Fanny Price: qual è il suo carattere? È seria? È strana? È ritrosa?

Per il nostro Speakers’ Corner, Elisa Zirotti si interroga sulla protagonista di Mansfield Park.

Fanny è introversa.
Dal punto di vista psicologico, secondo Jung, “mentre il tipo estroverso si rapporta sempre prevalentemente a ciò che gli arriva dall’oggetto, l’introverso si rapporta sempre prevalentemente all’effetto prodotto sul soggetto dall’impressione esterna” e “tra la percezione dell’oggetto e la propria azione, frappone un’opinione soggettiva che impedisce alle azioni di assumere un carattere corrispondente al dato oggettivo” (cit. da C.G. Jung, Tipi psicologici) .

Immaginate due studenti: vengono interrogati da una supplente larga di voti. Entrambi prendono 10 e si rendono conto che il voto preso è eccessivo.
Lo studente estroverso è felice perché dà più peso al dato oggettivo di aver preso 10 e riesce ad accantonare la sensazione di non averlo forse meritato del tutto.
Lo studente introverso non riesce a sentirsi felice perché sente di non meritare quel voto e interpreta quella situazione con il proprio bagaglio di “principi interiori” che ha più peso rispetto al voto effettivo.
La classe, che non ha avuto la possibilità di assistere all’interrogazione, percepisce la reazione dell’introverso come anomala perché non c’è l’usuale corrispondenza: “bel voto = felicità” quindi pensa che l’introverso sia “strano”, falso modesto….

Al cap. 28 Mary chiede a Fanny se è a conoscenza di cosa andrà a fare Henry a Londra e immagina di lusingarla, alludendo a una certa intimità con Henry, ma “Fanny si sentiva confusa, ma era la confusione propria di chi è scontento; intanto Miss Crawford si domandava piena di meraviglia perché l’amica non sorridesse; la riteneva troppo ansiosa, o la reputava strana, o credeva di lei qualsiasi cosa tranne che fosse insensibile alle attenzioni di Henry”.

Mansfield Park: copertina dell’edizione speciale Bicentenario, a cura di JASIT
Mansfield Park: copertina dell’edizione speciale Bicentenario, a cura di JASIT

Mary ritiene naturale che a Fanny piaccia Crawford perché, secondo i criteri estroversi, Henry ha tutto. Come dice Sir Thomas: “È molto strano! Ecco un giovane che desidera corteggiarti, dotato delle più raccomandabili qualità; non mi riferisco solamente alla posizione sociale, alla ricchezza e al carattere, ma anche a un’amabilità fuori dal comune, a un modo di porgersi e di conversare che lo rende piacevole a tutti. E non si tratta di un incontro recente, lo conosci già da molto tempo. Sua sorella, inoltre, è una tua intima amica, e ciò che egli ha fatto per tuo fratello suppongo che avrebbe dovuto rivelarsi ai tuoi occhi una raccomandazione quasi sufficiente, anche se non ne avesse avute altre a suo favore.”
Eppure Fanny è irremovibile perché l’impressione che riceve da Crawford è negativa, come anche l’opinione che ha di lui, ed è più forte di tutti i pro che vengono dall’esterno.
Per smuoverla Henry le rivolge attenzioni e complimenti mentre Mary cerca di ricordarle quanto è fortunata a piacere a un uomo che tutte le ragazze vorrebbero. Questo avrebbe fatto effetto su una ragazza estroversa (tipo Maria) perché l’estroverso tende a conformarsi e “ha idee soggettive, certo, però la loro forza è inferiore a quella delle condizioni oggettive esterne.” La lotta tra le due cose e l’ago che pende verso l’oggetto è evidente in Mary nel suo bisogno di vedere Edmund ricco e importante.

L’idea di Sir Thomas per smuovere Fanny invece ha più successo, ma in un senso diverso rispetto a quello previsto.
Non sono tanto le privazioni in sé che portano Fanny a percepire Henry come più gradevole, ma l’effetto che generano su di lei e non la portano in una direzione materiale, ma a ridefinire l’idea di “casa”, affetti, cambiano lo scenario interiore e Crawford inizia a essere percepito sotto una luce più positiva a causa del legame con Mansfield (a questo, naturalmente, si associa la constatazione di una costanza di comportamento).

La “sicurezza interiore” di Fanny (che, come abbiamo visto, deriva dal peso del fattore soggettivo) stupisce il lettore perché ad essa si contrappone una “insicurezza esteriore” cronica. Come è possibile? Fanny commette spesso quello che Jung chiama “il più madornale degli errori.”

Esempio nel capitolo 3. In occasione della partenza di Sir Thomas: “Il sollievo di Fanny, e il fatto di esserne consapevole, era esattamente lo stesso delle cugine; ma una natura più affettuosa le suggeriva che si trattasse di sentimenti ingrati, e si sentì concretamente addolorata poiché non riusciva a provare nessun dolore. “Sir Thomas, che aveva fatto così tanto per lei e per i fratelli, ed era forse partito per non tornare mai più! Vederlo andar via senza nemmeno un lacrima! Era un’insensibilità di cui vergognarsi.”
Fanny interpreta la partenza di Sir Thomas soggettivamente, ma guarda alla sua generosità oggettivamente.

Tornando all’esempio dello studente, è come se l’introverso si desse dello stupido perché non riesce ad essere felice per il voto; è come se non rispettasse se stesso e la propria percezione.
“Si sente in obbligo di sopravvalutare l’oggetto, come fa l’estroverso, perché il fattore soggettivo non è tangibile. Ma siccome non valuta come dovrebbe nemmeno il fattore soggettivo, prova per giunta un senso di inferiorità.”
“La sottovalutazione del proprio principio rende l’introverso un egoista e gli impone la psicologia del represso. ”

Fanny non può accantonare la reazione soggettiva come farebbe un estroverso, ma potrebbe guardare la generosità di Sir Thomas in modo diverso, guardare i benefici soggettivi, dando ad essi il “giusto peso” e considerare il proprio metro di giudizio soggettivo valido quanto il giudizio oggettivo.

Riesce parzialmente in questa operazione rifiutando Crawford perché, anche se non riesce a giustificarsi nel mondo esterno e risulta ancora insicura e a volte vacilla quando si vede minacciata con la “gratitudine” che dovrebbe provare, resiste, “dà ascolto a se stessa” e rimane fedele al proprio principio.

“Se invece rimanesse fedele al proprio principio sarebbe giudicato a torto un egoista, e il suo atteggiamento sarebbe giustificato e confermato dagli effetti generali da esso prodotti, e distruggerebbe ogni malinteso” (C.G. Jung).

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