La cura

Eccoci giunti alla terza e ultima giornata dello Speakers’ Corner. Iniziamo con La cura, un contributo “intimista” firmato da Clara Gotto.

Intitolo questo contributo “La cura”, come la bellissima canzone di Battiato, perché per me leggere Jane Austen è fonte di benessere e quindi estremamente curativo. Se sono depressa e ho bisogno di ottimismo lo trovo nel bellissimo finale di Persuasion (Frederick Wentworth è l’uomo dei miei sogni). Se voglio ridere leggo Emma che è a mio parere il più simpatico e divertente. Quando mi sento vecchia, rileggo volentieri Northanger Abbey, che trovo moderno e vicino agli Young Adult adesso di moda! Isabella è attualissima, punta tutto sull’apparenza e insegue i giovanotti esattamente come fanno le ragazze odierne, senza dover trovare tutte le sue scuse (per questo mi è simpatica, all’epoca occorreva molto più talento).

Continue Reading

A Woman of Much Importance

Grazie allo Speakers’ Corner abbiamo conosciuto un gruppo di webwriters, riunite sotto il nome “The New Loiterer”, che come noi amano profondamente la letteratura e Jane Austen. Il loro contributo (a otto mani) si chiama A Woman of Much Importance.

Per noi del New Loiterer tutto è cominciato con Jane Austen, o con “Zia Jane”, come amiamo chiamarla nell’intimità dei nostri messaggi privati su svariati social network (specie alcune zitelle impenitenti che fingono spudoratamente di essere null’altro che una reincarnazione della nostra beniamina).

Continue Reading

Un ringraziamento a Jane

Sabrina Spadaccini ci racconta i motivi che la legano così profondamente a Jane Austen.

Jane Austen è sempre stata la mia scrittrice preferita.
Da lei ho imparato il significato di amore, amicizia, famiglia.
Le sarò infinitamente debitrice per avere allietato, con le sue pagine, molti momenti bui della mia vita.
Siamo state amiche, complici, colleghe (anche io scrivo).
Da più di 40 anni è con me, dentro di me…
Carissima Jane, grazie per tutto ciò che mi hai insegnato e donato!

Continue Reading

Il giardino ben recintato

Un articolo estremamente interessante, sul sapiente uso delle parole nelle opere di Jane Austen, è Il giardino ben recintato di Elisa Zirotti.

Nel vostro sondaggio avete chiesto: “Qual è l’aspetto della letteratura di Jane Austen che ti coinvolge maggiormente?” Ero proprio indecisa… Trama? Personaggi? Ironia? Linguaggio? Amo tutti quegli aspetti. Alla fine ho scelto “Altro” intendendo la Logica, che per me è ciò che fa la differenza, influenza e caratterizza tutti gli altri aspetti; è una sorta di “marchio di fabbrica”.

Continue Reading

Perché amiamo Mr. Darcy

Apriamo la seconda giornata del nostro Speakers’ Corner con un arguto articolo di Patrizia Mureddu dal titolo molto promettente: Perché amiamo Mr. Darcy.

“Un bel romanzo”, ha detto qualcuno, “illumina di sé tutta la giornata”. C’è un romanzo che ha illuminato di sé tutta la mia vita, dal momento in cui l’ho scoperto, nell’ormai lontanissima estate dei miei quindici anni: a partire da quella prima lettura impaziente, l’ho ripreso in mano innumerevoli volte, assaporandone pagine, capitoli, capoversi e singole righe, senza stancarmi di ammirare l’acuta intelligenza a cui si devono la prosa perfetta, intrecciata con sottile ironia, la semplice finitezza della storia, e i personaggi incantevoli che si affacciano dalla remota distanza del loro mondo squisito, stupiti di essere ancora capaci di appassionarci.

Continue Reading

“Una ragazza fuori moda” e “Mansfield Park”

Questo notevole articolo, “Una ragazza fuori moda” di Louisa May Alcott e “Mansfield Park” di Jane Austen, di Romina Angelici, ci presenta un confronto tra il romanzo austeniano di cui festeggiamo quest’anno il bicentenario della pubblicazione e un’opera dell’autrice di “Piccole donne”.

È la giovane America democratica quella in cui sono ambientati i romanzi di Louisa May Alcott, mentre quella descritta da Jane Austen è la vecchia aristocratica Inghilterra che deve fare i conti con l’incipiente ascesa di una nuova classe sociale, la borghesia. Non ha intenti dissacratori o accenti critici la pedagoga statunitense, a differenza della scrittrice inglese che, ignara ancora del perbenismo vittoriano, non esita a sbeffeggiare, fingendo acquiescenza, tradizioni e usanze del Vecchio Mondo.

Le due non si conobbero mai, non potevano conoscersi: l’una nasce nel 1775 a Steventon, l’altra a Germantown nel 1832, non solo cinquant’anni più tardi, ma a migliaia e migliaia di chilometri di distanza, dalla parte opposta dell’emisfero. Entrambe appartenevano però a famiglie numerose, e avevano un particolare rapporto con il padre, che non ne limitava e soffocava le conoscenze, ma le promuoveva, le esortava a progredire e ad emanciparsi dal monopolio maschile della cultura.

Continue Reading