Un recente articolo di Diana Birchall apparso sul sito Austen Auhors si è dedicato alle lontane corrispondenze che legano Jane Austen a una delle nostre città, Venezia. Venezia è in particolar modo la mia città – di cuore, se non più di residenza – e spesso, passeggiando lungo i canali, mi sono ritrovata a pensare a quanto Jane Austen ne sarebbe rimasta affascinata, se avesse avuto modo di visitarla. La linea che collega al cielo i suoi tetti e i suoi innumerevoli campanili è come il raffinato orlo di un merletto, le fondamenta che si stendono sotto il sole, lungo i corsi dell’acqua, assomigliano ai nastri di seta di un abito da ballo, e i profili delle donne dietro le vetrate istoriate che si affacciano sui campi e sulle calli ricordano le miniature, i cammei, i medaglioni così diffusi nell’epoca Regency. E più di tutto, la nostra scrittrice sarebbe stata entusiasta delle complicate dinamiche sociali di una città così piccola eppure così viva, porto di ricchezze, di racconti, di marinai, di tradizioni straniere e di infiniti pettegolezzi locali. Venezia sarebbe stata per lei uno straordinario patchwork di tutti i luoghi delle sue narrazioni: le chiacchiere di Hartfield, la vanità di Bath, gli intrighi di Londra, i misteri di Northanger Abbey, la sontuosità di Pemerley, l’odore del mare di Lyme Regis.
Quando i romanzi di Austen iniziarono ad essere stampati (Ragione e sentimento, pubblicato per primo, apparve nel 1811), gli splendori di Venezia erano già finiti. Nel 1797, data del Trattato di Campoformio con cui Napoleone cedette la Serenissima all’Arciducato d’Austria, i fasti e l’opulenza ma soprattutto il potere economico della Repubblica andarono perduti. Ma prima di quell’episodio infamante, ovvero negli anni in cui Jane stava ancora sperimentando le infinite capacità della propria scrittura, Venezia era senza dubbio la regina d’Europa, un carillon illuminato e sempre in movimento, capace di presentare al mondo tutte le forme del lusso, della mondanità, dell’arte figurativa, del teatro. Sicuramente la cugina di Jane, la contessa Eliza de Feuillide, e Lady Susan ci si sarebbero trovate perfettamente a loro agio….
Veniamo ora alla traduzione dell’articolo di Birchall, che l’autrice ci ha gentilmente concesso di riportare qui in italiano, accogliendo la nostra richiesta, come ci scrive, “senza fiato” per l’emozione, e affermando che la possibilità che i Janeites italiani possano leggere il resoconto del suo viaggio a Venezia, dove spera di ritornare presto, è “un sogno che diventa realtà”.
Jane Austen e Venezia di Diana Birchall
Mentre mi trovavo a New York, la scorsa settimana, per una riunione di famiglia, ho potuto visitare la Morgan Library e vedere una splendida mostra: “Tiepolo, Guardi e il loro mondo: disegni veneziani del diciottesimo secolo”. I disegni esposti, luminosi e raffinatissimi, erano opere dei maestri Giambattista Tiepolo (1696-1770) e di suo figlio Domenico (1726-1804), di Guardi, di Canaletto e di Piranesi. La mostra, visitabile fino al 5 gennaio, è un antidoto perfetto al frastuono della città (e della famiglia). La consiglio di tutto cuore, così come vi invito a visitare la Historical Society di New York per vedere gli stupendi ritratti della Gilded Age (periodo che va dal 1870 agli inizi del ventesimo secolo, N.d.T.).
Tornata a casa, ne ho tratto spunto per riflettere su Jane Austen e il suo certamente limitato rapporto con Venezia e le sue ricchezze. Austen non vide mai Venezia e per quanto ne sappiamo non sbarcò mai sul Continente; questo però non significa che le glorie, l’arte e la decadenza di Venezia le fossero sconosciute. Al contrario, di tutto questo era ben informata.
Nei suoi romanzi Venezia viene citata una sola volta, in Emma. Il giorno della raccolta delle fragole, a Donwell Abbey, “Mr. Knightley aveva fatto tutto ciò che era in suo potere per intrattenere Mr. Woodhouse. Raccolte di incisioni, cassetti di medaglie, cammei, coralli, conchiglie, e ogni altra collezione di famiglia nei suoi armadi, erano state preparate per il vecchio amico, per fargli passare piacevolmente la mattinata; e quella gentilezza era stata pienamente apprezzata. Mr. Woodhouse si era divertito moltissimo. Mrs. Weston gli aveva mostrato tutto, e ora lui voleva mostrare tutto a Emma; fortunatamente non aveva alcuna altra somiglianza con un bambino che quella di una totale mancanza di gusto per ciò che vedeva, poiché era lento, costante e metodico. […] Jane se n’era andata da un quarto d’ora, e lei e il padre avevano solo visionato alcune vedute di piazza San Marco a Venezia, quando nella stanza entrò Frank Churchill.” (Emma, cap. 42. Qui e in seguito le traduzioni italiane degli scritti di Austen sono di G. Ierolli.)
Un altro indizio che suggerisce che Jane Austen conoscesse Venezia si trova in Tropic of Venice di Margaret Anne Doody: “Il fantasma che infesta la Venezia del diciannovesimo secolo è la Venezia del diciottesimo secolo. […] Per Theophile Gautier l’attrattiva di Venezia somiglia a quella di una musica un po’ dozzinale, un’aria popolare che si ricorda come ‘Aria del Carnevale di Venezia / Sui canali un tempo cantata’ nel suo Carnevale di Venezia, pubblicato per la prima volta nel 1849. […]. È possibile che l’autore pensasse alla canzone popolare ‘La biondina in gondoleta’, che, con la sua immagine di una ragazza dai capelli biondi addormentata in una gondola, fece il giro dell’Europa. Jane Austen copiò la musica e le parole nel suo quaderno di canzoni.”
Ecco la canzone, di Antonio Lamberti (1757-1852), che Jane Austen conosceva e cantava, in modo forse un po’ scorretto:
“La Biondina in gondoleta/ L’altra sera g’ho menà:/ Dal piacer la povereta,/ La s’ha in bota indormenzà./ La dormiva su sto brazzo,/ Mi ogni tanto la svegiava,/ Ma la barca che ninava/ La tornava a indormenzar./ Gera in cielo mezza sconta/ Fra le nuvole la luna,/ Gera in calma la laguna,/ Gera il vento bonazzà./ Una solo bavesela/ Sventola va i so’ caveli,/ E faceva che dai veli/ Sconto el ento fusse più./ Contemplando fisso fisso/ Le fatezze del mio ben,/ Quel viseto cussi slisso,/ Quela boca e quel bel sen;/ Me sentiva drento in peto/ Una smania, un missiamento,/ Una spezie de contento/ Che no so come spiegar!/ M’ho stufà po’, finalmente,/ De sto tanto so’ dormir,/ E g’ho fato da insolente,/ No m’ho avuto da pentir;/ Perchè, oh Dio, che bele cosse/ Che g’ho dito, e che g’ho fato!/ No, mai più tanto beato/ Ai mii zorni no son stà.
Eccone una versione cantata: http://www.youtube.com/watch?v=XK9gEhMphsk
Naturalmente questo ci riporta alla mente la scena in Persuasione in cui Anne traduce per Mr. Elliot una canzone italiana: “‘Questo, disse [Anne], ‘è più o meno il senso, o meglio il significato delle parole, perché di certo il senso di un’aria d’amore italiana non può essere espresso del tutto; ma è il significato più vicino che sono in grado di fornire, perché non pretendo di capire la lingua. Il mio italiano è molto povero.’ ‘Sì, sì, lo vedo. Vedo che non ne sapete nulla. Ne sapete solo abbastanza per tradurre all’impronta questi versi italiani contorti, involuti, spezzati, in un inglese chiaro, comprensibile ed elegante. Non c’è bisogno che diciate altro sulla vostra ignoranza. È assolutamente palese.’ (Persuasione, cap. 20.)
Non c’è da stupirsi che non si potesse parlare del senso di una canzone d’amore italiana, se quelle che Anne conosceva erano come “La biondina in gondoleta”!
Sembra che Jane Austen acquisì una maggiore conoscenza dell’Italia, e di Venezia, grazie alla lettura di Corinne, ou l’Italie di Madame Germaine de Stael, pubblicato nel 1807, che contiene vivaci descrizioni di viaggio. Austen, che allora viveva a Southampton, menziona il libro in una lettera a Cassandra (27-28 dicembre 1808 da Castle Square, Southampton): “Abbiamo passato il pomeriggio di venerdì con i nostri amici della Pensione, e la nostra curiosità è stata appagata dalla vista dei loro coinquilini, Mrs Drew e Miss Hook, Mr Wynne e Mr Fitzhugh, quest’ultimo è il fratello di Mrs Lance, e un vero Gentiluomo. […] È così completamente sordo, che dicono non sentirebbe nemmeno un Cannone, anche se sparasse accanto a lui; non avendo un cannone a portata di mano per fare l’esperimento, l’ho dato per certo, e ho parlato un po’ con lui con le dita, il che è stato abbastanza buffo. Gli ho raccomandato di leggere Corinna.”
La brillante Margaret Kirkham, in Jane Austen, Feminism and Fiction, non interpreta questo episodio letteralmente, ma ipotizza si tratti di uno scherzo, perché l’idea che Austen aveva di de Stael era simile all’opinione che aveva di Mary Wollstonecraft; non concordava con suoi i ritratti di donne di genio glorificate da uomini adoranti, e pensava che le donne dovessero essere tenute in considerazione per la loro razionalità.
Kirkham afferma che Jane Austen non consigliò veramente Corinne al gentiluomo sordo, ma si riferiva, in tono scherzoso, a quando, a Venezia, Corinne sente un cannone sparare tre volte dall’altra parte della laguna. Un gondoliere le spiega che lo sparo del cannone “indica il momento in cui una suora prende il velo in uno dei nostri conventi in mezzo al mare. Secondo la nostra tradizione una ragazza, nell’istante in cui pronuncia i voti, si getta alle spalle un mazzo di fiori che ha tenuto in mano per tutta la cerimonia, come segno di rinuncia al mondo, e il cannone spara per annunciare la sacralità del momento.”
Kirkham aggiunge: “Senza dubbio Jane Austen trasmise a Mr Fitzhugh solo i concetti che la gentilezza e la compassione rendevano appropriati, visto che la comunicazione con lui era difficile e limitata. Con Cassandra, invece, si concede di prendere in giro Corinne, perché evidentemente sapeva che la sorella avrebbe collegato la capacità di Mr Fitzhugh di sentire un cannone sparato nelle vicinanze con un passo di Madame de Stael che probabilmente avrebbe fatto ridere in modo irriverente entrambe le sorelle. Solo da questo, e da nient’altro, deriva che l’idea che Jane Austen ammirasse Madame de Stael e Corinne è priva di fondamento, ed è difficile non imputare a Henry Austen un piccolo gioco di prestigio nell’usare il rifiuto della sorella di incontrare l’autrice come prova del suo carattere ritroso e femminile.” [Margaret Kirkham, Jane Austen, Feminism and Fiction, London, The Athlone Press 1997.]
È noto che a Jane Austen si offrì la possibilità di incontrare de Stael, e che lei rifiutò. Quindici anni dopo la sua morte, Henry raccontò l’episodio: “All’interno della famiglia, ella parlava liberamente [dei suoi romanzi]; era grata per le lodi, aperta alle osservazioni e docile nell’ascoltare le critiche. Ma in pubblico rifiutava qualsiasi allusione al fatto di essere una scrittrice. Ne è prova l’episodio che sto per raccontare, che altrimenti non avrebbe alcuna importanza. Subito dopo la pubblicazione di Mansfield Park, Miss Austen si trovava in visita a Londra: un nobile, a lei sconosciuto, ma che aveva le sue buone ragione per ritenere che lei fosse l’autrice del libro, desiderava che mia sorella entrasse nel circolo letterario che si incontrava a casa sua. Le comunicò il proprio desiderio nel modo più educato, attraverso un amico comune, aggiungendo, cosa che Sua Signoria credeva sarebbe stata una tentazione irresistibile, che la celebre Madame de Stael avrebbe partecipato. Miss Austen rifiutò immediatamente l’invito. Per la sua mente, così delicata, una tale ostentazione avrebbe recato pena, invece che piacere.”
Henry tenta di ritrarre la sorella in modo molto zuccheroso, e le ragioni che adduce per il rifiuto di incontrare de Stael sono fuorvianti. Il fatto che Austen disapprovasse la personalità di de Stael e le sue convinzioni anti-femministe, tuttavia, non significa che non apprezzasse l’immaginosa narrativa di viaggio contenuta in Corinne, perché probabilmente invece le piaceva.
Margaret Plante, nel suo Venice, Fragile City 1797 – 1997, dà una vivida descrizione del romanzo:
“La storia è ambientata nel 1795, e Venezia è pervasa da quella malinconia che senza dubbio derivava dall’impressione che ne ebbe l’autrice quando la visitò all’epoca dell’occupazione austriaca: ‘un’aria di tristezza ti colpisce quando entri a Venezia.’ Per Corinne, che talvolta è di sicuro la portavoce della sua creatrice, l’architettura veneziana era ‘decorata in modo volgare’, e la città stessa sembrava quasi ‘sommersa’. Il silenzio era ‘spaventoso’, ed ella percepiva la ‘mancanza di natura, alberi e vegetazione’. Le gondole che scivolavano lungo i canali erano ‘tombe o culle, primo e ultimo giaciglio degli uomini’. Corinne confessa la sua ‘profonda malinconia’ a Oswald, Lord Nevil, l’aristocratico scozzese che l’ha portata a Venezia; il suo avvilimento cresceva quando sentiva il suono di tre spari di cannone, che indicavano che una suora stava prendendo il velo in uno dei conventi sulle isole. Ad ogni modo, Corinne e Oswald riuscirono a visitare la città in modo convenzionale, videro Palazzo Ducale, ammirarono il Giudizio Universale e il ritratto dell’umiliazione di Federico Barbarossa davanti al Senato di Venezia. Lord Nevil apprezzò all’Arsenale i trofei della supremazia marinara, che gli ricordavano la Gran Bretagna. Salirono sul Campanile e come molti prima di loro da lassù contemplarono l’Adriatico.”
Henry Colburn, che lo pubblicò, prestò a Madame de Stael una copia di Orgoglio e pregiudizio e lei lo giudicò “vulgaire”; tuttavia cercò di procurarsi Mansfield Park per la biblioteca della sua casa a Coppet. È attraverso i suoi occhi, comunque, che Jane Austen, qualsiasi cosa pensasse di lei, deve aver appreso molto di ciò che conosceva di Venezia.
Diana Birchall è autrice dei sequel austeniani, Mrs. Darcy’s Dilemma e Mrs. Elton in America, delle commedie You are Passionate, Jane e The Austen Assizes (scritta con Syrie James) e molti altri scritti di ispirazione austeniana. Ha pubblicato anche la biografia della nonna, Onoto Watanna, la prima romanziera asiatico-americana. Lavora come Story analyst presso i Warner Bros Studios. Originaria di New York City, abita attualmente a Santa Monica, California, col marito, un figlio e tre gatti. La ringraziamo nuovamente per averci concesso di tradurre il suo articolo su Venezia, e per coloro che fossero interessati rimandiamo al suo sito: www.dianabirchall.net.
La Jane Austen Society of Italy (JASIT) è un’Associazione Culturale Italiana, attiva su tutto il territorio nazionale; in quanto società letteraria, promuove in Italia la conoscenza e lo studio di Jane Austen, la sua vita, la sua opera e tutto ciò che è legato ad essa, attraverso qualunque attività utile a realizzare tale scopo, nel nome dell’arricchimento culturale personale e condiviso.
1 commento
Molto molto interessante, come sempre, ricco di spunti e informazioni preziose e illuminante nei collegamenti intertestuali.