Sorelle nel romanzo e nella realtà

Traduciamo per voi un articolo apparso sul Telegraph dello scorso 28 maggio. Si tratta di un estratto dal volume The real Jane Austen, di Paula Byrne
(http://www.telegraph.co.uk/culture/hay-festival/10082435/Hay-Festival-2013-The-real-Jane-Austen.html):

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Jane Austen è stata una dei primi romanzieri a scrivere a proposito di coppie di sorelle. In Ragione e sentimento (1811) e in Orgoglio e pregiudizio (1813), ci troviamo a cospetto di sorelle il cui rapporto reciproco ha lo stesso valore ai fini della storia di quanto ne abbia il loro interesse nelle relazioni amorose. I lettori sono stati dunque tentati di tracciare dei parallelismi tra le sorelle dei romanzi e le sorelle Austen.

Le sorelle Bennet nella versione di Orgoglio e Pregiudizio di Joe Wright (2005)

Sono sempre le sorelle minori, come Elizabeth Bennet e Marianne Dashwood, ad essere descritte come coloro che dicono cose scioccanti alle loro sorelle maggiori, provocando sia la loro indignazione che le loro risate. Di questo stesso tenore appaiono le lettere di Jane a Cassandra. Contemporaneamente, le sorelle maggiori, di ottime maniere e più prudenti, sono state paragonate a Cassandra stessa. Non è forse Elinor Dashwood appassionata di disegno, come Cassandra? E la più giovane e burrascosa Marianne Dashwood di Ragione e sentimento non condivide con la sua creatrice l’amore per la musica e i romanzi?

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Jane Austen e il matrimonio

Romina Angelici continua i suoi viaggi tematici nelle lettere e nelle opere di Jane Austen.

Il matrimonio: un lieto fine da romanzo ma non uno scopo di vita a tutti i costi. È a questo riguardo che si intuisce lo spirito più femminista e moderno della scrittrice.
A detta della nipote Caroline (nel suo Memoir), raramente la zia esprimeva un’opinione, ma in una delle rare eccezioni in cui evidentemente si lascia andare per amore della nipote Fanny, Jane non esita a sostenere un’opinione precisa:

ti supplico di non impegnarti oltre, e di non pensare di accettarlo a meno che non ti piaccia davvero. Qualsiasi cosa è preferibile o più tollerabile dello sposarsi senza Affetto;
(Lettera 109, 18-20 novembre1814, a Fanny Knight)

Un’opinione già espressa sei anni prima, con parole molto simili:

Il matrimonio di Lady Sondes mi sorprende, ma non mi offende; – se il suo primo matrimonio fosse stato per affetto, o ci fosse una Figlia da crescere, non l’avrei perdonata – ma ritengo che chiunque abbia diritto almeno una volta nella vita a sposarsi per Amore, se può
(L63, 27-28 dicembre 1808)

Del resto aveva abbastanza esperienza dei legami matrimoniali più o meno riusciti e soprattutto considerava disincantata che un affetto poco convinto avrebbe resistito poco alla prova del tempo e delle difficoltà. Sapeva bene che, nella vita reale, dopo le nozze non esisteva il finale delle favole “e vissero tutti felici e contenti” e la convivenza coniugale poteva non essere affatto tutta rose e fiori. Forse pensava proprio a questo, quando scrisse l’inizio dell’ultimo capitolo di Mansfield Park:

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