Le eroine di Jane Austen

Lo Speakers’ Corner è ora occupato da Lucia D’Alessandro, che condivide con noi la profondità dei suoi pensieri sulle eroine di Jane Austen. 

Quando ho letto dell’opportunità di poter scrivere delle amatissime eroine di Jane Austen, l’entusiasmo e la felicità sono state grandi. Così mi sono comodamente seduta davanti al mio pc, armata di tutto l’amore per questa scrittrice e della ferma intenzione di dare il meglio per elogiare, a giusta ragione, le giovani donne di sua creazione.Ma, ahimé, dopo solo cinque minuti è subentrato il panico: solo mille parole per parlare di un argomento su quale c’è stato chi ha scritto saggi! Lungi da me l’essere presuntuosa come la nostra Emma Woodhouse considerandomi al pari di chi, dopo tanti studi, ha saputo egregiamente scrivere di una delle più significative donne della letteratura mondiale, ma semplicemente mi sono resa conto che la tendenza era quella di dilungarmi a dismisura, perché tante cose ci sarebbero da dire. Ad ogni modo, credo di avercela fatta. Ovviamente per quel che riguarda il numero delle parole.

Quello che a mio parere rende uniche le protagoniste dei romanzi della Austen è il fatto che esse ci appaiano vere e sincere nei loro difetti e nelle loro virtù, così come nei loro dubbi e nelle loro scelte. Le amiamo perché ritroviamo una parte di noi stesse in ognuna di loro, e non solo nel modo di essere, ma ancor più negli errori e nella crescita interiore che contraddistingue il loro cammino. Chi nella vita non si è mai lasciato accecare dall’orgoglio? Io personalmente spesse volte, e come la cara Elizabeth Bennet da esso mi sono fatta guidare verso giudizi e idee sbagliate su quelle persone che accusavo di determinati difetti che ero io la prima a possedere. Perché per quanto Lizzy affascini per la sua acutezza, il suo coraggio e il suo spirito libero, la verità è che anche un po’ presuntuosa, e tende ad avere, verso alcune cose, lo stesso atteggiamento che tanto biasima in Mr. Darcy.

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Romola Garai nei panni di Emma

E se si parla di presunzione, non possiamo non citare Emma, che per tutto il romanzo pecca costantemente di vanità. Emma non è cattiva, la sua educazione legata ad una determinata appartenenza sociale la porta a sentirsi ad un gradino più su rispetto a molti; ma il suo agire da egoista è fatto assolutamente in buona fede: crede davvero che tutti i suoi progetti pensati ad hoc per gli altri, e tutti gli espedienti messi in pratica per realizzarli siano fatti per il bene di coloro a cui sono rivolti, e non si rende conto, convinta com’è di sapere cosa veramente desideri, che in realtà cerca di compiacere se stessa. Altro comportamento in cui spesso noi donne siamo inciampate, e a volte tuttora inciampiamo, è quello di lasciarci trasportare troppo dalle nostre emozioni e dalla nostra fantasia. Ed ecco che in questo ci rispecchiamo nelle dolci e sognanti Catherine Morland e Marianne Dashwood, che nel pieno della loro giovinezza permettono al proprio cuore e alla propria immaginazione di fare da guida alle loro azioni che per lo più si riveleranno sconsiderate.

Ovvio che non ritengo che le nostre eroine siano solo sinonimo di sbagli e difetti, come potrebbe fin qui sembrare. Perché ciò che le accomuna è la capacità di rendersi conto di opinioni e scelte erronee e di riuscire a trarne insegnamento. Ecco cosa amo della Austen: le sue storie a lieto fine, che sono tali non per bieco ottimismo fine a se stesso, ma perché frutto di un lavoro interiore che nasce dal coraggio di guardarsi dentro e di ammettere a se stesse che forse ci si era sbagliate. È la speranza che comunica che mi lega tanto a questa scrittrice, speranza che dagli errori si può imparare e che la nostra mente e il nostro pensare sapranno sempre indicarci la strada giusta. Forse è per questo che le mie due donne preferite restano sempre Anne Elliot ed Elinor Dashwood. Anne è quella donna che per errori commessi in gioventù comprende che la felicità può trovarla ascoltando se stessa e il proprio buon senso. La sua storia parte da dove quella delle altre protagoniste finisce, e cioè dalla consapevolezza di sé; e per questo sarà premiata e le saranno giustamente riconosciuti tutti quei meriti che per lungo tempo gli altri, sottovalutandola, non sono riusciti a vedere in lei. Così come sarà premiata Elinor, anche lei valutata secondo criteri sbagliati quando viene accusata di freddezza ed insensibilità. Invece Elinor del proprio contegno e della propria dignità fa una virtù, dimostrando una grande forza d’animo e tanta superiorità morale rispetto a certe tipologie di donne.

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La Fanny uscita dalla matita della nostra Petra Zari

Non è un caso se lascio per ultima Fanny Price. Non certo perché la reputo un personaggio di minore spessore, ma perché con lei ho decisamente un rapporto ambiguo fatto di odio e amore. Fanny mi suscita tenerezza, e comprendo anche il perché di alcuni suoi atteggiamenti, ma non riesco a trovare amabili certi suoi tratti. Per tutto il romanzo gli altri personaggi decantano spesso la sua dolcezza, che ai miei occhi invece sembra piuttosto remissività, paura di esporsi e di contrariare gli altri.
Con la sua spiccata sensibilità, un’acuta capacità di osservazione e con delle doti intellettive e morali che la rendono nettamente migliore rispetto a tutte le donne che la circondano, lei potrebbe avere molto più successo. Forse questo ambivalente rapporto con Fanny è esattamente quello a cui mirava la scrittrice: porci delle domande su quanto a volte possiamo farci influenzare dalla società che ci circonda, e su quanto siamo disposte a compiacerla. Ed infatti il finale di questo romanzo mi sembra sì lieto, ma con riserva: quanto Fanny è stata realmente fautrice del proprio destino? E se lo è stata, a cosa ha dovuto rinunciare per far sì che i suoi desideri si realizzassero?

In conclusione, qualunque sentimento positivo o negativo queste eroine possano suscitare, riescono comunque ad entrare nel cuore e lì riservarsi un posto speciale. E questo perché colei che le ha create è stata per prima una donna coraggiosa che ha saputo descrivere con la giusta dose di sensibilità ed ironia il mondo interiore delle donne.

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