Introduzione. La prima volta che ho visto Orgoglio e pregiudizio di Joe Wright (2005), la mia attenzione è stata immediatamente attirata dall’importanza data dal regista alle condizioni atmosferiche che facevano da cornice agli eventi raccontati. Il film è, a mio parere, influenzato da una prospettiva critica piuttosto recente, volta a riscontrare nell’opera di Austen accenni di quel movimento romantico che stava iniziando a travolgere la cultura inglese ed europea.
Se si osserva l’abbigliamento dei personaggi si notano, specie in alcuni episodi, un certo disordine, una sorta di negligenza e incuria che sono tipiche della temperie romantica, così concentrata sull’individualità, sull’analisi interiore e sul rigetto delle convenzioni sociali: quando ad esempio si vede Matthew McFayden entrare nello studio del padre di Elizabeth per chiedere la sua mano, la sciatteria dei suoi abiti non è certo adeguata all’occasione. Anche l’attenzione per l’ambiente naturale, palesata nel film sin dalle sue primissime scene (il sorgere del sole, il pigolare degli uccelli, e in seguito, ancora più concretamente, la passeggiata del maiale sotto gli occhi di Mrs. Bennet), ricorda la filosofia romantica, e raggiunge il culmine della sua rappresentazione nelle scene in cui il tempo atmosferico diventa uno dei protagonisti della vicenda narrata. La prima dichiarazione d’amore di Darcy a Lizzy, che nel romanzo si svolge tra le mura di Hunsford, viene invece immaginata da Joe Wright all’aperto, e nel corso di un tremendo temporale: il tempo atmosferico era interpretato dai romantici come uno specchio delle emozioni umane, e non c’è dubbio che questo incontro tra i due protagonisti possa essere definito tempestoso.
Lungi dal voler esplorare il dibattito critico e indugiare in una verifica della “romanticità” delle opere di Austen, questo articolo intende soffermarsi sulla presenza di informazioni relative al tempo (atmosferico) nei romanzi e nelle lettere austeniane, anche in considerazione del fatto che il “weather” era, ed è tuttora, uno degli argomenti che per consuetudine aprono le conversazioni quotidiane d’Oltremanica.
Le lettere. Scorrendo con attenzione l’epistolario (faccio qui riferimento alla traduzione di Giuseppe Ierolli, Lettere di Jane Austen), i riferimenti meteorologici si rivelano estremamente numerosi, e offrono interessanti scorci sulla quotidianità dell’epoca. Le lettere sembrano infatti quasi prendere vita, e aprire al nostro sguardo delle vere e proprie finestre affacciate sulla bellezza, ma anche sulla cupezza, e talvolta sui capricci, della campagna inglese:
Il tempo non sa essere altro che bello (lettera a Cassandra, 25-27 ottobre 1800, da Steventon a Godmersham).
Finora il tempo è stato proprio come potevamo augurarci che fosse; il perdurare della Stagione asciutta è assolutamente necessario al nostro benessere (lettera a Cassandra, 14 settembre 1804, da Lyme Regis a Ibthorpe).
Il tempo è cambiato improvvisamente; e abbiamo sperimentato un frammento di quasi tutti i tipi di clima; – due gelate molto forti da quando è iniziato l’inverno, precedute da pioggia, grandine e neve (lettera a Cassandra, 20-22 febbraio 1807, da Southampton a Godmersham).
Che tempo freddo e fastidioso, da domenica in poi! – Immagino che accenderai il Fuoco tutti i giorni. Il mio Mantello di lana pesante è proprio una comodità per le nostre passeggiate Pomeridiane (lettera a Cassandra, 30 giugno-1 luglio 1808, da Godmersham a Southampton).
Com’è possibile che tu giovedì abbia avuto una giornata piovosa? – da noi è stato un Principe dei giorni, il più bello da settimane, mite, luminoso, con un frizzante venticello da sud-est; – erano tutti fuori e sembrava primavera – e Martha e io non riuscivamo a tornare indietro. – Venerdì Sera il tempo è stato per un po’ molto ventoso – dalle 6 alle 9, credo di non aver mai visto di peggio, persino qui. – E una notte c’è stata talmente tanta pioggia che si è di nuovo infiltrata nel Ripostiglio (lettera a Cassandra, 20 novembre 1808, da Southampton a Godmersham).
Con estrema frequenza Austen parla del tempo in relazione ai propri spostamenti o al viaggio di questo o l’altro dei suoi parenti:
Ieri avevo intenzione di far visita alle signorine Bigg se il tempo fosse stato tollerabile (lettera a Cassandra, 14-15 gennaio 1796, da Steventon a Kintbury).
In primo luogo abbiamo dovuto gioire due o tre volte al giorno per il tempo delizioso che c’è stato per tutta la durata del tuo Viaggio (lettera a Cassandra, 25-27 ottobre 1800, da Steventon a Godmersham).
Domenica Mary è andata in Chiesa, e se il tempo fosse stato clemente, l’avremmo vista qui prima (lettera a Cassandra, 18-19 dicembre 1798, da Steventon a Godmersham).
I nostri uomini non hanno avuto che tempo mediocre durante la visita a Godmersham, perché ha piovuto quasi sempre all’andata e sempre al ritorno (lettera a Cassandra, 1 settembre 1796, da Rowling a Steventon).
Quando poi le considerazioni sul tempo riguardano le sue preferenze e il suo personale godimento, scopriamo che Jane Austen era meno difficile da accontentare di altri membri della sua famiglia, particolarmente inquieti rispetto alle condizioni meteorologiche. Sottile è, come al solito, la sua ironia in proposito:
Per quanto ne so, in Famiglia sono molto soddisfatti di Bath, ed eccessivamente preoccupati per il caldo, per il Freddo, o per qualsiasi cosa abbia a che fare con il tempo (lettera a Cassandra, 21-23 aprile 1805, da Bath a Ibthorpe).
Stamattina abbiamo fatto colazione per la prima volta in Biblioteca, e quasi tutti si sono lamentati per tutto il giorno del caldo; ma Louisa e io ci sentiamo in sintonia con il tempo, e siamo fresche e riposate (lettera a Cassandra, 20-22 giugno 1808, da Godmersham a Southampton).
Credo che Edward non abbia da soffrire ancora a lungo per il caldo; dando un’occhiata stamattina sospetto che il tempo stia volgendo a un più balsamico Nordest. Qui ha fatto molto caldo, come puoi immaginare, dato che è stato così caldo da voi, ma io non ne ho sofferto affatto, né l’ho avvertito a un grado tale da farmi pensare che fosse lo stesso in Campagna. Tutti parlavano del caldo, ma io pensavo che riguardasse solo Londra (lettera a Cassandra, 25 aprile 1811, da Londra a Godmersham).
Tutto sommato è stato un Viaggio eccellente e l’ho gustato davvero tanto; il tempo è stato delizioso per gran parte della giornata, Henry trovava che facesse troppo caldo, e talvolta si è lamentato dell’afa, ma per i miei gusti era perfetto (lettera a Cassandra, 20 maggio 1813, da Londra a Chawton).
Alcuni brani riferiti al tempo ci strappano decisamente più di un sorriso, regalandoci pennellate di vita familiare di una vitalità straordinaria:
Mi dispiace che la Mamma non sia stata bene, e temo che questo tempo squisito sia troppo bello per piacerle. Io me lo sto godendo tutto, da capo a piedi, da destra a sinistra, Longitudinalmente, Perpendicolarmente, Diagonalmente; – e non posso che sperare egoisticamente che duri fino a Natale; – che clima bello, malsano, fuori stagione, rilassante, afoso, soffocante! (lettera a Cassandra, 2 dicembre 1815, da Londra a Chawton).
Questo Freddo arriva a proposito per i nervi di Edward con una Casa così piena, gli si adatta perfettamente, ed è vivace e allegro. Il povero James, al contrario, deve infilare i Piedi nel caminetto (lettera a Cassandra, 14-15 ottobre 1813, da Godmersham a Chawton).
Vi piace questo freddo? Presumo che l’abbiate tutti ardentemente desiderato come un sollievo salutare dopo l’orribile e malsana mitezza della stagione che l’ha preceduto, sentendovi quasi putrefatti per la sua mancanza, e che ora siate tutti accanto al fuoco, lamentandovi di non aver mai sentito prima un freddo così pungente, che siate tutti quasi morti dalla fame, completamente congelati, e che vorreste con tutto il cuore che quella mitezza tornasse (lettera a Cassandra, 25 gennaio 1801, da Steventon a Godmersham).
In linea generale, sembra di notare che Jane preferisse la stagione calda, ma che tuttavia non si lasciasse troppo spaventare dalle manifestazioni più acute dell’inverno:
Qui venerdì si scivolava appena, a causa della poca neve caduta durante la notte. – Forse ha fatto freddo mercoledì, sì, credo di sì – ma niente di terribile. – Tutto sommato, per essere Inverno il Tempo è incantevole, le camminate ottime (lettera a Cassandra, 24 gennaio 1813, da Chawton a Steventon).
È un tempo pessimo, ma noi non ne soffriamo come l’anno scorso, perché i venti sono più da NE – che da NO (lettera a Cassandra, 17-18 gennaio 1809, da Southampton a Godmersham).
Solo in qualche passaggio delle ultime lettere, probabilmente quando Austen aveva già iniziato non sentirsi più in salute, ritroviamo degli accenni al tempo meno allegri, e anzi piuttosto preoccupati, quasi amari:
Di recente abbiamo avuto cattivo tempo, spero che tu l’abbia gradito. – Lo Stagno è pieno fino all’orlo, le strade sono sporche, i muri umidi, e noi restiamo in casa desiderando che ogni brutta giornata sia l’ultima. Tuttavia non fa freddo. Un’altra settimana forse potrebbe vederci rattrappite e intirizzite per il Vento secco da Est (lettera a Caroline Austen, 13 marzo 1816, da Chawton a Steventon).
È davvero molto brutto, ed è stato brutto troppo a lungo, peggiore di quanto chiunque possa sopportare, e comincio a pensare che non sarà mai più bello (lettera a James-Edward Austen, 9 luglio 1816, da Chawton a Steventon)
Tuttavia, nelle righe immediatamente successive a queste, Jane ritrova il suo tono più mite e leggero, affermando:
Questa è una finezza delle mie, perché spesso ho notato che se uno ne scrive, il Tempo di solito cambia completamente prima che la Lettera sia letta (ibidem).
Qui come altrove, è proprio Jane, evidentemente, a rendersi conto della vanità delle conversazioni a proposito del tempo, e a ridere del proprio indugiarvi con tanta insistenza:
L’aspetto poco promettente di questa mattinata rende assolutamente necessario per me constatare una volta di più come sei stata particolarmente fortunata con il tempo, e poi lascerò cadere per sempre l’argomento (lettera a Cassandra, 25-27 ottobre 1800, da Steventon a Godmersham).
Deve fare molto freddo oggi a Godmersham – Qui fa freddo. Mi aspetto un marzo rigido, un aprile piovoso, e un maggio pungente. – E con questa profezia devo concludere (lettera a Cassandra, 20-22 febbraio 1807, da Southampton a Godmersham).
Che bel tempo che abbiamo! Forse non molto appropriato il mattino presto, ma molto piacevole all’aperto nel pomeriggio, e molto salubre – almeno tutti immaginano che sia così, e l’immaginazione è tutto (lettera a Cassandra, 17-18 novembre 1798, da Steventon a Godmersham).
E sembra decisamente di vedere l’espressione divertita di Jane e di sentir riecheggiare nelle lettere la voce di uno dei suoi familiari, forse Mrs. Austen, o Edward, o Henry, così intolleranti al caldo, quando si legge:
Che tempo! – Come faremo? – Il 17 ottobre ed è ancora estate! (lettera a Cassandra, 17-18 ottobre 1815, da Londra a Chawton).
Che Caldo terribile che abbiamo! – Ti tiene in un continuo stato di Sciatteria (lettera a Cassandra, 18 settembre 1796, da Rowling a Steventon).
I romanzi. Del resto, come ogni lettore avrà certo notato, le manifestazioni meteorologiche sono coprotagoniste imprescindibili di certi episodi dei sei romanzi canonici.
È un caldissimo pomeriggio estivo, il pomeriggio della raccolta delle fragole a casa di Mr. Knightley, a rivelare a noi, e forse anche ad Emma, un aspetto piuttosto sorprendente del carattere di Frank Churchill – un nervosismo e una malcelata tendenza all’umore disfattista che da lui non ci sarebbe mai aspettati:
[Mr. Churchill] aveva del tutto rinunciato a ogni idea di andare [a Donwell] fino a molto tardi, e se avesse saputo quanto sarebbe stata bollente quella cavalcata, e quanto, nonostante la fretta, avrebbe fatto tardi, non sarebbe partito affatto. Il caldo era eccessivo, non aveva mai sofferto qualcosa di simile; desiderava quasi essersene restato a casa; nulla lo uccideva più del caldo; riusciva a sopportare qualsiasi livello di freddo ecc., ma il caldo era intollerabile. […] Emma ascoltò, osservò, e presto si rese conto che lo stato d’animo di Frank Churchill poteva essere definito perfettamente con l’espressiva frase “essere di pessimo umore”. A certa gente saltavano sempre i nervi quando faceva caldo. Forse era così anche per lui, e sapendo che mangiare e bere erano spesso utili in disturbi del genere, gli raccomandò di prendere qualche rinfresco; ne avrebbe trovati in abbondanza in sala da pranzo, e indicò con molta umanità la porta. “No, non avrebbe mangiato. Non aveva fame; gli avrebbe fatto sentire ancora più caldo”. (Emma, Volume III, Cap. 6 [42]. Per questa e le altre citazioni faccio riferimento alle traduzioni di Giuseppe Ierolli)
Un altro pomeriggio dalle alte temperature innesca il sottilissimo gioco delle parti che rende Mansfield Park un romanzo psicologicamente acutissimo e strutturalmente perfetto. Il boschetto chiuso all’interno del quale si inoltrano i personaggi alla ricerca del fresco è un fortissimo simbolo di selvaticità e quindi di ribellione alle convenzioni, come anche di sensualità e dunque di premessa ad intrighi amorosi (basti pensare alla funzione del bosco nel Sogno di una notte di mezza estate di William Shakespeare):
“Il caldo è insopportabile”, disse Miss Crawford una volta fatto il giro della terrazza, e avvicinandosi per la seconda volta alla porta nel mezzo che si apriva sul bosco. “C’è qualcuno di noi che ha qualche obiezione a sentirci più a nostro agio? Ecco un bel boschetto, se si riuscisse a entrarci. Che gioia se la porta non fosse chiusa… ma naturalmente lo è, perché in questi posti così grandi, i giardinieri sono le sole persone che possono andare dove vogliono”. La porta, tuttavia, si rivelò aperta, e furono tutti d’accordo nell’oltrepassarla allegramente, lasciandosi alle spalle l’inesorabile bagliore del giorno. (Mansfield Park, Volume I, Cap. 9 [9])
Da questo momento in poi i rapporti tra i personaggi presenti si faranno sempre più delicati, sempre più complicati.
Diversamente da queste importanti scene, contraddistinte dalla presenza di un sole accecante, bisogna notare che nei romanzi di Jane Austen sono spesso la pioggia e i temporali a sostenere e a caratterizzare lo sviluppo della narrazione.
In Orgoglio e pregiudizio, il provvidenziale temporale tanto gradito a Mrs. Bennet consente non solo a Jane di potersi fermare a Netherfield – alimentando così l’innamoramento di Mr. Bingley – ma permette anche a Mr. Darcy di apprezzare la sportività e la bellezza di Lizzy, che affronta una bella camminata nella strada fangosa dopo la pioggia per andare a trovare la sorella ammalata.
A Bath, un tempo incerto getta Catherine Morland in ansioso sconforto, poiché innanzitutto le impedisce di sapere se la tanto agognata passeggiata con Miss Tilney avrà luogo o meno, e poi innesca la girandola di malintesi con i fratelli Thorpe, che mettono la ragazza in pericolo di sembrare addirittura maleducata. In seguito, durante la fatidica notte “gotica” trascorsa a Northanger Abbey, è naturalmente (come da tipico cliché del genere) un furibondo temporale ad accompagnare le ricerche di Catherine, golosa di misteri:
La notte fu tempestosa; il vento si era levato a intervalli per tutto il pomeriggio, e quando la compagnia si sciolse, era diventato violento e pioveva a dirotto. Catherine, mentre attraversava l’atrio, ascoltò la burrasca con una sensazione di sgomento, e, quando la sentì imperversare intorno all’antico edificio e far sbattere con improvvisa furia una porta lontana, provò per la prima volta la sensazione di essere davvero in un’abbazia. […] Prese la candela e guardò il mobiletto da vicino. Non era affatto di ebano e oro, ma di foggia giapponese, un mobiletto giapponese nero e giallo del tipo più fine; e avvicinando la candela, il giallo era molto simile all’oro. La chiave era nella serratura, e lei ebbe la strana tentazione di guardarci dentro; non si aspettava certo di trovarci qualcosa, ma era così strano, dopo quello che aveva detto Henry. In breve, non sarebbe riuscita a dormire finché non l’avesse esaminato. Così, mise la candela su una sedia con grande cautela, strinse la chiave con mano tremante e cercò di girarla; ma la chiave resistette a tutti i suoi sforzi. Allarmata, ma non scoraggiata, la girò nell’altro verso; la serratura scattò, e lei credette di avercela fatta; ma che strano mistero! lo sportello era ancora bloccato. Si fermò un istante, senza fiato dallo stupore. Il vento ruggiva attraverso il camino, la pioggia torrenziale sbatteva contro le finestre, e ogni cosa sembrava proclamare l’orrore della sua situazione. (Northanger Abbey, Volume II, Cap. 6 [21])
Non possiamo inoltre dimenticare quanto siano cruciali gli acquazzoni in Ragione e sentimento:
[Marianne e Margaret] proseguirono a camminare controvento, resistendogli e ridendone felici per un ventina di minuti ancora, quando improvvisamente le nubi si addensarono sopra di loro, e una pioggia sferzante le colpì in viso. Mortificate e sorprese, furono costrette, anche se controvoglia, a tornare indietro, perché non c’era nessun riparo più vicino di casa loro. Restava tuttavia una consolazione, alla quale le esigenze del momento donavano un’appropriatezza che di solito non aveva, ovvero quella di precipitarsi con tutta la velocità possibile giù per la ripida fiancata della collina che conduceva direttamente al cancello del loro giardino. Si lanciarono. Marianne all’inizio era in vantaggio, ma un passo falso la fece cadere improvvisamente a terra (Ragione e sentimento, Volume I, Cap. 9 [9])
Con tali parole è descritta la fatale premessa alla storia d’amore tra Marianne e Willoughby, che entra in scena proprio in quel momento per soccorrere la giovane e riaccompagnarla fino al salottino di Barton Cottage.
Forse però la pioggia più dolce ed emotivamente più intensa è quella che bagna le pagine del capitolo 21 di Persuasione, poiché in questo momento, grazie all’incontro fortuito con il capitano Wentworth, corso come lei nella pasticceria Molland per proteggersi dal temporale, ad Anne sembra per la prima volta di percepire in lui un coinvolgimento del quale era quasi pronta a disperare:
Cominciò a piovere, non molto, ma abbastanza per rendere desiderabile un rifugio per le signore. […] Anne, che era seduta vicino alla vetrina, scorse, innegabilmente e con chiarezza, il capitano Wentworth che camminava lungo la strada. Il sobbalzo che fece lo percepì soltanto lei, ma si sentì immediatamente come la più grande sciocca del mondo, la più inspiegabile e assurda! Per qualche minuto non vide nulla di ciò che aveva davanti. Tutto era confuso. […] Provò subito un gran desiderio di andare alla porta esterna; voleva vedere se pioveva. Perché mai sospettare di avere un altro motivo? Il capitano Wentworth doveva essere ormai fuori di vista. Si alzò; sarebbe andata; una metà di lei non doveva essere sempre così tanto più saggia dell’altra metà, o sospettare sempre che l’altra fosse peggio di quanto in effetti era. Avrebbe visto se pioveva. Fu però subito respinta indietro dall’entrata del capitano Wentworth in persona, in mezzo a un gruppo di signori e signore, evidentemente sue conoscenze, ai quali doveva essersi unito un po’ più in là di Milsom Street. Lui rimase chiaramente colpito e confuso vedendola, più di quanto lei avesse mai notato in precedenza; era tutto rosso. Per la prima volta da quando si erano rivisti, lei si rese conto di essere quella dei due che tradiva un’emozione minore. Su di lui aveva il vantaggio di essersi preparata qualche istante prima. Tutti i primi effetti di una forte sorpresa, lo stordimento, lo sconcerto, erano passati. C’era tuttavia ancora abbastanza per emozionarsi! C’era agitazione, pena, piacere, qualcosa tra la delizia e l’infelicità (Persuasione, Volume II, Cap. 7 [21]).
La Jane Austen Society of Italy (JASIT) è un’Associazione Culturale Italiana, attiva su tutto il territorio nazionale; in quanto società letteraria, promuove in Italia la conoscenza e lo studio di Jane Austen, la sua vita, la sua opera e tutto ciò che è legato ad essa, attraverso qualunque attività utile a realizzare tale scopo, nel nome dell’arricchimento culturale personale e condiviso.
2 commenti
Eh sì è verissimo, il tempo rivestiva una notevole importanza nella vita di JA (non meno degli altri) scandendo i ritmi e condizionando le attività della giornata; lo si percepisce dalle lettere ma anche dai suoi romanzi dove è imprescindibile l’utilizzo di un’adeguata cornice metereologica a sottolineare o determinare questo o quell’evento o addirittura costruirci un intero personaggio: le preoccupazioni di Mr Woodhouse vertono tutte su quanto fa freddo o troppo caldo, se è nevicato poco o abbastanza, se si può uscire o è consigliabile rimanere in casa. Sospetto che la nostra fosse un po’ metereopatica e soggetta ai repentini sbalzi di umore così come il tempo è mutevole in Inghilterra.
Ottimo excursus sul tempo nella vita di Miss Austen, che sapeva renderlo come nessun altro mai un elemento narrativo di tutto rispetto. Davvero godibilissimo articolo!