Georgette Heyer e Jane Austen attraverso Il Dandy della Reggenza.


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Lo scorso 7 maggio 2016, il gruppo di lettura Jane Austen Book Club di Biblioteca Salaborsa e JASIT ha proposto una discussione su Il dandy della Reggenza di Georgette Heyer. Nell’Auditorium della biblioteca, molte persone si sono ritrovate per commentare o scoprire questa scrittrice troppo spesso e frettolosamente etichettata come autrice di romanzi rosa storici, alla stregua di qualunque altra autrice di questo genere e senza alcun riconoscimento dei tanti, grandi meriti letterari che ne fanno una vera fuoriclasse.

Abbiamo scelto di inserire questa lettura nel nostro percorso di esplorazione della ricezione popolare di Jane Austen proprio per approfondire un aspetto sempre molto vivo, anche perché utilizzato senza posa, e a sproposito, dalle case editrici per puri scopi commerciali: le/gli eredi di Jane Austen.
La scelta non poteva non ricadere su colei che da sempre viene considerata come l’erede per eccellenza, se non addirittura l’imitatrice originaria – salvo scoprire, una volta immersi nel suo mondo narrativo, che la sua è una voce unica e originale della letteratura, che ha in Jane Austen una fonte costante e ponderata di ispirazione.

Di seguito, ripropongo la mia introduzione a questa autrice e al romanzo in discussione, Il dandy della Reggenza, compresi i tanti consigli di lettura e approfondimento forniti in occasione dell’incontro in Biblioteca Salaborsa, a Bologna, lo scorso 7 maggio. A questa mia introduzione ho voluto dare un titolo, tratto da una fonte autorevole di critica letteraria, che ritengo sia una definizione azzeccata dell’arte di Georgette Heyer: The honourable escape (La fuga rispettabile).
Buona lettura.

The honourable escape (La fuga rispettabile)

Di Georgette Heyer si dice che sia la Madre dello Historical Romance (romanzo sentimentale storico o, più semplicemente, e un po’ impropriamente, “rosa storico”) e in particolare del Regency Romance (romanzo sentimentale storico ambientato nella Reggenza). Si dice anche che sia l’erede di Jane Austen e che sia LA cura giusta se si è in astinenza da Jane Austen (secondo il solito adagio six are not enough, cioè i sei romanzi austeniani non sono sufficienti). Ma Georgette Heyer è davvero questo e soltanto questo?

Il titolo che ho voluto dare alla chiacchierata di oggi racchiude una risposta.
Potrebbe essere anche il titolo di un romanzo della scrittrice di cui parliamo – ma in realtà è parte della descrizione che una famosa studiosa e docente di letteratura inglese ha dato di Georgette Heyer.
La studiosa e docente in questione è Antonia Susan Byatt che molti ricorderanno per un libro molto amato e famoso, Possessione. Una storia romantica.
Nel 1969, scrisse un articolo di critica letteraria, dal titolo Georgette Heyer is a Better Writer Than You Think (Georgette Heyer è una scrittrice migliore di quanto pensiate), e che è, di fatto, il primo riconoscimento ufficiale del mondo accademico e della critica letteraria in generale del valore e del lavoro di Georgette Heyer.
Considerandola una pietra miliare nel passaggio da Jane Austen alla letteratura d’evasione sentimentale odierna (essenzialmente, romanzo rosa, da cui discendono i sotto-generi del rosa storico e della chick-lit), Byatt la definisce, infatti, una

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cioè la scrittrice, superlativamente brava, della fuga onorevole o, meglio, rispettabile, perché crea «letteratura d’evasione che offre la possibilità di fuggire dalle tensioni della propria vita soddisfacendo un desiderio universale, che risale all’infanzia, di essere qualcun altro e vivere in qualche altra epoca per qualche ora».
In effetti, la stessa Heyer lo aveva riconosciuto in una lettera al suo editore nel 1943:

Io stessa penso che mi dovrebbero sparare perché scrivo tali assurdità ma è indiscutibilmente buona letteratura d’evasione e credo che la preferirei ad altro se fossi seduta in un rifugio anti-aereo o dovessi guarire dall’influenza.

Dal 1969 ad oggi, il pregiudizio su Georgette Heyer come scrittrice di romanzi rosa (che il senso comune considera “non-letteratura”) non sembra essere stato nemmeno scalfito, nonostante questo illuminato riconoscimento e nonostante alcuni illustri e convinti sostenitori – come Stephen Fry, il famoso attore britannico, che di recente ha consacrato questa ammirazione partecipando alla cerimonia di presentazione della targa commemorativa sulla casa al numero 103 di Woodside, a Wimbledon, la villetta dove Georgette Heyer nacque.
A.S. Byatt ha avuto un’ottima idea nell’identificare l’opera di Georgette Heyer con le parole honourable escape: letteratura d’evasione, sì, ma di altissima qualità, perciò pur sempre letteratura.

Autrice di enorme successo planetario fin dal primo libro, The Black Moth (La falena nera) pubblicato nel 1921, fino all’ultimo anno di vita (1973), in 50 anni ha pubblicato 54 romanzi e non ha mai fallito il colpo, per la gioia dei suoi fedelissimi e numerosi ammiratori.
Eppure, la sua figura di donna è rimasta avvolta nel mistero fino alla sua morte per sua precisa volontà. Ha sempre rifiutato interviste e apparizioni pubbliche perché, come disse più di una volta al suo editore, i suoi libri si vendevano benissimo senza alcun bisogno di ulteriore pubblicità e visibilità.
In questo, come in tanti altri elementi e tratti della vita e della personalità, ci ricorda Jane Austen, anche se in Georgette Heyer la discrezione è frutto della sua volontà mentre per Austen si intrecciava soprattutto con la consuetudine dell’epoca che non permetteva ad una donna di esporsi pubblicamente senza pagare conseguenze negative.
Quando le fu chiesto di fornire qualche dettaglio sulla sua vita, la sua risposta fu laconica e perfetta, con una brevissima frase (divenuta molto famosa) che parla di sé – della propria fuga dal chiasso e dall’esposizione della fama, e al tempo stesso, della propria concentrazione sul mero mestiere di scrivere e sul risultato di questa creatività:

I am to be found in my work.
(Mi si può trovare nella mia opera.)

Proprio come per Jane Austen, la sua vita è strettamente intrecciata con la sua opera così che non solo la possiamo trovare in ciò che ha scritto ma, viceversa, possiamo capire molto della scrittrice partendo dal dato biografico.
L’ho fatto leggendo una recente e documentatissima biografia, Biography of a bestseller, di Jennifer Kloester, pubblicata nel 2011. La biografa ha attinto a due fonti: l’archivio privato che gli eredi di Georgette Heyer, in particolare il figlio Richard, le hanno messo a disposizione (lettere, diari, foto, appunti ecc.) e la testimonianza diretta della prima biografa di Georgette Heyer, Jane Aiken Hodge, che scrisse The Private World of Georgette Heyer nel 1984.

heyer_parentsGeorgette Heyer nasce il 16 agosto 1902 in una villetta di Wimbledon, all’estrema (almeno a quei tempi) periferia di Londra, in una zona verdissima e tranquilla ma comunque vicina alla grande città. La famiglia è un terreno fertile che si rivela determinante per la formazione della futura autrice.
La madre Sylvia è diplomata alla Royal Academy of Music ed è una brillante pianista e cantante (ovviamente, com’era destino per le donne dell’epoca, si limiterà a farlo solo a casa a beneficio della cerchia familiare). Il padre George, bello, simpatico, di ottime maniere e cultura, laureato in lettere classiche a Cambridge, era (come sua moglie) un lettore appassionato, con un interesse speciale verso la cultura e la letteratura francese (una lingua che parlava molto bene) tanto che, all’epoca della nascita della primogenita Georgette, era insegnante di francese al King’s College di Londra ed era molto amato dagli studenti.
Era un padre fuori dal comune per quei tempi perché era molto affezionato alla figlia e passava molto tempo con lei, ispirando la sua formazione e sostenendola nelle sue aspirazioni. Questo creò tra loro un legame speciale. Per tutta la vita, è sempre stato una figura di riferimento per l’autrice.
Fin dai primi giorni di vita, Georgette cresce tra musica e letteratura: sua madre suonava e cantava ogni giorno, spesso con suo padre; e suo padre leggeva ad alta voce libri di ogni genere, da Shakespeare alla Bibbia, da poesie a filastrocche per bambini, o poesie e racconti scritti da lui stesso. L’orecchio della piccola Georgette viene allenato fin da subito al gusto della parola e del suono. E soprattutto, al piacere della lettura. Tra gli autori amati figurano i grandi nomi della letteratura – Rudyard Kipling, Robert Louis Stevenson, Charles Dickens, William Thackeray, William Shakespeare, Elizabeth Gaskell e la Baronessa di Orczy (creatrice della saga della Primula Rossa). E naturalmente Jane Austen, che era la sua preferita.

Una curiosità a proposito del suo nome, che contiene una predestinazione. Georgette fu scelto per continuare la tradizione di famiglia, in riferimento al padre e al nonno, entrambi George. Non potendola chiamare George, scelsero una versione al femminile, e francese, e proprio così erano soliti pronunciare il suo nome. Georgette è anche il nome di un tessuto (anche in italiano), un tipo di seta che proveniva dalla Francia. La coincidenza è assai significativa perché negli anni seguenti Georgette Heyer avrebbe sviluppato grande interesse per l’abbigliamento e la moda – che sarebbe poi sfociato nelle memorabili ricostruzioni della moda dell’epoca che caratterizzano i suoi romanzi.

La giovane Heyer ama raccontare storie, e spesso a lei si uniscono i due fratelli, con cui talvolta mettono in scena ciò che inventano. In questo, troviamo un altro punto di contatto con Jane Austen, la cui numerosa famiglia nella canonica di Steventon era solita leggere ad alta voce e mettere in scena opere altrui o scritte da loro stessi.
Nel 1919, suo fratello Boris è malato. Per distrarlo ed intrattenerlo, Georgette scrive una lunga storia, avventurosa e piena di colpi di scena, ispirata alla Primula Rossa che gli piace tanto. Il padre, che ne ha ascoltato molti brani, ne rimane colpito e la convince a rielaborarlo ed arricchirlo, fino a dargli la forma di un vero e proprio romanzo, The Black Moth (La falena nera). Nel 1920, il suo gradimento per questa versione finale è tale che si adopera perché sua figlia riesca a pubblicarlo: Georgette lo invia a Constable, un famoso editore, che accetta di pubblicarlo. Georgette ha solo 17 anni. Il romanzo viene pubblicato l’anno seguente, il 1921.
Questa prima prova letteraria contiene già gli elementi essenziali che saranno sviluppati in seguito: è ambientata in un’epoca passata ma non troppo lontana (Georgiana), un eroe maschile tenebroso, un’eroina in pericolo, un lieto fine matrimoniale insidiato da mille peripezie ed un gruppo di personaggi secondari fortemente caratterizzati.

Da quel momento, Georgette non si ferma più e miete un successo dopo l’altro. Nel corso della sua onorata carriera durata 50 anni, è stata quasi sempre l’unica fonte di reddito certo e solido per la sua famiglia: due mesi prima del matrimonio con George Ronald Rougier, ingegnere minerario, muore l’amatissimo padre e diventa economicamente responsabile dei fratelli minori (di 19 e 14 anni) e della madre; una volta sposata, suo marito passa attraverso diverse traversie economiche e la famiglia riesce a mantenere il proprio tenore di vita solo grazie ai romanzi di Georgette.

Soprattutto, si cimenta con diversi generi (anche il giallo, di cui è un’appassionata lettrice, ambientati tra la Prima e la Seconda guerra mondiale) e soprattutto diversi periodi storici, antecedenti il XIX secolo. Ma è nel 1935 che trova ufficialmente la sua “casa” letteraria, con il romanzo Regency Buck (Il dandy della Reggenza).

Perché Georgette Heyer sceglie di dare vita a questo mondo Regency di fantasia, sì, ma molto realistico?
L’autrice nasce nel primo anno di regno di Edoardo VII. La Regina Vittoria era morta all’inizio dell’anno precedente, segnando drasticamente il distacco tra il secolo precedente e il nuovo. Georgette apparteneva, dunque, ad una generazione su cui agiva ancora potente il retaggio della lunga era Vittoriana e delle sue radici nell’era della Reggenza – un potere che sarà tale fino alla Prima Guerra Mondiale. Apparteneva, anche, alla classe media dell’epoca, con forti possibilità di scalata sociale. Nella sua infanzia, avere della servitù in casa, muoversi con carrozze e cavalli, dare priorità alle buone maniere, parlare correttamente, vestirsi come si deve, avere una solida cultura, erano elementi considerati naturali. Inoltre, per le attività svolte da suo padre, si è spesso trovata a contatto con membri delle classi alte, nonché con l’aristocrazia.
Con la Prima Guerra Mondiale, il suo mondo cambia profondamente, e si allontana sempre più dall’epoca che era abituata a considerare il suo ambiente naturale.
Nella biografia citata, c’è una frase che sintetizza molto bene le ragioni che probabilmente la spinsero a ritrovare il suo mondo nell’epoca della Reggenza.

Nonostante il mondo della Reggenza da lei creato fosse fedele nei dettagli storici, si trattava anche di un’entità attentamente costruita, che rifletteva valori, idee e costumi sociali Edoardiani con i quali era cresciuta. Si sentiva a casa nella Reggenza perché era un’epoca che si era riflessa sulla sua infanzia e scriverne le permise di fuggire in un tempo che sentiva sicuro, rassicurante e familiare.

Nel 1935, Georgette Heyer pubblica il primo dei suoi 24 romanzi ambientati in epoca Regency e, senza saperlo, stabilisce un precedente di tale valore che Regency Buck (Il dandy della Reggenza) diventa il libro capostipite di un nuovo genere, il Regency Romance, cioè il romanzo sentimentale ambientato all’epoca della Reggenza. È una sapiente combinazione di romanzo storico, romanzo sentimentale e giallo.
Forse, però, Georgette era cosciente di aver scritto un gran bel libro. In una lettera di questo periodo, scrive:

Tendo a credere che sia un classico! Non so proprio come sia arrivata a scrivere qualcosa di così bello. Ricordo bene di averci lavorato tanto – E quanto mi è piaciuto scriverlo!

È evidente che ha trovato il suo habitat naturale narrativo, la Reggenza. L’epoca a cui fa riferimento è brevissima, dura meno di dieci anni, dal 1811 – anno in cui il Re, Giorgio III, viene dichiarato inadatto a regnare e lo sostituisce il figlio primogenito, che diventa Reggente – al 1820, anno in cui, alla morte del Re, il Reggente diventa Giorgio IV, anche se, da un punto di vista sociale e culturale, si tende a considerare Reggenza tutto il periodo fino all’ascesa al trono della Regina Vittoria, nel 1837. La Reggenza propriamente detta, per quanto breve, fu molto intensa e vivace, caratterizzata da libertà impensabili anche nei decenni successivi e da una nuova raffinatezza culturale, nonostante l’ombra delle guerre napoleoniche e la costante minaccia di invasione da parte del “Mostro”, Napoleone.

Pride and prejudice - 1813Quanta Jane Austen troviamo in questo romanzo?
Di certo, Georgette Heyer ha imparato bene la lezione di Jane Austen: il primo tratto evidente dei suoi romance è, senza dubbio, l’ironia sopraffina che trabocca da ogni battuta e rende particolarmente gustosi i dialoghi, che hanno una qualità teatrale così spiccata da far venire voglia di leggerli ad alta voce.
Il retaggio austeniano, però, è ancora più esplicito nella creazione dell’intreccio e dei personaggi che lo animano. Heyer parte da uno schema romanzesco esplicitamente ispirato dalla sua autrice preferita, in particolare Orgoglio e Pregiudizio: l’incontro-scontro tra l’eroina, giovane intraprendente e anticonformista, e l’eroe, bel tenebroso altolocato e ricchissimo, che sfocia nella loro unione nel finale, dopo aver attraversato diverse prove sociali e personali.
Tuttavia, sostenere che Judith Taverner è una nuova Elizabeth Bennet e Lord Worth è un nuovo Mr Darcy sarebbe assai riduttivo – anche perché questo è, appunto, uno schema sul quale Georgette Heyer costruisce qualcosa di originale.
Le citazioni dirette o i riferimenti indiretti a Jane Austen, tuttavia, sono numerosi e trasparenti.

– Ragione e Sentimento
Al capitolo 9, viene detto che la sig.na Taverner doveva cambiare un libro alla biblioteca Hookham’s, famosa all’epoca. Questo accade in una giornata di fine novembre. Ed è proprio in questa biblioteca che si imbatte in un nuovo romanzo appena uscito, preso a caso da uno degli scaffali… Il romanzo è Sense and Sensibility (Ragione e Sentimento), pubblicato il 30 ottobre 1811, cioè poche settimane prima di questa scena. Qui Georgette Heyer inserisce una citazione dal romanzo (un brano dal cap. 33).

– L’Abbazia di Northanger ed i romanzi gotici
La scena appena citata prosegue con un dialogo. Judith si dice molto interessata a questo romanzo anche perché dichiara di essere stanca di «conti italiani che si comportano in modo stranissimo» e dopo Campane di mezzanotte e Misteri dell’orrido, questo titolo suona molto «gradevole».
Campane di mezzanotte è Midnight Bell mentre Misteri dell’orrido è Horrid Mysteries, entrambi nella lista dei romanzi gotici citati da Jane Austen in L’Abbazia di Northanger, i cosiddetti “Northanger Novels”. È una lista di romanzi gotici che Isabella Thorpe consiglia alla protagonista, Catherine Morland. Per molto tempo si è pensato che fossero una mera invenzione di Jane Austen e invece si è scoperto che sono dei veri romanzi dell’epoca.
Midnight Bell, di Francis Lathom, è citato anche in una lettera di Jane Austen a Cassandra del 24 ottobre 1798: «Il babbo adesso sta leggendo ‘Midnight Bell’, che ha preso in biblioteca, e la mamma è seduta accanto al fuoco.»
Questi romanzi sono ancora in commercio, pubblicati da una casa editrice con un nome che è tutto un programma, Valancourt Books (Valancourt è il nome dell’eroe dei Misteri di Udolpho, di Ann Radcliff)

– Orgoglio e Pregiudizio
Leggendo attentamente, soprattutto in versione originale, ci si rende conto che i riferimenti al darling child di Jane Austen sono disseminati nel testo. Ad esempio, al cap. 12, al lume di candela, Lord Worth dice «con dolcezza» a Miss Taverner: «Mi odiate come sempre? È un peccato. Non lasciate che le vostre prevenzioni vi inducano a diffidare di me», che diventa assai più evidente nell’originale: «Do you dislike me as much as ever? It is a pity. Try not to let your prejudice lead you into mistrusting me…»

Lizzy e Darcy o… Catherine e Tilney? A ben guardare, il rapporto tra Lord Worth e Judith sembra più quello tipico della situazione raccontata dal mito di Pigmalione e Galatea ma, soprattutto, è di nuovo un omaggio a Jane Austen perché riprende un aspetto essenziale di un’altra coppia d’oro austeniana: Catherine Morland e Henry Tilney, laddove quest’ultimo è un vero e proprio Pigmalione che insegna alla giovane inesperta e ingenua ragazza di campagna ad essere più razionale e stare in società.

Ma i riferimenti letterari a Jane Austen sono anche indiretti. La mia impressione è che Judith, solitamente accostata a Elizabeth Bennet, ricordi smaccatamente un’altra eroina, non austeniana. Per il suo modo di fare candidamente pragmatico e feroce, senza orpelli e malizie sociali, educatamente schietto, rievoca la protagonista di un romanzo che abbiamo letto anche nel nostro JABC: Evelina, di Fanny Burney, autrice considerata da Virginia Woolf la madre della narrativa inglese. Questo romanzo epistolare è un vero manuale per giovani donne che devono imparare a districarsi da sole nell’intricato mondo là fuori. Esattamente ciò che accade alla Judith di Georgette.

heyer_notebook_01Georgette Heyer inserisce nei romanzi qualcosa di cui la sua beniamina non aveva bisogno e di cui, invece, ella avverte la necessità per far sentire il lettore veramente “dentro” la scena: la ricostruzione accurata dell’ambientazione, che passa non solo dagli usi e costumi dell’epoca ma anche dalla presenza di personaggi storici reali (ad esempio, Beau Brummel e il Principe Reggente sono personaggi che interagiscono con quelli di fantasia creati dalla scrittrice) e dall’uso di espressioni linguistiche e uno stile che sono perfettamente Regency. Questa ricostruzione è frutto di una ricerca storica meticolosa, condotta con l’accuratezza e la profondità di una vera studiosa della materia, e cristallizzata per sempre nei suoi tanti quaderni.

Non è tutto: Georgette Heyer combina con grande abilità il dato storico alla narrazione romanzesca.
I capitoli 5 e 6 sono un esempio brillante di questa ricostruzione. Con il cap. 5, ad esempio, ci immergiamo totalmente in una tipica giornata Regency. Judith si prepara per accogliere le visite di rito e, mentre aspetta, svela alla sua chaperon di aver scoperto a due passi dalla sua casa londinese una libreria – che non è una libreria qualunque ma è Hatchard’s, la libreria più antica di Londra (aperta nel 1797 in Piccadilly a pochi passi da dove si trova ancora oggi, di proprietà della famosa catena Waterstone’s). In questa libreria, ci dice Judith, crede di aver incontrato Walter Scott. Per questo suo spiccato lato intellettuale, viene perdonata dalla sua chaperon solo perché, in fondo, bisogna pur essere in grado di conversare dei libri alla moda…
A proposito di moda, vengono ricordati dall’autrice i consigli di mondana saggezza che ci svelano le manie sociali dell’epoca dettate dal vero dominatore incontrastato della Reggenza, George Brummel, detto Beau Brummel, modello di eleganza e stile a cui ogni gentiluomo doveva ispirarsi, e soprattutto arbitro delle sorti mondane di qualunque persona, uomo o donna, che aspirasse ad essere socialmente accettata nell’alta società inglese, il cosiddetto  ton.
Uno dei momenti più belli di questo capitolo è la lunga battaglia del fratello di Judith, Peregrine, per abbigliarsi esattamente come Brummel. In tre pagine esilaranti ma molto istruttive, Perry combatte per ore con la cravatta, l’aderentissima marsina che nemmeno due valletti riescono ad infilargli senza fatica, e soprattutto con i capelli, che devono apparire spettinati e naturali ma in modo impeccabile.
Le visite ci presentano una carrellata di personaggi reali famosi tra cui spiccano le famose e temutissime patronesse di Almack’s: Lady Sefton e Lady Jersey.

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Un ballo da Almack’s, in un’illustrazione del 1815. Sulla sinistra, Brummel conversa con la Duchessa di Rutland.

La tipica giornata Regency si chiude in bellezza perché seguiamo Judith in questo famosissimo club alla moda, molto esclusivo, che decideva del destino di ogni persona nell’alta società inglese dell’epoca. Almack’s fu attivo tra il 1765 ed il 1871 in King Steet e fu tra i primi ad ammettere sia uomini che donne. Come sottolinea Judith, il luogo non era particolarmente grande e sfarzoso ma la sua importanza era nelle persone che lo frequentavano. Le regole per esservi ammessi erano ferree: non contavano il denaro, il rango, la bellezza; si doveva avere uno spirito arguto e vestire in modo impeccabile. Il consiglio direttivo era composto da un gruppo di sette ladies (le Patronesses) che si riunivano settimanalmente per decidere a chi concedere gli agognati Vouchers, dei biglietti di entrata, ed essere così inseriti nella lista degli invitati. Era il luogo ideale per stringere alleanze matrimoniali di alto rango.

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Lo scrupolo per la veridicità di quanto Georgette Heyer racconta nelle proprie opere raggiunge l’apice con An Infamous Army (L’incomparabile Barbara), il romanzo più storico di tutti, che è considerato il seguito di Regency Buck e di Devil’s Cub (Il figlio del diavolo, a sua volta seguito di These Old Shades, cioè La pedina scambiata) . L’autrice ha sempre dichiarato che ogni singola battuta pronunciata da uno dei personaggi reali della vicenda, Lord Wellington, è vera perché tratta dalle lettere o da altri documenti ufficiali di questo famoso personaggio storico.


Questa non è che una breve introduzione al mondo di Georgette Heyer ma spero che, grazie alla lettura di questo primo Regency Romance della storia della letteratura, sia stato possibile sgomberare il campo da molti equivoci e falsi miti sulla questa straordinaria autrice.
Considerata imitatrice o erede di Jane Austen, Georgette Heyer è stata fin dai primi successi sempre più imitata a sua volta. Il genere che ha fondato si è però subito avviato su una strada che lo ha portato molto lontano dalla sua origine: oggi, lo historical romance, il romanzo sentimentale storico, è sempre più un mero romanzo rosa dallo schema rigidamente replicato e con un’ambientazione storica spesso anacronistica o inconsistente, ma pur sempre dal successo solido e duraturo, per la gioia degli editori di tutto il mondo. Considerare Heyer alla stregua di questi esempi moderni è riduttivo e fuorviante perché il suo historical romance è, appunto, suo e di nessun altro.
Analogamente, si può dire che Georgette Heyer, pur ispirandosi a Jane Austen, non ne sia una imitatrice né tanto meno l’erede – non solo perché quest’ultima sia inimitabile ma anche perché le due autrici appartengono a due generi diversi. I libri scritti da Heyer sono romance, appunto, mentre quelli di Austen sono novel.
Per ricordarne la differenza, uso le parole della prof.ssa Serena Baiesi nell’incontro del JABC dedicato alle letture di Jane Austen (Tom Jones, Evelina e I Misteri di Udolpho). In italiano, in entrambi i casi si è soliti usare una sola parola, romanzo, ma, nel primo caso, siamo di fronte ad un romanzo realistico (in cui, ad esempio, i personaggi non sono stereotipati ma cambiano nel corso della vicenda, c’è maggiore introspezione, e risultano verosimili) mentre, nel secondo, ad un romanzo sentimentale (in cui sono utilizzati schemi narrativi rigidi ed i personaggi sono espressione di veri e propri stereotipi, mentre si fa largo uso della fantasia).

In breve, Georgette Heyer, grande madre del romanzo sentimentale storico, dotata di particolare abilità e predilezione per quelli ambientati nella Reggenza, è una vera fuoriclasse: ha costruito un proprio stile con accuratezza linguistica, storica, letteraria, e un gusto raffinatissimo e personale per l’ironia e l’intrattenimento, arrivando a raccontare storie rocambolesche e romantiche con una voce così originale da essere divenuta oggi un classico, sempre “parlante” ed inimitabile.
Non ho esitazioni nel dichiarare che quella di Georgette Heyer sia vera e propria letteratura, una letteratura di evasione di tutto rispetto – the honourable escape, appunto.


Esplorare il mondo di Georgette Heyer
☞ Leggere questi libri in italiano è piuttosto complicato perché tutti i suoi romanzi, pubblicati da Mondadori prima e Sperling & Kupfer poi, sono usciti di catalogo da tempo. La casa editrice Astoria, però, negli ultimi anni ha ripubblicato una manciata di titoli (ai quali spero ne vengano presto aggiunti altri) che sono facilmente reperibili per l’acquisto. Li trovate qui: Romanzi pubblicati da Astoria.
☞ Mi permetto di fornire alcuni personalissimi e parziali consigli di lettura per proseguire l’esplorazione del mondo di Georgette Heyer, fermo restando che anche i romanzi meno riusciti sono comunque una lettura di qualità e, di conseguenza, ci si può permettere di scegliere a caso con il cuore leggero. Che cosa leggere dopo Il dandy della Reggenza.
☞ Raccomando, inoltre, un libro che è un vero e proprio manuale di usi e costumi dell’epoca della Reggenza, scritto dalla biografa di G. Heyer, utilissimo anche come approfondimento dell’epoca di Jane Austen e dei suoi romanzi. È reperibile solo in inglese sulle librerie online. Georgette Heyer’s Regency World di Jennifer Kloester.
☞ Naturalmente, segnalo l’ottima biografia citata e utilizzata per l’introduzione al gruppo di lettura riportata in questo post. Georgette Heyer Biography of a besteseller di Jennifer Kloester
☞ In inglese, la casa editrice Naxos ha pubblicato gli audiolibri di alcuni romanzi, taluni in versione ridotta. Lista degli audiolibri Naxos.
Tre di questi sono letti da Richard Armitage: Sylvester, Venetia e The Convenient Marriage. Quest’ultimo può essere ascoltato su YouTube. The Convenient Marriage letto da R. Armitage

Link a risorse online (tutte in inglese) molto utili
☞ GeorgetteHeyer.com sito di riferimento.
HeyerList.org apparentemente spoglio ed invece ricchissimo di curiosità, come la tabella delle età delle coppie heyeriane e, soprattutto, delle accuratissime FAQ.
☞ Wikipedia.it Lista (utilissima) dei romanzi di epoca Georgiana e della Reggenza, in inglese con equivalente edizione italiana.

Georgette sullo schermo
Sarebbe perfetta ma, a causa di diversi problemi anche di concessione dei diritti, non è stato possibile vedere adattamenti per lo schermo dei romanzi, almeno finora. Due sole eccezioni, di poco conto: The Reluctant widow, film britannico del 1950, visibile su YouTube, e Arabella, film tedesco del 1959. Tuttavia, è di poco tempo fa la notizia che finalmente sono stati concessi i diritti cinematografici per adattare i romanzi dell’autrice. Sembra che il primo sarà Sophy la grande e che sarà prodotto da BBC. Non ci sono notizie più dettagliate ma qui potete trovare la fonte di questa informazione e sperare che l’attesa termini presto: JaneToGeorgette.com

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6 commenti

  1. Ottima idea, Silvia, questa di riportare qui la tua introduzione al gruppo di lettura su Georgette Heyer, autrice che ho potuto conoscere proprio grazie alla lettura di Regency Buck per il JABC. Molto utile per recuperare eventuali dettagli persi durante l’incontro e utilissimi anche i consigli e i link per ” further reading”.
    La Heyer è stata una bella scoperta letteraria e anch’io la considero un’autrice nel senso più vero e “rispettabile” della parola.
    Buona estate!
    Claudia

    1. Grazie, Claudia, per il tuo riscontro. Oltre alla condivisione di opinioni e informazioni, e al piacere di incontrare altri lettori dal vivo, il gruppo di lettura ha un altro fondamentale pregio: far scoprire qualcosa di nuovo. Mi fa molto piacere sapere che proprio la proposta nel calendario del JABC ti abbia portata a conoscere Georgette Heyer. Se durante questa estate ti capiterà di leggere altri titoli, non esitare a tornare qui a raccontarcelo. Buonissime letture estive!

  2. Molto esauriente questa disamina del “fenomeno” Heyer. D’accordissimo su un’autonoma collocazione di Georgette scevra da etichette e paragoni inutili. Indubbio l’omaggio austeniano da considerarsi solo punto di partenza per elaborazione di uno stile proprio, di un genere tutto suo.
    Io ho letto quasi tutti i romanzi e posso attestare che di Georgette non se ne ha mai abbastanza. Ogni volta le sue storie sono una piacevole conferma, avvincenti ed eleganti, trasportano in un altro mondo in cui è gradevole trattenersi per sorridere e sognare.

  3. il libro mi è piaciuto molto! è stata una lettura gradevolissima, simpatica, ironica e coinvolgente.
    Grazie per aver suggerito questa autrice!

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