché non furono decise dimensioni, forma e decorazioni, tutte dopo un esame e una discussione di un quarto d’ora su ogni astuccio per stuzzicadenti nel negozio, e si arrivò finalmente a soddisfare la sua fervida fantasia, egli non ebbe modo di concedere altra attenzione alle due signore all’infuori di quella contenuta in tre o quattro occhiate molto lunghe e insistenti; un genere di considerazione che servì a Elinor per imprimersi nella mente una persona e una faccia decisamente, spontaneamente e genuinamente insignificanti, benché acconciate all’ultima moda.
(Ragione e sentimento, cap. 33)
dalla quale si deduce che la vanità e la lentezza negli acquisti non sono prerogative solo femminili ma vanno equamente riconosciute – secondo i principi moderni delle pari opportunità – anche agli uomini.
Romina Angelici
Nota
Per i rimandi alle Lettere di Jane Austen, la numerazione è quella dell’ultima edizione curata da Deirdre Le Faye (Jane Austen’s Letters, Oxford University Press, 2011) e il testo è tratto dall’edizione curata e tradotta da Giuseppe Ierolli, on-line nel sito jausten.it (indice delle lettere).
Le lettere citate, se non diversamente indicato, sono tutte indirizzate alla sorella Cassandra.
Per le citazioni dei romanzi, i brani utilizzati sono stati tratti dal sito jausten.it di Giuseppe Ierolli.
L’articolo tratto da Repubblica.it citato all’inizio si può leggere nell‘archivio on-line del quotidiano.
Un paio di titoli per approfondire:
- Giuliana Gardellini, Il romanzo rosa alla Reggenza: paradigmi della moda in “Northanger Abbey” e “Persuasion”, in: Jane Austen. Oggi e Ieri, a cura di Beatrice Battaglia, Longo Editore, Ravenna, 2002, pagg.153-161.
- Penelope Byrde, Jane Austen Fashion. Fashion and Needlework in the Works of Jane Austen, Excellent Press, Ludlow,1999.
La Jane Austen Society of Italy (JASIT) è un’Associazione Culturale Italiana, attiva su tutto il territorio nazionale; in quanto società letteraria, promuove in Italia la conoscenza e lo studio di Jane Austen, la sua vita, la sua opera e tutto ciò che è legato ad essa, attraverso qualunque attività utile a realizzare tale scopo, nel nome dell’arricchimento culturale personale e condiviso.
6 commenti
Splendido, splendido articolo. Io sono una fanatica di Jane Austen dai tempi del liceo e leggere questo parallelo tra moda e vita vissuta nelle sue lettere mi è piaciuto immensamente. E’ stato come vivere un po’ di tempo vicino a lei. Grazie!
Ottimo lavoro, brava!! Specialmente la citazione sulla ‘vergogna per metà del suo guardaroba attuale’ ci ricorda che Jane è sempre attuale!
Complimenti Romina, ottimo articolo !
E’ divertente l’analisi sulla moda che condiziona da sempre le nostre abitudini ed è confortante ricordare che non solo le donne ne sono vittime !
Anna
Grazie a tutte! sono contenta che sia piaciuto, è molto bello essere sulla stessa lunghezza d’onda!
Per me è stato emozionante vedere che Jane era una ragazza come tante altre, aveva le stesse velleità, le stesse frustrazioni per questioni banali come ad esempio quale abito o cappellino indossare ma poi sapeva essere unica, concreta e nemica dell’effimero.
Questo articolo, e il precedente sul cibo, sono un ottimo esempio di quante cose si possano trovare nelle lettere di JA. Per quanto sia dolorosa la perdita della maggior parte del suo epistolario, le lettere rimaste sono comunque una miniera preziosa, nella quale si può scavare in tante direzioni per conoscerla meglio.
Verissimo! ogni volta che le rileggo si rinnova la meraviglia e la novità. Mi ricordo infatti quando proprio lei mi disse che piuttosto che recriminare su quelle andate perdute o su ciò che non si sa o è stato censurato, leggendole bene le lettere potevano rivelarci tantissime notizie di Jane. Che dire ad esempio dei consigli ad un’aspirante scrittrice? e quelli nelle questioni amorose? sto già pensando ad un altro tema…